La tensione in Medio Oriente continua a crescere: Israele sotto accusa per presunte violazioni dell’ordine della Corte Internazionale di Giustizia

Mentre Israele si trova sotto i riflettori della comunità internazionale per presunte violazioni dell’ordinanza della CIJ, la situazione nella Striscia di Gaza continua a destare preoccupazione per le sue implicazioni umanitarie e geopolitiche

La Corte Internazionale di Giustizia (CIJ) dell’Aja ha emesso l’ordinanza n. 192 il 26 gennaio 2024, ponendo l’attenzione su Israele e le sue azioni nella Striscia di Gaza.
Secondo quanto riportato dalla relatrice speciale dell’ONU per i territori occupati, Francesca Albanese, Israele sembra non aver rispettato gli ordini impartiti quindici giorni fa dalla CIJ, richiedendo la sospensione di tutte le attività che potrebbero configurare un genocidio.

L’ordinanza della CIJ ha stabilito che Israele avrebbe dovuto fare tutto il possibile per “prevenire possibili atti genocidari” nella Striscia di Gaza e consentire l’accesso agli aiuti umanitari. Tuttavia, Albanese ha sottolineato che nonostante i negoziati e le richieste, non si è registrato un adeguato rispetto degli ordini emanati.

Il governo israeliano aveva a disposizione tempo fino al 23 febbraio per presentare un resoconto alla CIJ su quanto fosse stato fatto per adempiere ai sei ordini emessi dal tribunale, incluso il miglioramento della fornitura di aiuti umanitari e la cessazione dell’incitamento al genocidio.

Tuttavia, funzionari occidentali di alto livello hanno dichiarato che nonostante gli sforzi di negoziato con le autorità israeliane, non si è registrato che un miglioramento marginale e incrementale rispetto alla decisione della CIJ del 26 gennaio. Si è parlato di una situazione che, al contrario, è definita come grave e in costante deterioramento.

L’ordinanza della CIJ non ha richiesto un cessate il fuoco immediato da parte di Israele

L’ordinanza della CIJ non ha richiesto un cessate il fuoco immediato da parte di Israele, come richiesto dal Sudafrica, ma ha imposto ordini che dovevano avere un impatto pratico sulla situazione. In particolare, Israele è stato obbligato a prendere misure per prevenire l’incitamento al genocidio nei confronti dei Palestinesi a Gaza e a garantire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria.

Numerosi avvocati hanno interpretato queste disposizioni nel senso che gli atti menzionati non sarebbero vietati a Israele, a condizione che fossero compiuti senza intenti genocidi. Tuttavia, Albanese ha sostenuto una diversa interpretazione, affermando che la CIJ aveva ordinato a Israele di cessare tutte le attività che potrebbero costituire un genocidio.

Albanese ha evidenziato che nonostante le disposizioni della CIJ, la violenza e la demolizione delle infrastrutture civili a Gaza sono proseguite, aggravando ulteriormente le difficili condizioni di vita nella regione. Ha sottolineato che le vittime non sono solamente il risultato diretto di attacchi armati, ma anche delle scarse forniture mediche, dell’accesso inadeguato a cibo e acqua potabile, e delle condizioni di vita precarie.

La comunità internazionale ha monitorato da vicino la situazione, con diverse nazioni che si sono espresse sull’importanza del rispetto delle disposizioni della CIJ da parte di Israele. Tuttavia, l’opposizione degli Stati Uniti a una risoluzione delle Nazioni Unite che sostiene gli ordini della CIJ ha evidenziato le divisioni e le complessità diplomatiche legate alla questione.

Mentre Israele si trova sotto i riflettori della comunità internazionale per presunte violazioni dell’ordinanza della CIJ, la situazione nella Striscia di Gaza continua a destare preoccupazione per le sue implicazioni umanitarie e geopolitiche.

Le operazioni militari

Sul fronte delle operazioni militari, l’esercito israeliano ha intensificato i bombardamenti nell’area di Rafah, situata sulla punta meridionale della Striscia di Gaza, nel contesto di crescenti tensioni nella regione. L’azione è stata scatenata dopo che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato la preparazione di un “piano di evacuazione” per i civili presenti nella zona, in vista di una possibile offensiva terrestre.

Testimoni hanno segnalato attacchi nei pressi della città di Rafah, densamente popolata da circa 1,3 milioni di palestinesi, molti dei quali si sono rifugiati lì per sfuggire ai conflitti più a nord. Secondo quanto riferito dal ministro della Sanità di Hamas, sono stati contati 110 morti, di cui 25 solo negli attacchi a Rafah. La situazione è stata descritta come caratterizzata da “intensi combattimenti” nell’ospedale Nasser di Khan Yunis.

Le forze israeliane hanno anche preso d’assalto l’altro ospedale principale della città, al-Amal, dopo aver già mirato a Gaza City e Khan Yunis. Si segnala che Israele sta ora pianificando un’operazione di terra nella città di Rafah, al confine con l’Egitto, come parte della sua offensiva militare contro il movimento islamista palestinese Hamas.

Le azioni militari israeliane nella Striscia di Gaza hanno suscitato preoccupazioni a livello internazionale per le loro possibili conseguenze umanitarie e geopolitiche. La comunità internazionale rimane impegnata nel cercare una soluzione diplomatica alla crescente violenza nella regione.

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