‘Ndrangheta, minacce mafiose per inquinare un’asta: condannati i fratelli Fotia

È la prima volta che un tribunale savonese riconosce l’aggravante mafiosa

Savona – Un cognome che compare spesso nelle relazioni della Direzione Investigativa Antimafia.
Una società, la Scavo-Ter Srl, colpita da interdittiva antimafia già nel 2012. Una famiglia legata dai matrimoni ai clan di Africo. Tanto che nel 2010 gli inquirenti reggini salirono fino a Savona, a casa di Donato Fotia, per arrestare suo cognato, Mario Versaci.
Tre fratelliPietro, Francesco e Donato – che nel Ponente ligure hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Praticamente indisturbati. Anche quando, ai funerali di mafia, portavano gli omaggi della famiglia. Come nel 2009, a Borghetto, quando Pietro Fotia è stato fotografato dagli investigatori al funerale di Francesco Fazzari, suocero del boss dei boss Carmelo Gullace, condannato in primo grado dal tribunale di Palmi nel processo Alchemia.

I Fotia e le cosche calabresi. Una storia vecchia. Saranno almeno vent’anni che la famiglia leader del movimento terra savonese viene accostata alla ‘ndrangheta. Senza condanne.
La svolta è arrivata il 19 aprile: in primo grado, Pietro e Francesco Fotia hanno rimediato rispettivamente 3 anni e 6 mesi e 2 anni di carcere, e l’interdizione dai rapporti con la pubblica amministrazione. La sentenza, firmata dal giudice Fiorenza Giorgi, riconosce l’aggravante mafiosa. È la prima volta di un tribunale savonese.

I fatti contestati: le intimidazioni per accaparrarsi l’asta

Locandine di giornali con le scritte “mafia” e “sequestri” appese alle pareti di un alloggio per intimidire i possibili compratori. E poi foto zoomate sul volto degli interessati all’asta immobiliare per fargli credere di poterli identificare. E ancora: minacce urlate sulla faccia di aver “avuto 50 processi penali” e nonostante ciò essere “rimasto incensurato”, sottolineando subito dopo di “appartenere alla famiglia Fotia” legata alla ‘ndrina dei Morabito-Palamara-Bruzzaniti di Africo, segno distintivo di uno spessore criminale tutt’altro che “comune” che gli avrebbe permesso di “andare a cercare” chi avesse acquistato l’appartamento.

Tutto per fare terra bruciata dei concorrenti garantendo ai soggetti legati alla famiglia di aggiudicarsi i beni immobili oggetto dell’incanto: un appartamento e un garage in via Olivetta, a Savona, che erano di proprietà del fratello Francesco.

Per questo, nel luglio 2022, la squadra mobile di Savona, coordinata dal pm Monica Abbatecola della Direzione distrettuale antimafia di Genova, aveva arrestato Pietro Fotia, incriminandolo per “turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso”.
Il fratello Francesco, sorvegliato speciale, era finito in carcere per l’identico reato a settembre dello stesso anno.

Simona Tarzia

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.

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