Mio caro Mario

Caro Mario,

collega con cui ho condiviso chiacchiere, interviste, articoli e, a volte, qualche sciocchezza gettata lì giusto per farci sorridere – magari  proprio per stemperare la tensione – te ne sei andato e lascerai un vuoto grandissimo. Un vuoto enorme per chi ti ha conosciuto e ti ha apprezzato prima come collega, come è accaduto a me; poi come capo. E infine come docente.

Ci hai lasciato in un periodo terribile per quelli della mia generazione che con te hanno condiviso il fare informazione su una piazza come quella genovese e quella ligure.

Annota sul suo profilo social Marcello Zinola, per lungo tempo segretario dell’Associazione ligure giornalisti, in un post con il titolo “Un lungo inverno di addii… Mario Bottaro, cambiamenti e futuro non lo spaventavano”. E scrive: “Donata Bonometti, Gianfranco Sansalone, Frank Borsarelli, Giancarlo Moscatelli, Giorgio Bergami, Bruno Bini, oggi Mario Bottaro. E’ stato un lungo inverno di addii che sembra ostinarsi a non finire. Mario Bottaro al di là delle sue qualità professionali, non aveva timori del futuro: dobbiamo stare dentro e saperlo governare e affrontare il nuovo pena l’essere spazzati via, lo aveva ripetuto spesso quando nel nostro mondo dei media di fronte alle rivoluzioni e allo sconquasso tecnologico più d’uno era convinto dell’immortalità di penna e macchina da scrivere.

A Il Secolo è stata una figura importante ma era un altro mondo. Avrei diversi ricordi di lavoro e no, anche nelle diversità di opinioni ma ciascuno di noi che ha lavorato e condiviso con lui li conserva nella propria memoria”.

Giusto così. Io mi ricordo del Mario Bottaro, sornione, sorridente ed amichevole proprio nel periodo in cui ho iniziato a fare il praticante a “Il Corriere Mercantile”. E l’ho scritto anche sul mio profilo: “Mi dispiace immensamente. È un pezzo ancora ben vivo del mio passato che se ne va…io e Mario abbiamo condiviso, insieme ad una pattuglia di altri colleghi, il parterre riservato alla stampa della sala rossa di palazzo Tursi, assistendo alle interminabili sedute del consiglio comunale.

Il sindaco allora in carica, il compianto Fulvio Cerofolini, era aduso , a mezzanotte circa, a sospendere i lavori e a richiedere la conta dei consiglieri presenti per far votare i mutui. Altri tempi, anche per la professione. Che la terra ti sia lieve”.

Un collega che non ti faceva pensare mai la sua maggiore anzianità di servizio, che ti accoglieva con il suo sorriso, sempre pronto a darti un consiglio, ma mai con saccenza.

E ci siamo incontrati spesso, percorrendo le nostre strade professionali parallele di giornalisti in concorrenza che lavoravano per due testate cittadine diverse. Io per un giornale del pomeriggio sempre pronto a inseguire le notizie.

Magari quelle già lette su una corazzata come “Il Secolo XIX” per trovare un risvolto che facesse notizia, uno spunto nuovo, a volte soltanto un punto di vista di altro tipo. In perenne rincorsa. Dall’altra parte i colleghi più conosciuti e noi un manipolo sempre pronto a trovare risvolti che ci permettessero un titolo accattivante.

Caro Mario, poi ci siamo persi. Ti seguivo sul tuo profilo social con le tue passeggiate per i boschi in cerca di funghi. Avrei voluto incontrarti, anche quando già insegnavi ai giovani la pratica del giornalismo che, come me, pensavi fosse un lavoro da artigiano, come a bottega. A rubare i segreti del mestiere e ad impratichirsi della tecnica.

Pensavo di incontrati prima o poi. Per parlare della nostra professione con l’avvento dei social, con lo strapotere dei comunicati stampa e dei comunicatori. Con le interviste ai politici che si negavano alle domande scomode. E dei colleghi che con il microfono in mano erano costretti ad abbozzare quando i politici non rispondevano e passavano oltre. Giusto per rispondere furbescamente ad altre domande che non li mettessero alle strette.

Così qualche giorno fa vedendo su PrimoCanale un vecchio spezzone di una trasmissione in cui intervistavi in un ambiente gremito Silvio Berlusconi, a Genova per la campagna elettorale del 1993, non ho potuto resistere e ho postato sul mio profilo: “ Cerca la  Differenza”

Ho potuto rivedere su Primocanale in “La storia”  un’intervista elettorale del 1993 a Silvio Berlusconi. Giusto 30 anni fa. Ma quanto è bravo Mario Bottaro. Getto lì, tanto non mi segue nessuno, comunque. Dovrebbero fare vedere questi filmati agli allievi delle scuole di giornalismo.

