Il “nuovo nuclerare” diventa green e sicuro perchè non produce CO2, ma è sufficiente?

La corsa globale verso un’energia nucleare più economica e sicura si sta intensificando, con la Cina che ha, per adesso, il ruolo di leader grazie alla tecnologia delle centrali al torio

La conquista del mercato dell’energia sostenibile è al primo posto nell’agenda di nazioni e aziende che si stanno contendendo la supremazia energetica puntando a nuove tecnologie di fissione nucleare.

La Cina è in vantaggio

Sfruttando l’esperienza tecnologica degli Stati Uniti, della Francia e della Russia, la Cina ha conquistato un vantaggio strategico con il suo innovativo reattore nucleare, progetto avviato nel settembre 2018 e completato nel 2021, che utilizza, al posto di barre di combustibile solido, torio disciolto in sale fuso che poi viene fatto scorrere nel reattore ad alte temperature. In questa forma il sale liquido funge da refrigerante e richiede una quantità significativamente minori di acqua per il raffreddamento, consentendo di posizionare la centrale anche in luoghi lontani da bacini idrici.

Questa tecnologia innovativa, unita a una strategia ambiziosa di sviluppo nucleare del valore di 440 miliardi di dollari e all’ampia iniziativa della “Cintura e della Via”[1], sta proiettando la Cina alla ribalta dell’innovazione nel campo delle centrali, lasciando al palo paesi come gli Stati Uniti che fanno fatica a tenere il passo.

La centrale al torio offre numerosi vantaggi rispetto ai reattori tradizionali a fissione dell’uranio, tra cui una maggiore sicurezza, una produzione ridotta di scorie e un migliore impiego del combustibile; e Pechino è così convinta che sia la soluzione giusta per arrivare a una decarbonizzazione definitiva, che entro il 2030, la Cina ha in programma di ampliare questa tecnologia con un reattore da 373 MWt.

Energia “pulita e sicura”

La produzione di energia nuclare “pulita e sicura”, e l’aver concentrato gli studi sulle centrali al torio, offre a Pechino, da un lato benefici strategici, perché esporta know how per la costruzione delle centrali al torio, e dall’altro, entro il 2030, le aziende cinesi genereranno ricavi di 145 miliardi di dollari, creando circa cinque milioni di nuovi posti di lavoro solo in questo settore.

Questa strategia commerciale, che non è solo un mero esercizio di espansione economica ma è anche un’azione politica per influire sugli equilibri internazionali,  potrebbe vincolare le nazioni alla tecnologia cinese per decenni,  soprattutto perché molti potenziali utilizzatori di energia nucleare  sono paesi africani dove la Cina si è gradualmente radicata sin dagli anni ’70.

Lo sviluppo dei reattori al torio

Il laboratorio nazionale di Oak Ridge del Tennessee, famoso per il suo ruolo nel Progetto Manhattan, è stato fondamentale nello sviluppo iniziale dei reattori al torio. Fu anche messo in funzione con successo un reattore al torio negli anni ’60 ma alla fine i vertici militari preferirono concentrarsi sullo sviluppo delle centrali a uranio abbandonando ricerca e sperimentazione su quelle al torio.

Produrre energia senza scorie

 Il torio offre un’alternativa complementare all’uranio, che rimane l’unico materiale fissile presente in natura, ma a differenza dell’uranio, i reattori al torio producono poche o nessuna scoria, risolvendo, sembrerebbe, il problema dei rifiuti nucleari a lunga durata.

 L’India, ad esempio, mira a soddisfare il 30% del proprio fabbisogno elettrico con reattori al torio entro il 2050. La Cina, con le sue abbondanti riserve di torio, sostiene di poter utilizzare questa tecnologia per soddisfare le proprie esigenze energetiche per circa 20.000 anni.

In quello che sembra un rovesciamento di ruoli, gli Stati Uniti, un tempo all’avanguardia dell’energia nucleare, si trovano ora a cercare di recuperare il ritardo.

