Processo ponte Morandi, l’ingegnere: ripristino “conservativo” delle pile 9 e 10? Mai realizzato

A raccontare i fatti in aula è Bernardo Rinaldi che ieri è stato ascoltato come teste davanti al tribunale genovese

Genova – Mancate manutenzioni. Una frase che ricorre piuttosto spesso nel processo sul crollo di ponte Morandi, il viadotto sul torrente Polcevera che ha ingoiato 43 persone in una cascata di detriti e cemento.
A raccontare i fatti in aula l’ingegner Bernardo Rinaldi che ieri è stato ascoltato come teste davanti al tribunale genovese. L’attenzione è fissata sulle pile 9 e 10. E la pila 9 è quella crollata il 14 agosto 2018.
Ecco, Rinaldi ha testimoniato che il progetto di ripristino “conservativo” di queste due pile non è mai stato realizzato. Esso prevedeva la rimozione del calcestruzzo superficiale che si stava staccando e l’applicazione di una vernice impermeabilizzante per limitare le infiltrazioni di acqua.

Nel corso dell’udienza, Rinaldi ha spiegato che nel progetto esecutivo gli oneri di sicurezza erano molto elevati e ha poi dichiarato che “è chiaro che se devo eseguire lavori anche di poco conto in zone difficili da raggiungere, i costi provvisionali possono superare quelli dei lavori stessi.” Ma quegli elevati oneri di sicurezza avrebbero consentito “di mantenere aperto il traffico durante le fasi di lavorazione, mettendo solo delle reti a protezione della sede stradale. Il traffico sarebbe stato chiuso solo durante il montaggio e lo smontaggio del cantiere”.
E invece nulla di fatto.

Anni dopo, Rinaldi è stato incaricato di realizzare un progetto di rinforzo strutturale delle travi dell’impalcato del ponte. Quel progetto si basava su indicazioni quantitative ottenute da prove riflettometriche.
Lo ha fatto notare in udienza l’avvocato Massimo Ceresa Gastaldo, difensore di alcuni imputati, che ha presentato una relazione di Most – la società che per anni aveva seguito proprio queste prove non invasive – datata 14 giugno 2011, dove si evidenziava una riduzione stimata della sezione globale della precompressione nella trave numero 5 compresa tra il 18% e il 23%. Secondo l’avvocato, le prove riflettometriche avrebbero fornito in questo caso un dato quantitativo.
Ma sull’attendibilità di queste verifiche vi sono molti dubbi.

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