E poi… la politica attuale, quanti passi indietro”. So già che nelle tue vesti di docente avresti obiettato qualche cosa sulla mia passione per i tre puntini sospensivi. Perciò da lassù, se puoi, perdonami.

E poi, sotto a quel post, un unico commento di Diego Curcio, giovane collega che è cresciuto con me a “Il Corriere Mercantile”: “ Mario Bottaro è stato relatore della mia tesi e, se posso permettermi, è soprattutto un buon amico”.

Già un buon amico anche per generazioni di colleghi che sono venuti dopo, e con noi sono in qualche modo cresciuti. Un buon amico un buon insegnante che avrebbe aspirato al “O capitano ! Mio capitano” della poesia di Walt Whitman, più nota per il film “L’attimo fuggente” di Peter Weir con Robin Williams. Film di formazione del 1989.

Quello stesso Diego Curcio che giusto due settimane dopo, il giorno della tua scomparsa, ha postato sulla pagina del tuo profilo: “Addio Mario Bottaro. Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Che è stato tantissimo, a partire da quella stupida tesi sul punk. Ti ho voluto davvero bene”.

E sono stati davvero tanti, i colleghi, i tuoi allievi, anche i molti innamorati della nostra professione, che poi hanno deciso di fare altro e di seguire strade professionali nuove, che hanno deciso di scriverti sul tuo profilo social.

Tutti ti ringraziano per il tuo sorriso, per il tuo sguardo sornione, per la sfrangiatura  dei capelli, penitenza che dovevano subire, magari quando commettevano strafalcioni o errori grossolani. Ringraziamenti postumi persino per qualche cazziatone.

Era la professione ai nostri tempi, era l’autorevolezza di chi per spirito di servizio cercava di insegnare, di tramandare, di impedire di incorrere in errori in cui anche noi eravamo incappati a suo tempo, e in qualche modo avevamo superato. Con la tecnica.

Caro Mario il 25 maggio, solo qualche giorno prima che trapassassi ti avevo fatto gli auguri. Non sapevo che stessi lottando con la tua malattia. Solo auguri, come faccio di solito con tutti, amici social e persone a cui mi legano percorsi comuni e sensazioni più profondi.

Giusto qualche giorno fa mi sono lasciato attrarre da una serie “Funny Woman” su Sky. Una serie tratta da un libro del 2014 di Nick Hornby “Funny Girl”.

La storia di una giovane miss di provincia che approda a Londra nel 1964 e corona il sogno di diventare attrice. Il personaggio di una sit-com che affronta temi rivoluzionari per l’epoca, dal femminismo all’omosessualità. Erano gli anni della nostra formazione.

Con mia madre che vedeva in me un predestinato. Un futuro potenziale giornalista. E mi sarebbe piaciuto incontrati per parlarne con te.

Per parlare con te della nostra professione che abbiamo maturato negli anni settanta e ottanta, fino a diventare giornalisti.

Mi sarebbe piaciuto ma non ho fatto in tempo. Mi sarebbe piaciuto vedere spuntare quel tuo sorriso sornione.

Gli anni, purtroppo, corrono veloci. Tu ne avevi da qualche giorno compiuto 76. Io mi approccio ai 70. E ogni tanto mi capita di pensare – spesso per la verità – che tutto per noi lavoratori dell’informazione, per noi, vecchi artigiani, è cambiato tutto troppo velocemente. E a volte – persino troppo spesso per la verità – pur in pensione, mi capita di non ritrovarmici più.

Le redazioni son state falcidiate, gli editori pensano solo a far cassetta e non ci sono più, purtroppo, i capi/insegnati di una volta che nelle redazioni costituivano anche una sorta di memoria storica della città.

E ho pensato che prima o poi ci rincontreremo. E allora avremo tempo a disposizione per parlarne. E per ripercorrere con qualche nostalgia i percorsi comuni. Per capire se quei timori per il futuro quel “dobbiamo stare dentro e saperlo governare e affrontare il nuovo pena l’essere spazzati via” che ripeteva spesso quando nel nostro mondo dei media di fronte alle rivoluzioni e allo sconquasso tecnologico più d’uno era convinto dell’immortalità di penna e macchina da scrivere, non abbiano aperto le porte ad un giornalismo diverso in cui il profitto finisce per avere la meglio sull’informazione.

O capitano! Mio Capitano – perdonami se ancora una volta eccedo con i puntini di sospensione – … che la terra ti sia lieve, caro Mario.

Con affetto.

Il funerale di Mario si terrà lunedì 5 giugno, ore 10, nella basilica di Carignano. la moglie Laura, rispettando il pensiero di Mario, non vuole fiori o telegrammi, ma per chi volesse sono preferibili eventuali donazioni a favore della ricerca sul cancro per la cura delle metastasi ossee: Camera ardente all’istituto Danilo Ravera.

Ai familiari le mie condoglianze.

Paolo D Totero

Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta

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