Bill Gates e TerraPower

La produzione di energia nucleare è al centro dell’agenda di molte aziende private americane, e una delle più importanti è la società di reattori nucleari avanzati TerraPower LLC, del miliardario Bill Gates.

Durante il COP28, nel dicembre 2023, TerraPower LLC, e la società nucleare statale degli Emirati Arabi Uniti, ENEC, hanno annunciato di aver fatto accordi per lo sviluppo di reattori avanzati negli Emirati Arabi.

Mohamed Al Hammadi, CEO di ENEC, durante la cerimonia dela firma dell’accordo, ha dichiarato che: ” Gli Emirati Arabi Uniti, si stanno impegnando per un’energia pulita prodotta da reattori avanzati”.

Chris Levesque, presidente e CEO di TerraPower ha aggiunto che”portare le tecnologie nucleari avanzate sul mercato è fondamentale per raggiungere gli obiettivi globali di decarbonizzazione”.

Emirati Arabi Uniti

Gli Emirati Arabi Uniti attualmente hanno una centrale nucleare tradizionale, vicino ad Abu Dhabi, che ha iniziato a produrre elettricità nel 2020. Nel frattempo, TerraPower ha in corso un progetto dimostrativo per il suo reattore avanzato Natrium nello Wyoming, che spera di mettere in funzione nel 2030.

I reattori avanzati sono concepiti per essere più piccoli, più facili da costruire e più dinamici rispetto alle centrali tradizionali e sono considerati da alcuni come un complemento vitale alle fonti di energia intermittente come eolico e solare, tecnologie comunque in rapida espansione.

Un potenziale intoppo, tuttavia, è che i reattori Natrium di TerraPower richiedono come combustibile l’uranio arricchito a basso grado, il cui principale produttore è la Russia, con la quale i rapporti si sono complicati dopo l’invazione dell’Ucraina. Ma TerraPower confida che gli Stati Uniti siano in grado di produrre il combustibile per il progetto Natrium entro i prossimi 10 anni.

Il nucleare nel futuro dell’Africa

Quasi 600 milioni di persone e 10 milioni di piccole imprese in Africa non hanno una fonte affidabile di elettricità.

Sempre più spesso le reti elettriche nazionali non garantiscono la fornitura di elettricità perchè i blackout sono ormai una costante quotidiana in diversi Paesi del continente, soprattutto nell’Africa subsahariana.

Ma nel frattempo, la domanda di energia in Africa sta aumentando a una velocità doppia rispetto alla media mondiale, soprattutto a causa della crescita della popolazione urbana.

La carenza energetica rallenta crescita e sviluppo, complica le condizioni sociali delle collettività, diventa un fattore di malcontento su cui si appoggiano i gruppi armati per fare proselitismo.

La carenza energetica africana è un elemento di insicurezza

In definitiva, la carenza energetica africana è un elemento di insicurezza in un continente che ha nella costruzione di un ambiente sicuro per i propri cittadini una delle sfide cruciali per il futuro.

Diventa logico comprendere quindi la ragione per cui un terzo dei trenta Paesi che attualmente stanno prendendo in considerazione l’energia nucleare si trovi in Africa.

Egitto, Ghana, Kenya, Marocco, Niger, Nigeria e Sudan si sono già impegnati con l’International Atomic Energy Agency (IAEA) per far valutare la loro ambizione strategica per attivare un programma di produzione di energia nucleare.

Anche Algeria, Tunisia, Uganda e Zambia stanno studiando la possibilità dell’uso di sistemi atomici per spingere la transizione energetica e soddisfare le proprie popolazioni.

International Atomic Energy Agency

La presenza dell’International Atomic Energy Agency è una forma di garanzia su questi processi perché  definisce un perimetro all’interno del quale i programmi nucleari devono muoversi.

Perimetro che non può che essere quello civile per scongiurare la possibilità che si verifichino deragliamenti verso l’utilizzo militare, problema reale che va sottovalutato.

Inoltre, la presenza dell’International Atomic Energy Agency (IAEA)  definisce i parametri delle infrastrutture affinché ogni un programma di energia nucleare sia sicuro, protetto e sostenibile, innanzitutto in settori quali la salute e la nutrizione, l’alimentazione e l’agricoltura, l’acqua e l’ambiente e le applicazioni industriali.

Il Sudafrica è l’unico operatore nucleare in Africa con due reattori

 Per ora il Sudafrica è l’unico operatore nucleare in Africa con due reattori nella centrale di Koeberg per un totale di quasi 2000MWe – e Pretoria sta valutando di estendere la vita degli impianti e di ampliare il suo programma.

L’Egitto è molto avanti nei progetti: ha già avviato un programma nucleare e sta costruendo quattro reattori da 1200 MWe a El-Dabaa, sulla costa mediterranea.

Nel settembre 2022, il presidente del Ghana, Nana Addo Dankwa Akufo-Addo, ha approvato ufficialmente l’inclusione dell’energia nucleare nel mix di produzione di energia del Paese.

La Nigeria è nella seconda fase del programma dell’IAEA’s Milestones Approach, avendo già deciso, una decina di anni fa, il sito e ultimato gli studi di fattibilità su tre possibili tecnologie da adottare per la produzione di energia elettrica. Nel 2022 Abuja, capitale della Nigeria, si è dotata di una normativa sul nucleare, aderendo alle legislazioni internazionali.

Leggermente più avanti è il Kenya, entrato nella seconda fase nel 2021, che ha istituito l’autorità nazionale di regolamentazione nucleare, identificando i siti per gli impianti e concentrandosi sulla preparazione della forza lavoro nel settore nucleare.

L’Uganda, nel 2022, ha comunicato l’individuazione preliminare di siti dove piazzare un futuro impianto secondo la roadmap strategica “Vision 2040”, dove il nucleare è già inserito come complemento del mix energetico.

Nel 2023 il Niger ha comunicato di aver portato avanti gli studi richiesti dalla Integrated Nuclear Infrastructure Review della IAEA, strumento studiato per la regolamentazione nellìutilizzo del nucleare.

Cosa è e cosa fa l’ Integrated Nuclear Infrastructure Review (INIR)

Su richiesta di uno Stato membro, e solo dopo che è stata completata l’autovalutazione dei 19 possibili problemi dell’infrastruttura per la produzione di energia nucleare inclusi nell’approccio “Milestones” dell’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica effettua una missione INIR, costituita da un team di esperti internazionali con esperienza diretta sulle infrastrutture nucleari, che offrono raccomandazioni e suggerimenti fornendo una valutazione completa per garantire che l’infrastruttura sia sicura, sostenibile e che l’energia nucleare venga sviluppata e implementata in modo responsabile e sicuro.

Il progetto ITER

ITER è un progetto unico che mira a costruire la macchina per la fusione più grande al mondo. Promuovendo l’innovazione e la collaborazione internazionale, il progetto crea crescita economica e opportunità di lavoro, ponendo nel contempo l’UE in prima linea nella ricerca mondiale sulla fusione.

I lavori di costruzione sono iniziati nel 2007 a Cadarache, nel sud della Francia, in un sito di 42 ettari che ospita oggi il reattore nucleare tokamak, infrastrutture e impianti di alimentazione. ITER è uno dei progetti ingegneristici più complessi della storia, in quanto richiederà milioni di componenti per assemblare il reattore gigante che avrà un peso di 23 000 tonnellate.

Il progetto deriva dall’accordo ITER, firmato da 7 partner nel 2006: Cina, Euratom (rappresentata dalla Commissione europea), India, Giappone, Corea del Sud, Russia e Stati Uniti.

Ogni partner dispone di un’agenzia nazionale che gestisce i contributi e regola i rapporti all’interno del progetto. Per l’Unione europea, l’agenzia è “Fusion for Energy” e ha sede a Barcellona, in Spagna.

Oltre alle attività di ITER, l’UE sostiene anche attività di ricerca, istruzione e formazione nel campo della fusione attraverso il consorzio EUROfusion, finanziato dal programma Euratom di ricerca e formazione 2021-2025.

