Monza, 30 arresti per traffico internazionale di droga, riciclaggio e autoriciclaggio

L’operazione, denominata Crypto, ha permesso di individuare un traffico di droga dal porto di Gioia Tauro a Milano. Coinvolto il clan Bellocco di Rosarno

I Carabinieri di Monza – coordinati dalla DDA di Milano – hanno disarticolato un’associazione per delinquere finalizzata al traffico nazionale ed internazionale di sostanze stupefacenti ed armi, riciclaggio e autoriciclaggio. L’AG ha complessivamente contestato agli indagati 221 capi d’imputazione.

Gli arresti

Dalle prime ore dell’alba di oggi, nelle province di Monza Brianza, Milano, Como, Pavia, Reggio Calabria, Catanzaro, Messina, Palermo, Trieste e Udine, gli uomini del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Monza Brianza e dei comandi Arma territorialmente competenti, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misura cautelare personale – emessa dal Gip del Tribunale di Milano su richiesta di quella DDA – nei confronti di 30 persone (26 di nazionalità italiana e 4 marocchina).

Droga per oltre 20 milioni di euro

Lo stupefacente proveniva dal Sud America (prevalentemente dall’Ecuador) e dalla Spagna e arrivava nascosto in container nel porto calabrese di Gioia Tauro per giungere in buona parte a Milano. L’associazione aveva la base operativa nel capoluogo lombardo, dove uno dei principali indagati (una sorta di broker) si occupava di mantenere tutte le relazioni per concludere gli affari di droga, tenendosi comunque in contatto con i complici calabresi indispensabili per l’estrazione in modo “sicuro” della “merce” dal porto.
L’inchiesta ha consentito di ricostruire innumerevoli compravendite di stupefacenti per un totale di 3.051 kg di hashish (del valore alla vendita di circa 12 Milioni di Euro) e 374 kg cocaina (del valore alla vendita di circa 11 milioni di Euro).

Ma anche AK47 e Uzi

Parallelamente al traffico di droga, è emerso un illecito commercio di armi da fuoco comuni e da guerra (mitragliette UZI, fucili da assalto AK47, Colt M16, pistole Glock e Beretta, nonché bazooka e bombe a mano MK2 “ananas”). Gli indagati acquistavano le armi da un fornitore monzese, condannato all’ergastolo per omicidio aggravato ed associazione mafiosa, ma beneficiante di periodici permessi premio durante i quali sviluppa le intermediazioni per le armi .

Le prime indagini e lo smercio della droga su Milano e Monza

Le indagini, iniziate nell’estate del 2020, sono state portate avanti con il ricorso massivo a servizi di pedinamento ed osservazione sul campo, resi indispensabili dall’utilizzo quasi esclusivo dei telefoni criptati da parte degli indagati (da cui il nome dell’operazione), oltre all’attivazione di
intercettazioni ambientali e video anche nei luoghi abitualmente frequentati dagli indagati. È emerso come un commerciante di auto usate di Cusano Milanino (MI), avrebbe operato come broker gestendo l’ingresso e la commercializzazione di enormi quantitativi di droga nel territorio nazionale, con la complicità ed il supporto di appartenenti ad una nota famiglia di ‘ndrangheta, i Bellocco di Rosarno, da tempo operante anche in Lombardia . La droga veniva venduta all’ingrosso per poi essere smerciata sulle piazze di spaccio presenti in Quarto Oggiaro (MI), Cinisello Balsamo (MI) e Monza (MB).

Le comunicazioni criptate

L’indagine ha poi ottenuto un rapido sviluppo mediante il canale di collaborazione Eurojust, delle chat di dialogo tra gli indagati estratte in chiaro dalla piattaforma SKY-ECC  nel corso di una precedente operazione internazionale di polizia coordinata da Europol che ne aveva abbattuto le barriere di codifica informatica. L’analisi della grande quantità di informazioni ottenute – particolarmente utili perché caratterizzate da dialoghi espliciti – incrociate con le intercettazioni e le osservazioni sul terreno raccolte da parte dei Carabinieri di Monza, ha permesso quindi di confermare i sospetti degli investigatori. In particolare gli indagati, convinti dell’inespugnabilità del mezzo di comunicazione criptato, si esprimevano con i loro telefoni “sicuri” in forma esplicita, condividendo fotografie dei pacchi di droga e delle armi trafficate, dettagli di occultamento nei container e contrattando attraverso la messaggistica i prezzi delle vendite. Gli indagati non mancavano di complimentarsi e festeggiare al buon esito dei loro traffici.

Potevano mancare gli orologi di lusso?

Parte degli ingenti guadagni del traffico di droga, venivano reinvestiti in orologi di lusso presso una nota gioielleria del centro di Milano, beni immobili residenziali, attività commerciali, oltre che l’acquisto di nuovi carichi di droga.

 

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