Sequestri per 1 milione di Euro. Le accuse sono di traffico di droga, detenzione di armi da guerra e turbativa d’asta
Reggio Calabria – Questa mattina, in varie province del territorio nazionale, i Carabinieri del Gruppo di Gioia Tauro, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di applicazione di misure cautelari personali, emesse dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, a carico di 49 soggetti – 34 in carcere e 15 agli arresti domiciliari.
I Piromalli
Le indagini, hanno coinvolto l’organizzazione della cosca Piromalli – di cui è consolidata supremazia nel narcotraffico e l’incidenza territoriale nel controllo della «Piana», e hanno consentito di accusare gli indagati per i reati di: «associazione di tipo mafioso», «concorso esterno in associazione di tipo mafioso», «porto e detenzione di armi comuni e da guerra»; «estorsioni»; «danneggiamento seguito da incendio»; «turbata libertà degli incanti»; «importazione internazionale di sostanze stupefacenti».
Operazione Hybris
I provvedimenti restrittivi seguono una complessa attività investigativa, condotta dal Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Gioia Tauro tra il 2020 e il 2021. L’operazione, denominata «Hybris», ha permesso, arresti a parte, anche il sequestro preventivo di un’azienda, attiva nel settore della trasformazione dei prodotti agricoli, e di due proprietà immobiliari utilizzate per agevolare le attività criminali della cosca e che rappresentano il profitto delle medesime attività delinquenziali, per un valore complessivo stimato in circa 1 milione di Euro.
Vari sono i temi che contraddistinguono l’indagine «Hybris»
Bisogna, in prima battuta, riferirsi al dato temporale: l’indagine fotografa le dinamiche della cosca nei mesi antecedenti alla scarcerazione di Giuseppe Piromalli, dopo oltre un ventennio di carcerazione. In questo senso, viene registrato l’attività dei consociati per chiudere un periodo dei transizione caratterizzato da vari personalismi, per restituire il comando a Giuseppe Piromalli.
Il tentativo di pace con i Molè
In tema di unità si deve registrare anche il riavvicinamento tra le cosche Piromalli e Molé, tornate a dialogare a distanza di 15 anni dall’omicidio di Rocco Molé cl. 1965, avvenuto il 1° febbraio 2008, ritenuto il termine di un periodo di duopolio nella Piana di Gioia Tauro. L’intento dei luogotenenti dei Piromalli – per come si capisce dalle intercettazioni – appare quello di ripristinare una partnership con i Molé, che avrebbe reso più semplice il raggiungimento degli obiettivi strategici di natura illecita.
L’incendio di un peschereccio e la guerra tra le cosche
Il punto di incidenza che segna il rinnovato dialogo prende spunto dal controllo del mercato ittico di Gioia Tauro. La ricostruzione dell’incendio di un peschereccio in un cantiere navale alla Tonnara di Palmi nell’ottobre 2020 ha permesso di dimostrare come l’evento fosse stato pianificato dalla cosca Molé, perché il proprietario dell’imbarcazione non aveva conferito il pescato al mercato ittico di Gioia Tauro, disattendendo le imposizioni mafiose relative alla gestione dell’intero settore.
La distruzione del peschereccio, reso inutilizzabile, ha innescato una dinamica criminale di estremo interesse, in quanto la vittima, invece di ricorrere alle strutture preposte, ha ritenuto utile cercare la copertura mafiosa dei componenti della cosca Piromalli. In buona sostanza, una dinamica trasversale che ha reso necessario un dialogo tra le due anime criminali di Gioia Tauro, il cui punto apicale è stato rappresentato da un summit effettuato all’interno dell’area cimiteriale del centro più importante della «Piana».
La cosca Piromalli “casa madre” che, come tradizione mafiosa, controlla il territorio
Le operazioni svolte, nel loro complesso, hanno restituito un quadro chiaro sul controllo minuzioso del territorio effettuato dai componenti della cosca Piromalli. Un controllo effettuato in maniera pervasiva che consentiva ai mafiosi di conoscere ogni singola iniziativa economica.
Conseguentemente, i proventi dei traffici illeciti venivano ripartiti nella parte sostanziale verso la «casa madre», le cui donne ricevano parte dei profitti estorsivi.
Il monitoraggio ha restituito l’immagine di una «‘ndrangheta economica», sempre alla cerca del profitto, ma anche saldamente legata ai simboli ed alle tradizioni criminali.
Il racket delle guardianie e le estorsioni
Tra le forme di aggressione del territorio gli esponenti della cosca attuavano anche un diffuso racket, con particolare incidenza verso quello delle cosiddette «Guardianie»,estorsioni nei confronti dei proprietari dei fondi agricoli i quali, pagando una quota annuale alle rappresentate della cosca competente per territorio, evitano che i terreni vengano depredati dei raccolti o danneggiati nelle culture.
Le armi
Il controllo del territorio avveniva anche attraverso l’uso delle armi che venivano tenute in custodia a persone fidate, utilizzando depositi differenti per evitare eventuali sequestri massicci da parte delle forze dell’ordine.
La capacità occupazionale della cosca
Un’altra manifestazione criminale rilevata durante le indagini ha riguardato l’imposizione delle assunzioni a beneficio degli appartenenti alla cosca. In particolare, è stato documentato come un imprenditore sia stato costretto ad assumere un appartenente alla cosca in una fabbrica attiva nella zona industriale del porto di Gioia Tauro. Il responsabile della ditta, oltre a non poter scegliere le maestranze da assumere, non poteva neanche sindacare sul rendimento e sull’apporto lavorativo dei malavitosi assunti.
Le mire per beni banditi nelle aste giudiziarie
Non poteva mancare l’interesse dei Piromalli nella gestione immobiliare della zona industriale prospiciente al porto di Gioia Tauro. Un atteggiamento incurante delle iniziative rivolte a regolamentare questo settore, considerato il principale volano che avrebbe dovuto contribuire a valorizzare la zona del «retroporto» di Gioia Tauro. Beni «banditi all’incanto» verso i quali sono stati rilevati convergenti interessi per la loro aggiudicazione, dove chi non era gradito agli esponenti della malavita locale veniva preventivamente scoraggiato a partecipare.
Le relazioni radicate con le altre mafie
In due diverse circostanze gli indagati hanno avuto la necessità di operare fuori dalla Calabria e lo hanno fatto rivolgendosi agli omologhi esponenti criminali del posto, inseriti rispettivamente nei consessi di criminalità organizzata pugliese e siciliana. Un ambito nel quale sono state rilevate le alleanze trasversali tra le organizzazioni. In entrambe le circostanze gli esponenti dei Piromalli hanno fatto leva sull’intimidazione dei criminali che potevano esercitare il loro potere mafioso nella zona di interesse.
Inoltre, in uno scenario di vita criminale, sono stati richiamati i rapporti tra gli esponenti della «mafia siciliana» e quelli della «‘ndrangheta calabrese», disegnando uno scenario storico lungo oltre trent’anni e che apre un ulteriore scorcio sulle alleanze tra le diverse matrici mafiose nei primi anni novanta.
Le importazioni dello stupefacente dal Sudamerica
Un settore criminale ricorrente in ogni attività di contrasto alle maggiori cosche della ‘ndrangheta, risulta essere quello dei traffici di grosse partite di stupefacente, soprattutto di «cocaina». Il mercato degli stupefacenti ha modificato nettamente l’approccio criminale: dalla contrapposizione alla federazione delle cosche per effettuare l’importazione di enormi quantitativi di droghe. Il sistema di collaborazione tra le diverse realtà della ‘ndrangheta garantisce minori spese e notevoli facilitazioni, oltre all’intuibile riduzione di quello che potremmo definire come il «rischio d’impresa» in caso di sequestri.
La cocaina dal Brasile
In questo ambito un appartenente alla cosca si era impegnato per “importare, in due differenti circostanze, 298 kg e 216 Kg. di cocaina, la prima sequestrata presso il porto di Santos, la seconda al porto di Gioia Tauro, occultata in un container trasportato da una motonave proveniente dal Sud America.”
I ruoli attivi di soggetti delle istituzioni e di un sacerdote
Nell’ambito delle contestazioni effettuate è stata ipotizzata una «rilevazione del segreto d’ufficio» in favore degli appartenenti alla cosca Piromalli da parte di un appartenente alle Forze dell’Ordine, forse con il ruolo di informatore, e di un sacerdote al quale è stata contestata la «compiacenza» nel redigere dichiarazioni «di comodo», che gli appartenenti al sodalizio potevano utilizzare per ottenere benefici e misure alternative alle pene.
Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta