Pronta un’offerta per comprare Autostrade?

Palazzo Chigi smentisce. Rixi: il tema non è il nuovo proprietario ma le regole del settore 

Torino – La disputa tra le dinastie piemontesi Dogliani e Gavio è in corso da tempo. Pertanto, l’ipotesi che la società Fininc – la holding della famiglia cuneese Dogliani, leader di un’impresa con interessi che spaziano dal settore vinicolo alle costruzioni – possa essere interessata a formulare un’offerta per Autostrade per l’Italia non sorprende più di tanto.
Indubbiamente, l’operazione è di notevole portata, con un valore stimato in 20 miliardi di euro, comprensivi dei debiti, come riportato da fonti vicine a queste vicende e citate dall’agenzia Bloomberg.
Al momento, però, non ci sono conferme ufficiali.
Due anni fa, il gruppo Gavio, che gestisce gran parte delle concessioni autostradali in Piemonte, ha perso la gara per ottenere la gestione della A21 Torino-Piacenza e della A5 Torino-Quincinetto, che sono state invece assegnate alla società della famiglia Dogliani. Da allora, si è scatenata una serie di ricorsi e controricorsi, una battaglia legale che non è ancora giunta a conclusione.

Palazzo Chigi smentisce mentre Salvini si augura che una proposta arrivi sul serio

All’interno del governo, le reazioni alle voci riguardanti l’offerta di Fininc sono variegate.
Palazzo Chigi ha respinto categoricamente le indiscrezioni, qualificandole come “notizie totalmente prive di fondamento.” Al contrario, il vicepremier e Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, pur affermando che “il governo non ha ancora ricevuto una proposta ufficiale”, ha sottolineato che “se un importante imprenditore italiano riuscisse a raccogliere i fondi per un piano di investimento di vitale importanza per l’Italia, come quello relativo a Autostrade per l’Italia, che comprende la Gronda di Genova, il Passante di Bologna, i lavori sulla A1, la A14 Adriatica e il nodo di Firenze, ciò sarebbe sicuramente di grande interesse.”
Salvini spera che “qualora venisse formulata un’eventuale offerta, questa venga presentata in modo chiaro, al fine di comprenderne appieno i dettagli”.

Niente di nuovo dal quartier generale della Fininc

Dal quartier generale di Fininc non arrivano dichiarazioni ufficiali. Non ci sono conferme riguardo a eventuali trattative da parte dell’azienda, che già si era interessata al dossier Aspi immediatamente dopo il crollo del ponte Morandi, a Genova. La holding della famiglia Dogliani, che negli ultimi anni ha manifestato interesse nella realizzazione di infrastrutture strategiche nel cuore del Piemonte, presentando offerte per il tunnel di base della Tav e per il Parco della Salute, possiede già concessioni autostradali, tra cui quelle della Pedemontana Veneta e della Napoli-Pompei-Salerno, e dispone anche di una concessione in Brasile. Oltre all’esito del ricorso amministrativo per quanto riguarda le concessioni della A21 e della A5, l’azienda è in attesa della decisione sull’aggiudicazione della Via del Mare, che collega Jesolo all’Autostrada.

Rixi: il tema non è il nuovo proprietario ma le regole del settore 

“Il tema non è il nuovoproprietario, il tema sono le regole. Dobbiamo cambiare le regole del settore, perché non sono abbastanza esigenti. Un nuovo proprietario? non diventeremmo più attrattivi”. Lo dice il viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Edoardo Rixi, al termine della prima giornata del Festival delle Regioni a Torino, commentando l’indiscrezione di Bloomberg, smentita in giornata da fonti di Palazzo Chigi, secondo cui Fininc, holding della famiglia Dogliani impegnata prevalentemente nella progettazione e realizzazione di grandi opere infrastrutturali e industriali, dalle principali arterie di traffico stradale, viadotti e gallerie, fino alla siderurgia, starebbe valutando l’acquisto di Autostrade per l’Italia.
“Abbiamo oltre 70 miliardi di investimenti da fare sulla rete autostradale da parte dei privati nei prossimi anni” aggiunge, “dobbiamo trovare una soluzione, perché abbiamo la necessità di ringiovanire il sistema autostradale da subito. Perché, se non partiamo oggi, rischiamo di non avere il tempo per mettere le nuove opere a regime, prima che le attuali siano in uno stato di degrado pesante”.

Secondo il viceministro, in questo modo “potremmo spalmare il costo dell’opera, lungo tutta la sua vita media, e non concentrarlo nei pochi anni residui di una concessione”. Il tema, rimarca, “non è la proprietà ma come è nato il regime concessorio autostradale in questo Paese che ènato per mantenere un’opera presente per l’80% prima della cessione ai privati e non per creare nuovi tratti autostradali. Oggi, che le infrastrutture iniziano ad avere una certa età, l’attuale regime concessorio o viene riaggiornato e ridiscusso anche in ambito europeo, o nonè in grado di dare le risposte che servono. Oggi non posso raddoppiare il pedaggio a un utente mentre è in coda perché tra 10 anni avrà il ponte nuovo, non è fattibile”.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.

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