Appello bis per la Strage di Viareggio, i parenti delle vittime: ci hanno fermato perchè il sistema non si può toccare

“La nostra battaglia continua perchè le ferrovie possano essere più sicure per tutti”

Genova – “Non rinuncio”. Solo due parole “dette sottovoce, tanto che fra noi familiari non eravamo sicuri di aver sentito bene”.
A parlare è Daniela Rombi, vicepresidente dell’associazione “Il mondo che vorrei”. La incontriamo alla proiezione del docufilm “Il sole sulla pelle”, organizzata dal comitato La parte che c’è per sabato pomeriggio al Club Amici del cinema di via Rolando, a Sampierdarena.

Il riferimento, invece, è la brevissima frase pronunciata in aula da Mauro Moretti, l’ex Ad di Fs che nel processo di appello bis per il disastro ferroviario del 2009 ha deciso di ribaltare la strategia difensiva e avvalersi della prescrizione.
“La volta precedente aveva rinunciato. Disse che lo faceva perché era innocente e per rispetto dei familiari. Ora vogliamo capire come mai ha cambiato idea”, continua Daniela che non si dà pace anche per le parole della Corte che nel primo appello “gli chiese se era sicuro perchè la scelta avrebbe avuto valore anche in Cassazione”. Invece le cose sono cambiate e adesso vuole vederci chiaro. Lo fa per sua figlia Emanuela, che è morta a 21 anni tra le fiamme della Strage di Viareggio. E lo fa “perchè le ferrovie possano essere un pochino più sicure per tutti”.
“Moretti e il sistema non si potevano toccare”, ne è convinta Daniela che con una punta di orgoglio per le battaglie sue e dell’Associazione ribadisce: “Noi siamo riusciti a mandarlo via. Poi è stata la Cassazione che ci ha fermato”. È inutile, “il sistema non si può toccare. Tutto quello che pensavamo di fare lo hanno bloccato così”.

È una storia lunga tredici anni quella del processo per l’inferno scatenato da 14 cisterne cariche di Gpl, schizzate via dai binari in una notte d’estate. Una storia che è ancora in attesa di giustizia. Sì perchè con le ultime affermazioni di Moretti scattano i meccanismi legali per cui cade per lui l’accusa di omicidio colposo plurimo, mentre restano in piedi solamente quelle di disastro ferroviario, incendio colposo e lesioni colpose.
“Avrà fatto i suoi conti”, continua Daniela sottolineando che “con 7 anni avrà pensato di finire in galera. Invece così l’omicidio colposo è prescritto e in carcere non ci va. È un puro calcolo”.

Nel primo appello, infatti, Moretti era stato condannato a sette anni, conferma del primo grado. La Cassazione, annullando con rinvio la sentenza, aveva stabilito che il manager dovesse specificare nuovamente nell’appello bis l’intenzione di rinunciare o meno alla prescrizione, dal momento che vi aveva rinunciato prima che fosse estinto il reato di omicidio colposo plurimo, poi venuto meno per la caduta dell’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro.

L’8 gennaio 2021, la Corte di cassazione ha deciso di cancellare le aggravanti per il mancato rispetto delle norme antinfortunistiche e quindi ha stabilito che la Strage di Viareggio non era un incidente sul lavoro”.
A spiegarcelo è Maria Nanni, ex capotreno che poi sottolinea le ripercussioni che questa decisione ha avuto sul processo: “Escludendo l’aggravante, l’omicidio colposo non era più plurimo ed è andato in prescrizione”. In più, “i lavoratori, le rappresentanze sindacali, i delegati alla sicurezza che si erano presentati sono stati esclusi dalle parti civili e condannati a restituire le spese legali, che per sei LRS toccavano gli 80.000 euro“. Il danno e la beffa, “per fortuna è intervenuta una sottoscrizione che ha avuto una risposta grande per quanto questo fatto aveva indignato tutto il Paese “.

Ma c’è un altro colpo di scena in questo processo che ha lasciato tutti senza parole: la mancata traduzione in tedesco della sentenza della Cassazione quando “la metà degli imputati sono tedeschi”, ricorda Daniela, tecnici e manager delle aziende coinvolte.
Per questo la Corte d’Appello del tribunale di Firenze ha accolto l’eccezione delle difese e rinviato il processo al 7 aprile.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.