‘Ndrangheta in Germania: colonizzazione e affermazione economica delle ‘ndrine calabresi

Dal traffico di stupefacenti alla contraffazione, l’espansione calabrese in Europa

Le organizzazioni criminali di stampo mafioso hanno da tempo esteso la loro influenza oltre i confini nazionali, e la ‘ndrangheta, in particolare, ha assunto una dimensione transnazionale significativa. Questo fenomeno è stato potenziato dalla globalizzazione dei mercati, portando le mafie a interessi economici e insediamenti sociali su scala internazionale. In questa analisi, esploreremo le diverse forme che i movimenti delle mafie assumono, con un focus sulla ‘ndrangheta e il suo impatto in Germania.

Delocalizzazione e colonizzazione

La mobilità delle mafie all’estero può variare dalla semplice delocalizzazione di attività criminali a una vera e propria colonizzazione del territorio ospitante. La Germania, con le sue peculiarità geo-politiche, economiche, storiche e culturali, è diventata un terreno strategico per la ‘ndrangheta. Secondo il Bundeskriminalamt (BKA), tutte le organizzazioni mafiose italiane sono presenti in Germania, ma la ‘ndrangheta è emersa come la più rilevante, specialmente nel traffico di cocaina.

La ‘ndrangheta ha identificato la Germania come uno spazio strategico per investire e accumulare risorse sia in attività illecite che in settori legali dell’economia. Eventi significativi, come la strage di Duisburg del 2007, hanno evidenziato la presenza e l’importanza dei clan calabresi nel Paese. Operazioni antimafia recenti come “European ‘ndrangheta connection” hanno confermato il ruolo dominante della ‘ndrangheta nei traffici internazionali.

La presenza della ‘ndrangheta in Germania

La presenza della ‘ndrangheta in Germania risale agli anni Cinquanta e Sessanta, con i primi insediamenti concentrati nelle regioni industrializzate della Germania Occidentale. I legami di compaesanità tra gli immigrati hanno fornito un supporto fondamentale ai clan, consentendo loro di godere di protezione e solidarietà simili a quelle nella madrepatria.

Durante gli anni Settanta e Ottanta, le autorità tedesche iniziarono a riconoscere la presenza stabile di alcune famiglie legate alla ‘ndrangheta, provenienti principalmente dalla provincia di Crotone, come i Farao di Cirò, e dalla provincia di Reggio Calabria, come i Mazzaferro di Gioiosa Ionica. Questa identificazione avvenne in risposta alle segnalazioni delle forze dell’ordine italiane, trasmesse sotto forma di “richieste di assistenza giudiziaria e investigativa della magistratura e delle forze di polizia italiane”.

Il processo di espansione iniziale sembrava essere guidato più da esigenze di “sistemazione economica” e vicinanza familiare che da una volontà di conquista di nuovi territori e mercati. In alcuni casi, potrebbe aver risposto anche alla necessità di sfuggire all’azione repressiva delle forze dell’ordine italiane, sfruttando legami parentali e amicali.

La Germania rifugio per latitanti

Ancora oggi, la Germania rimane un rifugio strategico per i latitanti ‘ndranghetisti. Nel 2013, a Saarbrücken, fu arrestato un individuo legato al clan Tripodi. Nel 2014, a Xanten, un latitante di Platì, affiliato alla cosca Barbaro-Papalia, fu catturato nell’operazione “Platino”. Nel 2017, Antonio Strangio del clan Pelle fu arrestato a Mörs. Nel 2018, due individui legati alla cosca Gallico furono arrestati rispettivamente a Monaco e Saarbrücken. Nel 2019, a Neuwied, in Renania Palatinato, fu catturato un esponente della cosca Morabito-Bruzzaniti-Palamara.

Questi arresti indicano la persistente presenza e influenza delle ‘ndrine in Germania, evidenziando la complessità delle dinamiche criminali che si intrecciano tra le radici calabresi e il territorio tedesco. La Germania, per alcune fazioni ‘ndranghetiste, continua a rappresentare un luogo di sicurezza e opportunità per le attività illegali, dimostrando la sfida che le autorità europee devono affrontare nel contrastare questa forma di criminalità organizzata transnazionale.

Negli anni successivi, i clan ‘ndranghetisti provenienti dalle province di Crotone e Reggio Calabria si sono stabiliti stabilmente in Germania. La vicinanza territoriale tra i compaesani ha garantito un’omertà culturale, essenziale per sfuggire all’azione repressiva delle forze dell’ordine italiane. Nel corso degli anni, numerosi arresti di membri legati a clan storici sono avvenuti in diverse città tedesche.

Con il passare del tempo, la ‘ndrangheta ha sviluppato nuove strategie, approfittando del collasso dell’Unione Sovietica e dell’apertura dei mercati nell’Europa dell’Est. Il traffico di droga è rimasto un’attività chiave, con la Germania che funge da ponte strategico tra l’Italia e altri stati europei. La vicinanza a importanti scali marittimi e aerei facilita la gestione diretta dei traffici illeciti, in particolare del traffico di cocaina.

Facciamo un passo indietro: i nostri investigatori  li avevano avvertiti i tedeschi…

A partire dagli inizi degli anni ’90, in Germania ed in Italia sono stati avviati svariati procedimenti penali per associazione a delinquere, violazioni della legge sugli stupefacenti e della legge sulle armi, nei confronti dei componenti delle cosche calabresi, riconducibili al comprensorio di San Luca. Indagini che hanno permesso di stabilire l’attività criminale delle ‘ndrine nelle città di Duisburg, Erfurt, München, Leipzig, Neukirchen-Vluyn, Deizisau, Bous e Bochum.

Ma solo con la strage di Duisburg del 2007 si è potuto dimostrare e documentare l’infiltrazione e la pericolosità della ‘ndrangheta che ormai aveva acquistato strutture commerciali, imprenditoriali e societarie.
La Germania è una delle zone di stoccaggio più utilizzate per la cocaina proveniente dal Sud America. Il porto di Amburgo, uno dei più importanti in Europa per volume di merci, ed è  utilizzato dalle organizzazioni criminali calabresi per introdurre rilevanti carichi di stupefacenti nel Paese.

La strage di Duisburg

Sono le due di notte del 15 agosto 2007, una bella serata tiepida a Duisburg, città di 500mila abitanti situata nella parte occidentale della Ruhr, in Germania. Sebastiano Strangio, cuoco, calabrese originario di San Luca, chiude il suo  ristorante pizzeria   “Da Bruno”, e con due camerieri e tre amici, si accinge a tornare a casa. Il gruppo di amici si dirige verso il parcheggio. I sei erano uniti da un legame profondo con le loro radici e conosciuti come persone probabilmente “affiliate o comunque vicine” al clan Pelle-Vottari di San Luca. La sentenza della Cassazione il 9 giugno 2016 confermerà questo dettaglio.

Mentre si avvicinavano alle loro auto, i gruppo di amici cade in un’imboscata e muore sotto il fuoco di due pistole calibro 9 dalla quali vengono sparati 54 colpi. I killer hanno anche il tempo di cambiare i caricatori e sparare il colpo di grazia.

Nelle auto, in quel parcheggio vicono alla pizzeria, muoiono Sebastiano Strangio, Francesco Giorgi (minorenne), Tommaso Venturi e i due fratelli, Francesco e Marco Pergola,  figli di un ex poliziotto del commissariato di Siderno.  Muore, crivellato di colpi, anche Marco Marmo, obiettivo principale dei killer, perché sospettato di essere stato il custode delle armi utilizzate per uccidere, a San Luca, Maria Strangio moglie di Giovanni Nirta.

Gli investigatori e l’opinione pubblica tedesca rimangono attoniti di fronte a un’esecuzione così fredda, precisa e violenta. È cambiato qualcosa in quel mondo pulito e preciso nel cuore dell’Europa. Il filo rosso che si ramifica da una terra distante, a tratti arcaica, la Calabria, arriva a scuore l’attenzione dei media europei e scoperchia un pentolone dove dentro ci sono tradizioni malate, religiosità primitiva, affari milionari, faide, matrimoni d’affari, affiliazioni rituali e massoneria deviata.

Nel portafogli di una delle vittime, Tommaso Venturi, viene trovato un santino di San Michele parzialmente bruciato, chiaro indizio di un’affiliazione celebrata poco prima.

Ma la  ‘ndrangheta è presente in Germania già dagli anni settanta, dove “lavorano” alcune famiglie di Cirò, i Mazzaferro di Gioiosa Ionica, le famiglie di Reggio Calabria, delle storiche famiglie di Africo, di San Luca, di Bova Marina.

Il ristorante “Bruno” era già stato segnalato dalle forze dell’ordine italiane

Ma a tutto questo le forze di polizia e la magistratura non avevano dato peso. Eppure gli investigatori avevano già ricevuto, diversi anni prima, richieste di aiuto da parte delle forze di polizia italiane che avevano segnalato il ristorante “Da Bruno” come uno dei ritrovi della mafia calabrese utilizzato per riciclare il denaro e luogo di incontri della criminalità organizzata italiana.

Per anni, le polizie internazionali hanno considerato la presenza delle mafie come un affare tutto italiano, di cui non occuparsi con attenzione. Un ladro è solo un ladro, lo stesso vale per uno spacciatore; e poi noi italiani siamo un po’ folcloristici, pizza, spaghetti, mandolino e canzoni neomelodiche.

San Luca alla conquista della Germania

La strage di Duisburg apre uno squarcio nella realtà e indica una strada che porta a un  paesino della Calabria, San Luca, che perà in realtà è un luogo strategico di incontri mafiosi, accordi sui traffici di droga, decisioni sulla gestione di enormi quantità di denaro che deve essere riciclato in attività lecite, a volte insospettabili come una pizzeria.

San Luca, immerso nel bellisismo paesaggio dell’Aspromonte,  è anche la sede di una faida che vede contrapposti le ‘ndrine Nirta-Strangio, che gestiscono il narcotraffico in Germania, nei Paesi Bassi e in molte zone dell’America Latina, e i Vottari-Pelle-Romeo il cui capobastone,  ‘Ntoni Pelle, era stato eletto capo crimine, cioè al vertice di tutta la ‘ndrangheta, investitura effettuata davanti alla statua della Madonan di Polsi.

La faida

Il giorno di carnevale del 1991, un gruppo di giovani vicini alla famiglia Strangio decide di fare una bravata, un gesto stupido e pericoloso. Lanciano uova contro il circolo ricreativo di Domenico Pelle. L’offesa non può rimanere senza punizione, e il giorno di San Valentino dello stesso anno,  due giovani della famiglia Strangio vengono uccisi e altri due feriti.

Parte così una faida che culminerà a Natale del 2006 con l’omicidio di Maria Strangio moglie di Giovanni Nirta, freddata da un commando di killer armati di pistole e fucili. Dopo pochi mesi, la risposta a questo omicidio sarà, a ferragosto,  la mattanza di Duisburg.

L’errore di Duisburg

Oggi, naturalmente, la ‘ndrangheta cerca di minimizzare l’uso della forza violenta, utilizza la violenza solo quando serve davvero perchè è molto più efficace corrompere. Bisogna tenere in considerazione che la corruzione è sempre stata un’arma molto, molto efficace. Ci può essere corruzione anche senza mafia ma non c’è mafia senza corruzione. La corruzione è una componente costitutiva della mafia che la utilizza con sempre maggiore frequenza perché i mafiosi hanno capito che se riescono a muoversi sotto traccia fanno meno rumore e danno meno nell’occhio.

Questa è la strategia che stanno portando avanti nelle regioni del Centro Nord, in Europa, nel mondo. Hanno capito l’errore commesso a Duisburg, in Germania, e con questa strage hanno gettato un fascio di luce su un’organizzazione che prima era stata lungamente e colpevolmente sottovalutata. Oggi la ‘ndrangheta ha capito che muovendosi sotto traccia, evitando la violenza, può fare molti più soldi e dare meno nell’occhio anche perché,  molta informazione e molta politica continuano a pensare che le mafie esistano solo quando sparano.

Il traffico di cocaina

La polizia federale tedesca ha stimato che circa un terzo delle organizzazioni criminali attive nel paese si dedichi al traffico di droga, rappresentando oltre un terzo di tutti i reati. La ‘ndrangheta, sfruttando la vicinanza geografica all’Italia, gestisce il trasporto di droga tra la Germania e la madrepatria, mantenendo un legame stretto.

La ‘ndrangheta mantiene forti legami con l’Italia, con numerosi viaggi tra Germania e Calabria. La qualità del sistema economico-finanziario tedesco offre opportunità di riciclaggio e camuffamento dei proventi illeciti. La Germania, nonostante alcune inchieste antimafia, sembra non aver sviluppato una piena consapevolezza della minaccia mafiosa.

“European ‘ndrangheta Connection”: quando la ‘ndrangheta abbraccia l’Europa

L’operazione “European ‘Ndrangheta Connection,” nota anche come Pollino, rappresenta una delle più imponenti inchieste congiunte europee contro la ‘ndrangheta in Europa. Diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Reggio Calabria, coinvolse le forze di polizia di diversi Paesi europei, tra cui Germania e Olanda. Nel dicembre del 2018, questa operazione portò all’arresto di 84 persone in Europa, di cui 14 in Germania, e al sequestro di circa quattro tonnellate di cocaina.

Il filone tedesco di questa operazione colpì principalmente le storiche famiglie di San Luca, i Pelle-Vottari, i Romeo e Giorgi, nonché la cosca Cua-Ietto di Natile di Careri (RC). Queste famiglie furono accusate di traffico internazionale di stupefacenti e attività di riciclaggio nella parte occidentale della Renania.

L’inchiesta confermò il ruolo egemone della ‘ndrangheta nella gestione dei traffici internazionali di stupefacenti. I clan reggini dimostrarono la capacità di controllare le rotte del narcotraffico, mantenendo solidi canali di riferimento in Sud America e importando grossi carichi di cocaina in Europa, spesso attraverso i porti di Anversa e Rotterdam, considerati sicuri dalle organizzazioni criminali.

Narcotraffico, ristorazione e riciclaggio

L’operazione Pollino rivelò una presenza stabile di strutture organizzative della ‘ndrangheta nella regione del Nord Reno-Westfalia e nel Limburgo Belga, aree con una forte presenza di comunità emigrate italiane. La cooperazione tra clan si basava su reti criminali familiari e alleanze tra diverse fazioni, spesso coinvolgendo affiliati già noti alle autorità.

L’inchiesta offrì una conferma tangibile del legame tra narcotraffico e ristorazione, una connessione rilevata sia dalle forze dell’ordine che dagli studiosi. I clan utilizzavano attività di ristorazione come basi logistiche per organizzare incontri riservati, contribuendo così al riciclaggio delle attività illecite. Ristoranti come il “Da Bruno” a Duisburg e le città di Brüggen e Wesseling in Pollino svolgevano un ruolo fondamentale nelle attività del gruppo criminale.

Operazione “Stige”

L’operazione “Stige,” coordinata dalla DDA di Catanzaro, portò all’arresto di oltre 170 persone nel 2018, di cui 11 in Germania, legate al sodalizio Farao-Marincola di Cirò. Emerse la presenza di clan non solo originari della provincia di Reggio Calabria ma anche dell’Alto Ionio, attivi nel settore dell’import-export alimentare.

In Germania, vi è una presenza strutturata di clan provenienti da diverse province calabresi, radicati nel territorio tedesco e coinvolti in attività illegali. Sebbene le istituzioni tedesche abbiano aumentato la loro azione di contrasto, la ‘ndrangheta continua a sfruttare opportunità logistiche ed economiche, mantenendo un controllo, non diffuso ma significativo, sul territorio tedesco. La sfida per le autorità europee è ora influenzare la sfera amministrativa e condizionare le istituzioni tedesche per contrastare efficacemente la presenza della ‘ndrangheta nel cuore dell’Europa, prima che la criminalità calabrese, e in parte minore Cosa Nostra, si infiltrino in profondità nel tessuto politico esattamente come è avvenuto in Italia.

Bibliografia:

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  • Martina Bedetti, ‘Ndrangheta in Germania. Un modello di espansione, tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, Milano, 2012
  • Rocco Sciarrone, Luca Storti, The territorial expansion of mafia-type organized crime. The case of the Italian mafia in Germany. Martina Bedetti, ‘Ndrangheta in Germania. Un modello di espansione.Università degli Studi di Milano, Milano, 2012

  • Anna Sergi, Anita Lavorgna, ‘Ndrangheta movements Around the World, in The Glocal Dimensions of the Most Powerful Italian Mafia, Palgrave Macmillan, 2016

 

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