Mafie nei porti italiani: ecco la situazione

Dietro le quinte dei porti italiani: traffico di droga e merci contraffatte

Nel 1976, la Commissione Parlamentare Antimafia (CPA) gettò luce su una situazione che si stava sviluppando e sarebbe poi diventata una preoccupante realtà: i porti italiani erano diventati terreno fertile per le attività criminali di Cosa Nostra. La relazione conclusiva della VI legislatura evidenziò situazioni preoccupanti, tra cui la gestione mafiosa del porto di Mazara del Vallo e il traffico illegale di prodotti vinicoli a Trapani.

Da quel momento, gli indicatori di attività illegali nei porti italiani sono diventati una presenza costante nei documenti istituzionali. Dagli inizi degli anni 2000, segnali spia di “affari” illeciti hanno attraversato la penisola, coinvolgendo porti da Nord a Sud. Questi luoghi cruciali rappresentano per i gruppi criminali opportunità di profitto e di rafforzamento delle collusioni. I porti sono simultaneamente punti di arrivo, transito, scambio e intersezione, in cui persone e merci si muovono, generando ricchezza attraverso i business legittimi e il traffico illecito.

Porti cruciale per le dinamiche del commercio globale

La natura duplice dei porti, spazi in cui interagiscono attori privati e pubblici, internazionali e locali, li rende cruciale per le dinamiche del commercio globale. Ma questo spazio nevralgico è diventato un campo di gioco per gruppi criminali come ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra, come segnalato dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNAA) e dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA).

Gruppi criminali operano non solo nell’economia illegale ma anche in quella legale, influenzando mercati illeciti come il traffico di stupefacenti. Un ruolo chiave in questo scenario è giocato dalle mafie, ma non sono gli unici attori coinvolti. Numerose inchieste hanno rivelato la complicità di soggetti appartenenti all’economia legale, come lavoratori portuali, dipendenti pubblici, imprenditori e professionisti dell’economia marittima.

Il successo di questi gruppi criminali deriva spesso dalla loro abilità nel individuare canali e connessioni che consentono loro di eludere le norme del sistema economico e politico che dovrebbero proteggere i porti. Corruzione, spesso diffusa nel contesto portuale, si manifesta attraverso reti di illegalità, seguendo formalmente le leggi dell’economia portuale.

Il sottile intreccio tra criminalità organizzata e porti italiani

Negli ultimi anni, l’attenzione sulle dinamiche criminali all’interno dei porti italiani è cresciuta in modo significativo. La centralità nelle rotte commerciali e la permeabilità del tessuto socioeconomico hanno reso alcuni scali più attrattivi per le organizzazioni criminali rispetto ad altri. Un fenomeno che sembra indicare una tendenza alla diversificazione da parte dei gruppi criminali, i quali mirano a individuare il porto più adatto per condurre le loro attività illecite con successo. Un esempio emblematico di questa evoluzione è rappresentato dal caso del porto di Vado Ligure.

L’importanza del rapporto mafie-porti emerge chiaramente dai dati raccolti dall’Agenzia delle Dogane e della Guardia di Finanza e da assoporti nel corso del 2022. Si sono registrati 140 casi di criminalità all’interno dei porti italiani, con una frequenza di circa un episodio ogni 3 giorni. Questi episodi hanno coinvolto 29 porti, di cui 23 di rilevanza nazionale, corrispondenti al 40%.

Le tipologie di reati

Dall’analisi dei dati emerge che l’85,7% dei casi riguarda attività illegali di importazione di merce o prodotti, evidenziando un chiaro interesse criminale nel controllo degli afflussi di merci nei porti italiani. Altri reati includono attività illegali di esportazione (7,9%), sequestri di merci in transito (2,9%), illeciti valutari (5,8%), traffico illecito di rifiuti (2,9%), illecito finanziario e traffico di animali (entrambi al 2,2%), ricettazione (1,4%), traffico di armi e riciclaggio (entrambi al 0,7%).

Dal 2006 al 2022, oltre un porto italiano su sette è stato oggetto degli interessi della criminalità organizzata. Questo fenomeno ha coinvolto almeno 54 porti e 66 clan criminali che hanno operato in attività illegali e legali. La diversificazione geografica è evidente, coinvolgendo porti dal Nord al Sud dell’Italia.

Le organizzazioni criminali coinvolte

Le tradizionali mafie italiane, come ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra, sono le principali protagoniste di questa infiltrazione criminale. Tuttavia, emergono anche altre organizzazioni come la banda della Magliana, la Sacra Corona Unita e gruppi criminali baresi. La portata delle proiezioni criminali si estende anche a gruppi di origine asiatica, dell’Est Europa, del Nord Africa, con menzioni specifiche per Albania, Cina, Messico e Nigeria.

Le radici della ‘ndrangheta nei porti italiani

La criminalità organizzata rappresenta una minaccia costante per la stabilità e la legalità dei porti italiani. In particolare, le proiezioni della ‘ndrangheta, una delle principali mafie italiane, si estendono oltre i confini regionali, coinvolgendo una vasta rete di piccoli e grandi porti in tutto il paese. In questo articolo, esamineremo da vicino le manifestazioni della ‘ndrangheta in diversi porti italiani, evidenziando come il fenomeno vada oltre il territorio calabrese e assuma dimensioni nazionali.

Il caso dei piccoli porti calabresi

I piccoli porti calabresi, tra cui Amantea, Badolato, Cetraro, Corigliano Calabro, Isola di Capo Rizzuto, Tropea e Crotone, sono diventati terreno fertile per le proiezioni della ‘ndrangheta. Nonostante le dimensioni ridotte di questi scali, l’organizzazione criminale ha trovato terreno propizio per condurre attività illecite, sfruttando forse la minore attenzione delle autorità e una maggiore facilità nell’infiltrarsi nel tessuto economico locale.

Gioia Tauro: un importante hub sotto il controllo della ‘ndrangheta

Gioia Tauro, uno degli hub portuali più grandi d’Europa, è diventato un fulcro cruciale per le attività illecite della ‘ndrangheta. Questo porto, situato in Calabria, rappresenta un punto strategico nelle rotte commerciali internazionali e offre all’organizzazione criminale l’opportunità di gestire operazioni di contrabbando, traffico di droga e altre attività illegali su vasta scala.

L’espansione oltre i confini regionali

Le proiezioni della ‘ndrangheta non si limitano ai confini regionali della Calabria. Attività illecite emergono in porti del Sud Italia come Napoli e Salerno, dimostrando la capacità della ‘ndrangheta di estendere la sua influenza su un’ampia area geografica. Inoltre, la criminalità organizzata si infiltra nei porti del Centro Italia, come Livorno, e del Nord-Est, tra cui Venezia e Trieste, confermando la sua presenza a livello nazionale.

Il caso emblematico della Liguria

Particolarmente significativo è il caso della Liguria, dove le proiezioni della ‘ndrangheta sembrano coinvolgere tutti i principali porti della regione, tra cui Genova, La Spezia, Vado Ligure e Savona. Questa diffusione indica una strategia mirata a sfruttare le caratteristiche economiche e logistiche della regione ligure, rendendola una zona di particolare interesse per le attività illecite della ‘ndrangheta.

Il fenomeno del “Rip-on/Rip-off” nei porti italiani

Negli ultimi anni, il sistema portuale italiano ha visto emergere una modalità di recupero dello stupefacente che ha profondamente caratterizzato il panorama marittimo del Paese: il “Rip-on/Rip-off”.

Questa tecnica implica l’utilizzo di imbarcazioni commerciali legali per il trasporto di stupefacenti, in particolare cocaina, dal paese di origine o dal porto di transhipment fino a destinazioni finali, senza che l’armatore e la compagnia marittima ne siano a conoscenza.

Questa pratica, in costante aumento, si basa sulla disponibilità di individui all’interno dei porti che, in virtù del proprio ruolo, competenze e abilità, sono in grado di recuperare la droga dai contenitori, spesso occultata tra la merce o in appositi borsoni posti a ridosso dei varchi. Ciò ha portato all’emergere di vere e proprie squadre di recupero in porti chiave come Genova, Gioia Tauro, Livorno e Vado Ligure, creando reti di illegalità rinforzate da corruzione e complicità.

Criminalità nei porti italiani

Le proiezioni criminali all’interno dei porti rappresentano un fenomeno complesso e in costante evoluzione, suscitando l’interesse delle istituzioni solo recentemente. Secondo il rapporto dell’UNODC del 2023, questo fenomeno è stato oggetto di analisi più approfondite su diversi piani, evidenziando la necessità di affrontare le sfide connesse. Un esempio significativo è il report di Europol del 2023, che ha esaminato come alcune organizzazioni riescono a perpetrare traffici illegali attraverso l’appropriazione indebita dei codici di riferimento dei container, concentrando l’attenzione su porti chiave come Anversa, Amburgo e Rotterdam.

Le ricerche recenti hanno esplorato fenomeni di criminalità organizzata e corruzione in porti internazionali come Genova, Melbourne, Montreal, New York e New Jersey, e Liverpool, mettendo in evidenza la centralità dei porti balcanici per vari traffici illegali in Europa. In Italia, tuttavia, nonostante la rilevanza economica dei porti e la presenza attiva della criminalità organizzata, manca ancora un’analisi approfondita del fenomeno.

Gli scali portuali rappresentano uno snodo strategico per i gruppi criminali, che possono sfruttare le infrastrutture e i collegamenti per vari scopi illegali. Il dibattito politico su questo tema sembra ancora timido, e si evidenzia la necessità di un coordinamento più forte tra autorità giudiziarie, forze dell’ordine, autorità portuali e imprese private presenti nei porti. Tale coordinamento dovrebbe mirare non solo all’aspetto repressivo ma, soprattutto, alla prevenzione.

Il Focus sul Traffico di Stupefacenti

Le relazioni evidenziano una preoccupante costante: il coinvolgimento dei porti italiani nelle attività criminali legate al traffico di stupefacenti, in particolare la cocaina. La Direzione Centrale dei Servizi Antidroga (DCSA) sottolinea che la cocaina giunge prevalentemente via mare nei porti italiani e coste. Le forze dell’ordine, afferma la DCSA, stanno potenziando le capacità di controllo degli scali e l’analisi del rischio per individuare container contaminati, indicando che la lotta al narcotraffico sarà sempre più concentrata sui porti.

Porti chiave: Genova e Napoli

Le recenti relazioni della DIA evidenziano il ruolo cruciale del Porto di Genova nel traffico di cocaina ed eroina, diventando un attracco privilegiato per le organizzazioni criminali transnazionali. Analogamente, il Porto di Napoli è indicato come un punto nevralgico per il traffico di sostanze stupefacenti e merci contraffatte, mantenendo la sua attrattiva nonostante le indagini in corso contro il clan Montescuro.

Toscana e Centro Italia

Il Procuratore Generale di Firenze, Marcello Viola, allarma sull’aumento delle attività criminali nel Porto di Livorno, diventato un’alternativa privilegiata per l’importazione di stupefacenti dal Sudamerica. La DIA conferma la Toscana come una “sorvegliata speciale,” con il porto di Livorno spesso utilizzato come porta di accesso per sostanze stupefacenti. Anche il Porto di Civitavecchia ha rappresentato un’importante via di ingresso per stupefacenti nel 2022.

Da Nord a Sud

Le relazioni della DIA del 2022 confermano il coinvolgimento di diversi porti lungo la costa italiana. Dal Porto di La Spezia al Porto di Vado Ligure, alle coste adriatiche con il Porto di Brindisi, emerge una mappa completa delle attività criminali.

Gioia Tauro

Tra tutti i porti italiani, uno spicca nella mappa delle attività criminali secondo le analisi delle istituzioni: il Porto di Gioia Tauro. La Direzione Centrale dei Servizi Antidroga (DCSA) lo definisce un polo di assoluta centralità, dove si concentra l’80,35% dei sequestri di cocaina alla frontiera marittima, con un’impressionante incidenza del 61,73% sul totale nazionale (DCSA 2023, p. 6). Nel corso del 2022, sono stati confiscati a Gioia Tauro oltre 16 tonnellate di cocaina, portando il totale a oltre 30 tonnellate nell’ultimo biennio.

Le classifiche dei sequestri

Segue il Porto di Civitavecchia, che nel 2022 ha stabilito un record con oltre 1 tonnellata di cocaina sequestrata, superando il risultato migliore del 2019 di 94 kg. Al terzo posto si posiziona il Porto di Trieste, con 730 kg di cocaina sequestrata nell’anno. Queste cifre indicano chiaramente la centralità dei porti nella gestione e nel controllo delle sostanze illecite.

La centralità dei porti non si limita alla cocaina. Anche per altre sostanze, come l’hashish, i porti giocano un ruolo chiave. La frontiera marittima è identificata come uno scenario operativo significativo, con 839,77 kg di hashish intercettati. Spagna e Marocco emergono come principali paesi di provenienza, e i porti occidentali come Civitavecchia, Genova, Reggio Calabria e Porto Torres vedono i maggiori sequestri, confermando la loro importanza strategica.

Eroina: Ancona al centro delle rotte marittime

Anche per l’eroina, la frontiera marittima è un canale di ingresso significativo. Il 90% di quella intercettata durante l’anno transita attraverso il solo Porto di Ancona (23,64 kg), mentre quote minori sono ritrovate nei porti di Porto Torres, Cagliari, Alghero e Bari.

Infiltrazione nel settore delle costruzioni

La criminalità ha trovato terreno fertile nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria civile, con infiltrazioni evidenziate nei porti di Riposto (CT), Formia (LT) e Gaeta (LT). Frodi nelle forniture per il rifacimento del porto turistico e danni erariali legati a opere mai realizzate caratterizzano questi casi. Un elemento rilevante è la costante presenza di attori pubblici coinvolti, come funzionari, dirigenti o amministratori, che intrattengono rapporti ambigui con imprenditori e professionisti privati.

Mercati illeciti nei porti italiani

La panoramica dei mercati illeciti è articolata e complessa. Il traffico di merce contraffatta rappresenta il 49,3% dei casi, seguito dal traffico di stupefacenti (23,2%) e dal contrabbando (11,6%). Altri illeciti comprendono traffico di valuta, traffico illecito di rifiuti, illeciti finanziari, traffico di animali, ricettazione, traffico di armi e riciclaggio.

Gli inquirenti, stando ai dati raccolti, individuano nella stragrande maggioranza dei casi (85,7%) gli episodi criminali grazie all’attività di controllo doganale. Solo in pochi casi gli episodi emergono da inchieste di carattere nazionale (11) o internazionale (7).

Il traffico di stupefacenti

Nel caso del traffico di stupefacenti, emerge una distribuzione diffusa lungo le coste italiane, dalle isole al Mar Ligure e Tirreno fino al Mar Adriatico. Le sostanze coinvolte sono principalmente cocaina, marijuana e hashish. La cocaina risulta essere il tipo di stupefacente più frequente negli episodi criminali portuali, seguita dall’hashish. Vi è un singolo caso di tentativo di esportazione di stupefacente, che coinvolge 17 kg di marijuana caricati nel porto di Pozzallo su un mezzo di trasporto diretto a Malta.

Il traffico di cocaina

Il traffico di cocaina, coinvolgendo ben 12 porti in 22 eventi, rivela dettagli intriganti. Sono emerse differenze nella scelta dei mezzi di trasporto e nei metodi di occultamento. Le navi portacontainer sono state utilizzate in 13 casi, con 7, scoperte da controlli doganali, 5 da inchieste nazionali e 4 da inchieste internazionali. La posizione dell’occultamento all’interno delle navi varia, con esempi sorprendenti come il recupero di 88 kg di cocaina nascosti in una “presa a mare” di una nave in manutenzione a Napoli.

La cocaina, con la sua capacità di infiltrarsi nei mercati attraverso diverse modalità, ha catalizzato l’attenzione degli investigatori. I traffici via traghetti tra Calabria e Messina, con RORO tra Sardegna e Toscana, e con navi portacontainer per rotte internazionali delineano un quadro variegato. Un aspetto interessante emerge dall’occultamento della cocaina insieme alla merce legale, coinvolgendo porti come Genova, Trieste, Salerno, Civitavecchia e Vado Ligure.

Marijuana e hashish

La marijuana ha recentemente catturato l’attenzione degli investigatori con due significativi sequestri. Nel primo caso, proveniente dal porto di Barcellona a Civitavecchia, 120 kg di stupefacente sono stati nascosti in un mezzo di trasporto su un traghetto. Il secondo caso, al porto di Catania, ha coinvolto l’importazione di 21 kg di marijuana. In un episodio a Tremestieri, 11 kg di marijuana sono stati confiscati insieme a 9 kg di cocaina all’interno di un carico di frutta e verdura proveniente da Reggio Calabria.

Le importazioni di hashish hanno avuto luogo attraverso traghetti o occultando la droga negli spazi disponibili sui mezzi di trasporto o nei bagagli dei passeggeri. Da Palermo a Livorno, 70 kg di hashish sono stati nascosti in un trattore, mentre al porto di Messina, 50 panetti da 100 grammi ciascuno sono stati scoperti nel bagaglio di un passeggero su un bus da Reggio Calabria. Altri due carichi da Barcellona a Civitavecchia hanno coinvolto un autotrasportatore con 54 kg di hashish e un carico di 467 kg occultato nei porta-bancali di un camion.

Sequestri di droga

Due eventi rilevanti hanno coinvolto il sequestro combinato di hashish e cocaina. Il primo al porto di Capri, nei bagagli di un passeggero su un traghetto da Napoli, e il secondo a Gioia Tauro, nell’ambito di un’inchiesta internazionale che ha smascherato una complessa organizzazione criminale impegnata in traffici tra il Sud America e l’Italia settentrionale, coinvolgendo 24 persone.

Merce Contraffatta

Il traffico di merci contraffatte rappresenta una percentuale significativa degli episodi criminali. Con 68 casi registrati nel 2022, di cui 1 di export, 1 di transito e 66 di import, emerge la vastità di questo fenomeno. Tentativi di esportazione, come il trasporto di un’auto clonata da Genova, o sequestri in transito, come il carico di petrolio a Taranto, evidenziano la diversità delle merci coinvolte.

Diversità dei prodotti contraffatti

La merce contraffatta varia ampiamente, coprendo alimenti, prodotti tessili, materiali elettronici e giocattoli. La Cina risulta essere il principale paese esportatore, seguita da Grecia e Turchia. I porti di destinazione sono disseminati in tutto il paese, mostrando la portata nazionale di questo fenomeno.

Rifiuti Illegali: il traffico inquinante dal Bel Paese

Una problematica particolarmente rilevante che ha caratterizzato i porti italiani nel corso del 2022 è il traffico illecito di rifiuti. In un’eccezionale peculiarità, gli episodi mappati riguardano esclusivamente l’esportazione di rifiuti da parte dell’Italia verso altri paesi. Questa pratica inaccettabile coinvolge quattro episodi, evidenziando la necessità di un controllo più rigoroso sull’invio di rifiuti oltre confine.

In testa la Campania

La Campania si distingue con tre episodi, mentre la Liguria è coinvolta in un singolo caso. Uno dei primi eventi registra la partenza da Napoli di un carico formalmente dichiarato come masserizie ed effetti personali usati, ma che nasconde al suo interno materiale meccanico ed elettrico non smaltito correttamente. Un secondo caso legato al porto napoletano coinvolge l’esportazione verso il Burkina Faso di 60 tonnellate di accessori per veicoli e prodotti tessili usati, erroneamente registrati come prodotti non inquinanti.

Nel porto di Salerno, si registra un tentativo di spedizione di motori e parti disassemblate di mezzi meccanici, all’interno dei quali persistevano oli, lubrificanti e sostanze altamente inquinanti e pericolose, nonostante la registrazione formale di una bonifica completa. Infine, a Genova, un imprenditore, fornendo dichiarazioni mendaci sulla spedizione, ha cercato di inviare a Singapore circa 37 tonnellate di materiale elettronico di scarto.

Impatto ambientale

Questi casi sollevano preoccupazioni gravi in termini di impatto ambientale e sanitario sia nei paesi destinatari che in Italia. L’esportazione di rifiuti in modo fraudolento non solo viola le leggi internazionali sull’ambiente ma mina anche gli sforzi globali per affrontare la crisi dei rifiuti.

Il rischio di inquinamento e la mancanza di una gestione adeguata dei rifiuti mettono in pericolo la salute pubblica e l’ambiente. Le autorità devono adottare misure più efficaci per prevenire e punire queste pratiche illecite, assicurando che gli imprenditori irresponsabili rispondano delle loro azioni.

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