Gli investimenti nel nucleare

Contemporaneamente alle attività di sviluppo tecnologico in consorzio, ogni Paese che partecipa a progetti internazionali, sviluppa una propria politica energetica in maniera indipendente, mettendo a bilancio cifre impressionanti. Ad esempio, il Regno Unito si è impegnato a destinare 650 milioni di sterline fino al 2027 per gli sviluppi nella fusione. La Germania ha stanziato un miliardo di euro per la ricerca sulla fusione in cinque anni.

Secondo quello che è emerso nell’ambito dei lavori del 16° Forum europeo sull’energia nucleare che si è tenuto a Bratislava, in Slovacchia a novembre 2023, l’Unione europea stima di dover investire tra 350 e 450 miliardi di euro in nuova capacità nucleare per sostituire le unità dismesse e mantenere più o meno la stessa capacità di produzione di oggi.

Il “sole artificiale”cinese

La Cina ha annunciato la creazione della China Fusion Energy Inc., una società statale dedicata alla costruzione di un reattore a fusione nucleare, formata da un consorzio di 25 aziende e enti, guidato dalla China National Nuclear Corporation (CNNC), grazie al quale il paese mira a superare le sfide della decarbonizzazione con lo sviluppo di una fonte di energia pulita e sicura.

La fusione nucleare, paragonata a un “sole artificiale”, offre energia senza produrre rifiuti radioattivi a vita lunga né contribuisce al riscaldamento globale. In apparenza sembrerebbe tutto molto positivo.

L’idea di utilizzare il torio come combustibile per le centrali nucleari non è nuova

L’idea di utilizzare il torio come combustibile per le centrali nucleari non è nuova, perché fu proprio un italiano, Carlo Rubbia, a (ri) proporla alcuni anni fa.
Questo approccio si basa su un principio fondamentale: sostituire con il torio l’uranio o il plutonio nelle reazioni nucleari.

Il torio è presente in molti paesi

Il torio è presente in quantità maggiori sulla Terra rispetto all’uranio ed è in grado di produrre energia a temperature notevolmente più basse.

Ci sono diversi vantaggi nell’utilizzare il torio invece dell’uranio nelle centrali nucleari. Le reazioni nucleari indotte dal torio richiedono una stimolazione continua, rendendo essenzialmente impossibili le esplosioni, a differenza delle centrali tradizionali alimentate ad uranio.

Il torio è ampiamente distribuito in molti paesi, incluso l’Italia, e nei paesi in via di sviluppo, riducendo la dipendenza da paesi proprietari di giacimenti di uranio e i relativi controlli dei prezzi di mercato.

Dal torio non è possibile estrarre plutonio, rendendo impossibile la produzione di ordigni nucleari. La produzione energetica per unità di peso sarebbe fino a 250 volte maggiore rispetto a un impianto alimentato ad uranio. Le scorie radioattive prodotte dal torio hanno una vita significativamente minore rispetto all’uranio, contribuendo a ridurre l’impatto ambientale a lungo termine.

Tuttavia, ci sono anche degli svantaggi simili a quelli delle tecnologie nucleari tradizionali.

Sussistono preoccupazioni per la salute pubblica riguardanti i potenziali effetti nocivi delle radiazioni, sebbene in misura minore rispetto alle centrali tradizionali alimentate ad uranio. È necessario stoccare le scorie prodotte, anche se la loro radioattività diminuisce più rapidamente rispetto alle scorie di uranio.

 Proliferazione nucleare

Tuttavia, dietro questa visione positiva si nascondono gravi preoccupazioni riguardo alla proliferazione nucleare. Il riprocessamento chimico del torio irradiato, se condotto su piccola scala, potrebbe generare isotopi di uranio utilizzabili in armi nucleari, sollevando legittimi timori sulla sicurezza.

Un elemento critico da considerare è il percorso di decadimento del protattinio, un elemento generato durante il processo di irradiamento del torio. Questo percorso può portare alla produzione di isotopi di uranio adatti per scopi militari, trasformando così il torio non solo in una fonte di energia, ma anche in una potenziale minaccia di proliferazione nucleare.

Di conseguenza, diventa essenziale monitorare attentamente le tecnologie correlate al torio per garantire che i vantaggi dell’utilizzo di questo elemento non siano compromessi da scopi militari.

Inoltre, sono necessari controlli rigorosi sull’irradiazione a breve termine dei materiali a base di torio e sul riprocessamento in impianti nucleari per prevenire l’acquisizione e l’uso illecito di tecnologie e materiali nucleari per scopi militari.

Nucleare pulito? I pro e i contro

Il concetto di “nuovo” nucleare abbraccia una serie di tecnologie innovative che promettono di rendere l’energia nucleare più sicura, efficiente ed economica.

Riduzione dei rifiuti radioattivi

Il “nuovo” nucleare si avvale di reattori  che producono significativamente meno rifiuti radioattivi rispetto alle generazioni precedenti. Inoltre, alcune tecnologie prevedono il riciclo del combustibile esausto, ulteriormente riducendo la quantità di rifiuti prodotti.

Sicurezza

I nuovi reattori  sono progettati con una maggiore sicurezza. Ad esempio, l’uso di refrigeranti come il sodio liquido aumenta la sicurezza in caso di incidenti rispetto all’uso tradizionale di acqua

Efficienza nergetica

Il “nuovo” nucleare promette di essere più efficiente dal punto di vista energetico, consentendo un utilizzo più efficace del combustibile nucleare e un aumento della produzione di energia per unità di combustibile utilizzato.

Tuttavia, esistono anche possibili svantaggi da considerare:

Costi elevati

Lo sviluppo delle tecnologie necessarie richiede investimenti significativi, e i costi possono aumentare ulteriormente durante la fase di sperimentazione e implementazione.

Sfide legate alla sicurezza

Nonostante i miglioramenti progettuali, esiste sempre il rischio di incidenti o malfunzionamenti, con le centrali nucleari che possono essere potenziali bersagli per attacchi terroristici.

Disponibilità del combustibile

La disponibilità di combustibile nucleare potrebbe essere un problema, e il processo di estrazione può avere impatti ambientali negativi. Quanto al suo impatto ambientale, sebbene il nucleare non produca gas serra direttamente, esistono comunque preoccupazioni come l’estrazione, che richiede notevoli quantità di energia e acqua, con possibili impatti negativi sull’ambiente circostante.

Gestione dei rifiuti radioattivi e possibilità di incidenti

Anche se ridotti, i rifiuti radioattivi devono essere gestiti attentamente per evitare contaminazioni ambientali. Nonostante i miglioramenti nella progettazione, incidenti o malfunzionamenti possono ancora verificarsi, con conseguenze ambientali e per la salute.

[1] Annunciata in due fasi dal presidente Xi Jinping e dal premier Li Keqiang, la strategia “Una cintura e una via” è il nuovo orientamento della politica estera di Pechino su cui oggi sembrano concentrarsi quasi tutte le discussioni tra esperti d’Asia. Presentata al mondo nel 2013 ad Astana come “Cintura economica della via della seta”, e poi mesi dopo in Indonesia come “Via della seta marittima del XXI secolo”, le finalità di questa nuova strategia non sono sempre ben definite. Per capire meglio l’indirizzo che la Cina sta prendendo bisogna guardare a ciò che Pechino sta facendo in Asia centrale: è l’Asia centrale, infatti, la pista di lancio di questa nuova iniziativa.

Fonti:

https://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20220701IPR34365/tassonomia-si-all-inclusione-di-attivita-dei-settori-del-gas-e-del-nucleare
https://www.iaea.org/
https://energy.ec.europa.eu/news/european-nuclear-energy-forum-2023-discusses-benefits-european-small-modular-reactors-smrs-2023-11-07_en

Natrium™ Reactor and Integrated Energy Storage


https://www.enec.gov.ae/about-us/leadership-and-governance/board-of-directors/mohamed-al-hammadi/
https://www.iaea.org/publications/10957/integrated-nuclear-infrastructure-review-inir-missions-the-first-six-years

 

 

Fabio Palli

Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *