Il Rompipallone
L’ispirazione domenicale me l’ha fornita inconsapevolmente Gene Gnocchi, nome d’arte di Eugenio Ghiozzi, sessantasettenne comico, cabarettista, conduttore televisivo, cantante e scrittore da anni autore sul quotidiano sportivo, la rosea “La gazzetta sportiva”, fu “La gazzetta dello sport”, della puntura di spillo “il rompipallone”, che spesso unisce, come in un bar sport qualunque, le gesta dell’arte pedatoria con quelle della politica, altra arte tutte italica.
Così oggi gene scrive: “dopo il ko del suo Monza, spuntano nuovi appunti di Berlusconi 1) arrogante; 2) supponente; 3) prepotente; 4) nessuna disponibilità a mettere il trequartista dietro le punte”. Tra politica e calcio, riflettendo a modo suo sull’inconveniente del pizzino del “cavaliere” inquadrato in maniera fraudolenta con tutte quelle sagge, o forse no, riflessioni sulla giorgia nazionale, e deviazione sul povero raffaele palladino neo allenatore della squadra lombarda di Berlusconi e Galliani.
Già, Gene Gnocchi, ricomparso tre anni fa nei panni di un suo personaggio a suo modo indimenticabile alla trasmissione di Giovanni Floris “Di martedi” su La7. Quell’Ermes Rubagotti, giornalista sportivo, inviato da Bergamo con il grido di battaglia “pota”, lanciato anni prima nel corso della trasmissione domenicale “Mai dire gol”.
Quel diritto al “Camogli” sancito dalla Costituzione
L’Ermes o il Rubagotti, a piacere, che evoca già nel cognome quella sua prepotente attrazione per il grappino, torna venticinque anni dopo da Floris rivendicando una improbabile carriera politica come deputato della Lega Nord, scoperto da Umberto Bossi dopo aver dato ripetizioni al “Trota” – un lavoro usurante lo definisce l’inviato – che svela di non avere buoni rapporti con Salvini che gli ha rovinato gli affari.
Per concludere con la sua proposta di legge mai discussa in parlamento, l’introduzione delle strisce pedonali in autostrada: “Quante volte ti capita che un “Camogli” ce l’hanno di là e una “Rustichella” ce l’hanno di qua, e tu non puoi attraversare l’autostrada. Devi poter attraversare l’autostrada, è un diritto sancito dalla Costituzione, articolo 318, ognuno ha diritto al suo Camogli”.
Già, bar sport. Calcio e quant’altro, politica, magari solo incidentalmente, e food. Tanto food. Proprio il food, altro argomento principe di social e non. Tra focaccia, con o senza cipolla, intinta nel cappuccino o meno, e salame. Quello di Sant’Olcese. Al miele, “orso” inventato dal mio amico social Alberto Podestà e prodotto dal salumificio Parodi, o quello tradizionale del salumificio Cabella, anche quello con i suoi protettori.
Toti protettore dell’Arte del salame
Bazzicando sulla bacheca istituzionale del Governatore e Presidente della Regione Liguria ti capita di scoprire che da qualche ora Giovanni Toti ha una onorificenza in più, magari per avere un qualche conforto dal risicato 2% delle ultime elezioni.
Lo comunica il governatore con legittima soddisfazione in un post in cui appare di fronte ad Andrea Pedemonte Cabella con lo spadino sulla spalla destra: “Da oggi sono ufficialmente protettore dell’Arte del salame di Sant’Olcese! Grazie ad Andrea Pedemonte Cabella, primo protettore che con il suo salumificio Cabella, fondato dalla bisavola Angela più di 100 anni fa, ha dato il via a questa bella tradizione di cui sono orgoglioso di far parte. Queste sono le eccellenze della Liguria da promuovere tutte, dal mare al nostro straordinario entroterra”.
Perchè poi, opere strutturali o infrastrutturali a parte i nostri politici, a ragione, o per forza, si stanno dimostrando inesauribili sostenitori dei prodotti tipici dell’arte culinaria del nostro territorio. Tanto che “il Secolo XIX” qualche giorno fa ha dedicato un’intera pagina alla focaccia intinta nel cappuccino.
Titolo: “La focaccia nel cappuccino”. Con tanto di sommario: “La colazione ligure è sempre più cult: dopo Canalis e Kardashian si innamorano anche gli Harlem Globetrotter.
Il Sindaco Bucci lancia la sfida sui social: “Cittadinanza onoraria a chi puccia nella schiuma quella con la cipolla”.
“Con una nuova variante. Spiega Gino Petrucco, Presidente dei panificatori di Genova: “Ricordo che già mio nonno la inzuppava nel vino. È un alimento senza orario, per me più simbolo ligure del pesto”.
Attendiamo impazienti la replica piccata di Roberto Panizza ideatore nel 2007 del campionato mondiale di pesto al mortaio la cui ultima edizione si è disputata trionfalmente nel giugno di quest’anno.
E a Palazzo Ducale è tornato…”il Serena”
Perchè in fondo la cultura è anche, e persino, questa roba qui. Fra una visita al palazzo dei rolli, un cabarettista ex presidente della fondazione del palazzo ducale a cui è appena stato dato il benservito a favore di un manager e imprenditore dell’entertainment che di cognome fa Costa, e di nome Beppe, e una direttrice Serena Bertolucci, che prima ha dubitato su una sua potenziale condivisione che le permettesse di portare a termine l’incarico fino al termine del 2023, e poi, dopo un incontro con il nuovo presidente e il suo vice Francesco Berti Riboli ha preferito soprassedere. Oggetto del contendere presunti conflitti di interesse di Costa che presiede una delle principali società di servizi ed eventi museali italiani, Opera Laboratori fiorentini, con Costa che nell’incontro ha promesso la massima trasparenza. E così sia.
Perchè tutto è bene quel che finisce bene. Con tanti saluti a quei giornalisti, un po’ sciacalli, un po’ vil razza dannata, che abitualmente ci inzuppano il pane… O la focaccia.
Mentre tutt’attorno fra guerre, disastri ambientali e polemiche politiche post elettorali se ne sentono e se ne vedono di ogni.
Scrive Emiliano Rubbi, quarantottenne romano, produttore discografico, compositore e sceneggiatore italiano: “Due attiviste ecologiste fanno un gesto eclatante e lanciano della zuppa sul capolavoro di Van Gogh “I girasoli”, al grido di “siete più interessati a proteggere un dipinto o il pianeta?”.
Il dipinto è protetto da un vetro, tanto è vero che non viene affatto rovinato dal gesto delle due, ma questo fatto non viene riportato dal 99% dei mezzi d’informazione, e a quel punto esplode l’indignazione di migliaia di persone convinte che le due attiviste abbiano sfregiato irrimediabilmente un Van Gogh.
Ah, e attenzione: non è che le due attiviste volessero inzuppare il quadro ma questo sia stato loro impedito dal vetro, no. Volevano proprio sporcare solo il vetro.
Perché la loro campagna si basava sull’accusa (giusta o sbagliata, che siate d’accordo o meno, non importa) di essere più interessati a proteggere un dipinto (col vetro) che il pianeta.
Cioè: un gesto dimostrativo del tutto innocuo da parte di due ecologiste (che vi piaccia o meno, lo ripeto, non sto sindacando su questo) è stato trasformato dai media in un inesistente atto vandalico ai danni di un capolavoro. A volte ci vuole davvero poco a creare un mostro da zero, se qualcuno punta il dito proprio là dove non ci piace guardare”.
Fra vandali e teppisti
Post condiviso da una collega Amina Gaia Abdelouahab. Con commenti, condanne e insulti alle due ecologiste per la gravità dell’atto vandalico. Commenti che nellla maggior parte dei casi non inquadrano completamente lo spirito del post che è quello dell’erronea narrazione del fatto. Cosa che ormai accadee abbastanza spesso fra giornali e social.
Il governatore Giovanni Toti, in passato giornalista, per esempio posta veloce sul suo profilo istituzionale: “Hanno buttato una zuppa addosso a un quadro di Van Gogh, imbrattandolo completamente! Vi rendete conto? E non chiamiamole ambientaliste, sono solo delle vandale. Siamo alla follia!”
Viene in mente, per esempio il caso dell’aeroporto Colombo bloccato per protesta dai lavoratori di Ansaldo Energia al secondo giorno di agitazione. E le prime forti dichiarazioni del governatore condivise dal sindaco Marco Bucci: “Nessuna vertenza sindacale legittima azioni di teppismo che danneggiano altri lavoratori e tutti i cittadini di Genova. I giusti diritti non si difendono calpestando i diritti di altri. Questo indebolisce ogni giusta rivendicazione contrapponendo lavoratori a lavoratori. Spiace che nonostante il totale appoggio comunicato questa mattina da Regione e Comune alle delegazioni sindacali e le rassicurazioni fornite per quanto possibile si sia scelta la strada delle occupazioni illegali, delle interruzioni dei servizi pubblici e dell’arbitrio.
Molte di queste azioni per altro si configurano come reati e spero che i sindacati responsabilmente se ne dissocino”. Con necessario chiarimento posteriore sempre di Toti: “Con la stessa forza però voglio chiarire la mia posizione su alcune dichiarazioni fatte in questa giornata, in cui è stata sottolineata solo la parola “teppisti” riferita ai lavoratori. Chiarisco il concetto anche per evitare le solite strumentalizzazioni politiche o le lezioncine (che poi arrivano anche da chi aveva un ministro al lavoro che non si è mai occupato del tema). Bloccare un aeroporto, aggredire i poliziotti, bruciare le gomme, negare a centinaia di migliaia di cittadini il diritto al lavoro è un reato.
Come uomo delle istituzioni ho il dovere sacrosanto di condannarlo con la stessa forza con cui difendo il diritto allo sciopero. La sintesi di questi reati rientra perfettamente nella mia definizione episodi di teppismo. È forte? Certamente sì. Ma è stata forte anche per quella persona colpita da infarto la paura di non poter avere le cure perché la sopraelevata era bloccata. Sono stati forti il panico del pilota dell’elicottero di soccorso che non poteva fare benzina, la delusione di chi non è arrivato a un appuntamento di lavoro perché l’aereo non è mai partito, la preoccupazione dei familiari delle persone rimaste contuse negli scontri con i manifestanti. Esasperare così la situazione quando personalmente avevamo comunicato questa mattina in regione i chiarimenti di Cdp ai sindacati, non era necessario e ha danneggiato solo Genova e i genovesi. I diritti non si difendono calpestando quelli degli altri, perché farlo indebolisce ogni giusta rivendicazione”.
Che poi viene da dire che ogni tanto al di là delle narrazioni occorrerebbero adeguate contestualizzazioni. Personalmente non ho mai visto una agitazione di qualunque tipo che non abbia arrecato conseguenti disagi a lavoratori, padroni o altri. Epperò i social sono ormai questa roba qui, con torme di tifosi o odiatori seriali pronti a intervenire comodamente da casa. Digitando. Nè piu’ ne meno di quanto sto facendo io in questo momento. Dunque diffidate dei narratori e ogni tanto anche dei giornalisti, sciacalli e vil razza dannata. Specie di quelli incendiari, o di quelli nati incendiari e diventati pompieri. Potere dell’età, o forse del “tengo famiglia”.
Vlahovic il salvatore
Che poi è sempre e comunque un gigantesco bar sport. Prendete, per esempio la prima pagina de “la Gazzetta sportiva” da cui tutto ha avuto inizio che dopo settimane di martirio del ventitreenne Dusan Vlahovic, il centravanti della juve strapagato che avrebbe dovuto risolvere la maggior parte dei problemi del mister max allegri titola sena vergogna a caratteri cubitali: “vlahovic decide il derby. Il salva juve”. Dimostrando la memoria corta di cui poco fa parlavo e il gusto per la narrazione che può far comodo alla società degli agnelli e ai tifosi.
Perchè ormai è tutto un po’ cosi. Con la memoria corta, e la prontezza a smentirsi a distanza di appena 24 ore.
Prepariamoci perciò ad un premier, la giorgia meloni, accusata di fascismo,che comunque oggi, ha gia assunto le vesti istituzionali ricordando il 16 ottobre del 1943 e il drammatico giorno del rastrellamento al ghetto di roma diffondendo un comunicato che dice. “il 16 ottobre 1943 è per roma e per l’italia una giornata tragica, buia e insanabile. Quella mattina, pochi minuti dopo le 5.00, la vile e disumana deportazione di ebrei romani per mano della furia nazifascista: donne, uomini e bambini furono strappati dalla vita, casa per casa. Più di mille persone furono deportate e di loro solo quindici uomini e una donna fecero ritorno. Nessuno dei bambini. Un orrore che deve essere da monito perché certe tragedie non accadano più. Una memoria che sappiamo essere di tutti gli italiani, una memoria che serve a costruire gli anticorpi contro l’indifferenza e l’odio. Una memoria per continuare a combattere, in ogni sua forma, l’antisemitismo”. Prepariamoci ad un presidente del senato, la scenda carica dello stato, ignazio la russa che da perfetto interista si fa ritrarre con uno striscione su cui c’è scritto a caratteri cubitali “juve merda”, ma che, magari sarà disposto almeno per un po’ a mettere in soffitta i busti di mussolini di cui fa collezione da una vita, visto che nel discorso di insediamento ha ricordato oltre al padre esponente missino della prima ora anche il presidente partigiano sandro pertini.
Lorenzo Fontana, storia di un impiegato
Prepariamoci ad un Lorenzo Fontana, Presidente della Camera e terza carica dello stato, braccio destro di Matteo Salvini e Ministro della Famiglia e delle Disabilità durante il Governo Conte, che si definisce in un documento istituzionale “inpiegato”, con la n e non con la m, che aveva chiesto l’abolizione della legge mancino per sanzionare gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista e idolo dei “pro vita” che magari ci confiderà, prima o poi di non avere nulla contro i gay e di avere molti amici omosessuali e immigrati. Prepariamoci anche al povero Enrico Letta, quello dello stai sereno, che magari penserà con un po’ di invidia al patto del Nazareno, o al ministro per il lavoro ancora in carica Andrea Orlando che sfila con i manifestanti riottosi e “teppisti” di Ansaldo come uno di loro, anzi come un perfetto sconosciuto.
Prepariamoci, insomma ad un gigantesco bar sport dove fra battutisti e anche no vale tutto e il contrario di tutto. Basta che intercorrano almeno 24 ore, o anche meno, tra un enunciato e una contraddizione e l’altra.
Mi chiedono perchè sono italiana
Prepariamoci al cortocircuito imminente, in un paese dover l’odio è stato seminato e prolifera. Con l’ultima immagine che viene ancora dallo sport di Paola Egonu, fresca vincitrice della medaglia di bronzo al mondiale olandese di pallavolo, che in una estrema crisi di sconforto confida al suo manager; non puoi capire, questa è l’ultima partita in nazionale. Mi hanno anche chiesto perchè sono italiana. Sono stanca. Già Paola Egonu, un destino da fenomeno, nata venture anni fa a cittadella in provincia di Padova, figlia di genitori nigeriani con due fratelli più piccoli Angela e Andrea.
Opposto nel quintetto azzurro e formidabile schiacciatrice. Una statua di ebano di un metro e novantarè centimetri. Nel 2018, dopo la medaglia d’argento decide di fare coming out raccontando che la prima persona chiamata dopo la finale persa era stata la fidanzata diventando l’icona della nuova generazione, vincente multirazziale e libera. Diventa testimonial di Armani e confessa di pensare alla moda per il proprio futuro. Doppia un cartone animato della Pixar partecipa alle Iene per presentare una puntata della trasmissione, quando il Cio chiede al Coni di indicare uno sportivo dell’italia per sfilare con la bandiera del comitato olimpico nella cerimonia di apertura dei giochi di Tokyo, il presidente Giovanni Malagò sceglie lei, nata a Cittadella (Pd), non a caso… da due nigeriani. Viene spontaneo a questo punto chiedersi a che punto è il disegno di legge sullo ius soli. Già, che fine ha fatto? L’ultima notizia riguarda lo ius scholae bocciato alla dalle camere con Matteo Salvini che nel giugno del 2022 che riunisce i deputati e consegna al capogruppo Riccardo Molinari un messaggio di avviso al premier Draghi: “II Governo si occupi del rincaro del gasolio o è difficile restare”. E aggiunge: “Incredibile, vergognoso e irrispettoso per gli italiani. In questo momento di crisi, drammatica come questo, la sinistra mette in difficoltà maggioranza e governo insistendo su cittadinanza agli immigrati e cannabis anziché occuparsi di lavoro, tasse e stipendi”.
Intanto si avvicina l’inverno del nostro scontento. Già. Dunque prepariamoci.
Paolo De Totero
Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.