Omicidio in stile mafioso a Ventimiglia: in carcere Domenico Pellegrino

L’uomo è il figlio di quel Giovanni Pellegrino condannato dalla Cassazione per associazione mafiosa insieme ai fratelli Roberto e Maurizio

Ventimiglia – La svolta nelle indagini è arrivata ieri con la confessione di Domenico Pellegrino che ha raccontato ai Carabinieri di Ventimiglia di aver ucciso Joseph Fedele, un sessantenne cittadino francese di origine italiana con precedenti per reati di droga, trovato morto il 22 ottobre scorso in un fosso nella frazione di Calvo, freddato con un colpo alla nuca secondo quelle che il Gip di Genova ha definito “modalità mafiose”.

L’indagine

Le indagini svolte nell’immediatezza e nei giorni successivi al ritrovamento del cadavere, iniziate dalla ricerca dell’identità della vittima rinvenuta con 1.000 euro in tasca ma senza documenti, hanno riguardato anche diversi sopralluoghi nell’area interessata, che è stata sottoposta a un’accurata scerbatura della macchia mediterranea con mezzi meccanici.
Gli investigatori hanno poi scavato nel passato di Fedele, partendo dai contatti che l’uomo avrebbe avuto nei giorni e soprattutto nelle ore precedenti alla scomparsa, anche per capire quali interessi lo avessero portato a Ventimiglia.
Per l’evoluzione delle indagini, infine, è stato determinante rintracciare un veicolo utilizzato il giorno dell’omicidio dai responsabili dei reati contestati. Si tratta un’auto che è stata ritrovata dalle forze dell’ordine a Mentone, e che apparteneva alla vittima.

I successivi accertamenti hanno consentito di acquisire elementi di responsabilità a carico degli indagati che hanno portato al provvedimento cautelare nei confronti di Girolamo Condoluci, 44enne che è finito ai domiciliari per favoreggiamento personale e reale, e Domenico Pellegrino, il 23enne ritenuto coautore dell’omicidio e trasferito nel carcere genovese di Marassi.
Domenico Pellegrino è il figlio di quel Giovanni Pellegrino condannato in via definitiva per 416-bis insieme ai fratelli il 21 gennaio scorso nell’ambito del procedimento “La Svolta” che ha riconosciuto la famiglia come parte del cosiddetto “sottogruppo ‘ndranghetista di Bordighera”.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.