Campagna elettorale cabaret

Andrea Di Marco, l’unico professionista

Vi rassicurerò, a scanso di possibili equivoci, annunciando, sin dall’inizio, che fra i personaggi citati nel mio articolo non ci sarà Andrea Di Marco, unico, per quanto personalmente ne possa capire, a potersi fregiare, e a pieno titolo, per fama ma anche per indiscusse capacità professionali, della nomea riconosciuta di cabarettista.

Anche se il Di Marco, genovese doc, membro del collettivo comico Bruciabaracche, volto e fondatore del movimento estremista ligure-Basta milanesi, goliardico partito politico noto per i comunicati contro le migrazioni estive dei milanesi in Liguria al grido di “Milano, suka”, probabilmente potrebbe essere l’unico a rivendicare di far parte consapevolmente del gruppetto di cui intendo parlare. Perché gli altri di cui intendo fare menzione, ci si sono trovati e non hanno dovuto nemmeno studiare un eventuale personaggio. C’è poco da fare, sono quella roba lì. E riescono a risultare un po’ guitti e un po’ cabarettisti senza poi dover fare nemmeno troppi sforzi per calarsi nella parte.

Bei tempi quando, come cantava Giorgio Gaber, la libertà doveva essere partecipazione. Bei tempi anche per la politica che ancora non era passata dai comizi in piazza agli studi televisivi e quando il lavoro dei giornalisti non comportava soltanto il piazzare un microfono sotto alle labbra dell’interessato ma anche il rivolgere qualche domanda. Bei tempi quando per incontrare il politico per conoscerlo, prima, eventualmente di votarlo, ti capitava di frequentare circoli e sezioni e non c’erano né social né selfie in favore di luce ed obiettivo. Bei tempi, quando facce e slogan e simboli venivano affissi sugli spazi elettorali e nessuno ti subissava di messaggi, facce, slogan e appuntamenti.

Affissioni in picchiata

Per rendersi conto di quanto la comunicazione politica sia cambiata basta guardarli adesso a una decina di giorni dal voto quegli spazi per le affissioni elettorali, tutti, o quasi tutti desolatamente vuoti. Perche’ chiunque fra i candidati di destra, di sinistra, riformista, di centro e persino quelli contro il   sistema, preferisce penetrarti in casa… e nel cervello, se non attraverso la tv e i programmi elettorali, principalmente grazie ai social.

Solo che poi il sonno della ragione finisce per generare mostri e in questo momento storico non mi pare che fra ragione e politica, in molti casi non corra buon sangue. Soprattuto quando ci si cala nella regola ferrea dei social che è quella di limitare le parole, di ridurre magari la complessità di un pensiero ad uno slogan semplice, semplice. Da gettare giù in un sol sorso e mandare a memoria. Ovviamente semplice, semplice. Che arrivi ovunque. Anche a costo di dimenticare una vecchia regola della comunicazione. E cioè che spesso gli eccessi di semplificazione generano complicazioni.

Scrive a tale proposito Mauro Ceruti, docente della IULM di Milano, uno fra i filosofi protagonisti dell’elaborazione del pensiero complesso: “Tutto è connesso: complesso. <<Complessità>> deriva dal latino cum e plectere, intrecciare insieme più parti in una unità. I problemi non possono essere analizzati come se fossero isolati gli uni dagli altri. La sfida della complessità si è imposta innanzitutto come possibilita di semplificare un tessuto inestricabile di cause e di interdipendenze. Tuttavia viviamo un paradosso. Più aumenta la complessità del mondo, più si rafforza la tentazione della semplificazione. La specializzazione ha portato certo a delle conoscenze straordinarie. Ma queste conoscenze sono spesso incapaci di cogliere i problemi rilevanti che sono complessi, cioè costituiti da una molteplicità irriducibile di dimensioni intrecciate. Anche l’università, la scuola e la divulgazione ci insegnano a separare le discipline le une dalle altre. Ma non ci insegnano a collegare”.

Genovesi, nuotatori e vogatori

Così, semplice…semplice…si passa, da una campagna elettorale all’altra, alla premiazione con cittadinanza onoraria dell’indomito “foresto” che eroicamente in segno di abbraccio alla ligusticità ha pucciato la focaccia con la cipolla nel cappuccino per poi arrivare ai consigli per gli acquisti… che la focaccia, quella semplice e non con la cipolla, va mangiata alla rovescia; cioè con la parte bucherellata a contatto con la lingua e non con il palato, in modo che le papille gustative entrino in contato diretto con l’olio e il sale della parte superiore. Parole e musica di “mastro” Marco Bucci. Il nostro sindaco che in questa occasione, nella sala rossa del consiglio comunale, fin dalla prima seduta, tanto per mettere in chiaro quanto si senta interprete e difensore della ligusticità e della genovesità, ha fieramente dichiarato che un genovese non può reputarsi tale se non sa nuotare. Probabilmente immemore della brutta figura patita, insieme al suo sodale Giovanni Toti, che vittime di uno scivolo in carenza d’acqua in piena via Venti, che non scivolava, diedero più la sensazione di due milanesi impantanati a riva che di due nuotatori provetti.

E chissà che presto, vista la recente vittoria dell’armo di Genova nella regata delle Repubbliche Marinare, non ci ritroviamo con una nuova dichiarazione sull’autenticità della ligusticità e della genovesità legata alla capacita o meno di remare. Proprio lui che ama andare a vela.

Quanto è bravo lei, no, lei di più

Perché, poi, altra caratteristica del complesso momento politico di campagna elettorale, è che spesso i nostri politici di riferimento non si rendono conto che il limite fra la presunta autorevolezza e il ridicolo è quanto mai labile.

Che dire, per esempio di ottuagenari o quasi ottuagenari approdati giusto qualche settimana fa su tik tok come fossero giovanissimi influencer. Sandro Mario Biasotti, 74 anni, senatore uscente, prima con Forza italia, poi nel gruppo misto, passato dalla corte di Berlusconi a quella di Giovanni Toti, altre due legislature alla Camera sempre nel centrodestra, ex presidente della Regione (2000-2005), poi consigliere regionale sino al 2008 anno dell’inizio dell’avventura romana, per esempio ha deciso di seguire le intuizioni del suo antico mentore in materia di comunicazione. Lui, in palese trance agonistica, continua a postare su watch, canale di facebook dedicato ai filmati, spezzoni a tema, dalla pesca prolifica con tanto di canna… da pesca in Sardegna, alla comparsata in processione, dall’apertura del point in compagnia del sindaco Marco Bucci, al bel dialogo in terrazza sempre fra il Nostro Senatore e il primo cittadino in cui complimenti e reciproci attestati di stima passata, presente e futura,  si sprecano. Un duetto esilarante e indimenticabile, una sorta di Gianni e Pinotto, ligusticità a parte, o meglio dei fratelli De Rege, con quel repertorio poi ripreso da Walter Chiari e Carlo Campanini. Per intenderci quelli del “vieni avanti cretino”. Qualcuno si è limitato a commentare con un … “bel siparietto”, altri hanno voluto partecipare con riflessioni meno piacevoli sulla lunga militanza nei palazzi del potere dell’imprenditore settantaquattrenne. Sino a che una mano pietosa ha mantenuto soltanto i commenti più civili, quelli di incitamento.

L’endorsement per Rixi e il messaggio a Letta

Insomma l’ospitata era una cosa quasi dovuta. In cui, fra l’altro il nostro Sindaco, che ha sempre ripetuto di essere il sindaco di tutti i genovesi, ha deciso in qualche modo di schierarsi in maniera bipartisan per il centrodestra.

Sul palco e in vena di complimenti domenica sera a supportare il “capitano, mio capitano” Matteo Salvini, sponsorizzando come futuro ministro alle infrastrutture o soltanto sottosegretario il suo mentore iniziale Edoardo Rixi. Specificando, di fronte ad una piazza nemmeno molto gremita, che per le infrastrutture poter contare su uno così, il Rixi, tanto per intenderci, sarebbe stato molto importante. E figuriamoci per il sindaco/commissario.

Già, le infrastrutture che per Genova e la Liguria risulterebbero importantissime per il salto di qualità. Un po’ meno per il centrosinistra ed il Pd. Con quel modello Genova, poi di cui tutti, a proposito o a sproposito, hanno finito per vantarsi. “Sul modello Genova, da parte di Bucci e della destra abbiamo sentito tanta propaganda, nella prossima legislatura servono i fatti, con un governo nazionale che deve prendere il Pnrr per applicarlo in ogni suo ambito. Con pronta risposta del governatore Giovanni Toti: “La storia della sinistra in questa regione: a parole ha presentato decine di progetti e vantato soldi per realizzarli. Nei fatti, in concreto, quando si è trattato di aprire, e soprattutto di concludere i cantieri, non ha mai fatto alcunchè”. Con lo stesso Bucci che dal palco, insieme a Salvini, diffida Letta dal tornare a Genova: “Siccome continua a denigrare il modello Genova, dite pure al segretario Letta di non venire più nella nostra città visto che non vuole riconoscere il lavoro svolto negli anni”.

Sul palco con Giorgia

E comunque, nonostante qualche rumors di rapporti fra il personale e il politico non esattamente della massima cordialità, principalmente con Giorgia Meloni e con il suo entourage nazionale, il sindaco di tutti i genovesi si prepara a salire sul palco al porto antico insieme alla Giorgia -forse il primo presidente del consiglio donna -, e, magari, a sponsorizzare Alberto Campanella avvocato ed ex capogruppo a palazzo Tursi, scoperto dal fiuto di un vecchio nostalgico come il senatore settantacinquenne Ignazio La Russa. Potrebbe, il sindaco di tutti, proporlo, possibilmente, come sottosegretario alle politiche agricole, alimentari e forestali, o meglio ancora. alla salute. Ruolo indicatissimo dopo l’eroico scavalcamento in stile Fosbury, in una buia e fredda notte invernale, della recinzione del canile municipale per accertare le condizioni in cui venivano ospitati gli animali. Come dire dai cani ai politici cani, ognuno riconosce  al fiuto i suoi consimili.

Manuela per Renzi, ricette politiche e culinaria

Poi c’è Manuela Arata, per il terzo polo di Calenda, in corsa per il senato, altra candidata che ha scoperto Instagram per la comunicazione politica e dedita ai suoi filmati. Manuela ci prova a tentare i suoi accoliti, o potenziali elettori:”Votate terzo polo. Perchè questa è la novita di queste elezioni. Con un bel risultato  se facessimo il botto potremmo portare fuori dalle secche di questi populismi di destra e di sinistra e avere di nuovo un governo serio e preparato. Magari anche con Draghi”. E poi avanti sulla situazione internazionale delicata, tra guerra e gas, sino alla perorazione sul partito quello di Calenda e Renzi che vuol dire sostenere una classe politica capace. E se lo dice Lei che è sempre riuscita a barcamenarsi fra un festival della scienza, una candidatura a sindaco contrapponendosi a Bucci, per poi diventare suo supersaggio, e infine lady e madrina di un festival del jeans – che ci è mancato poco facesse finire l’amministrazione comunale in braghe di tela- e a un mese dall’inizio, non si fa menzione alcuna.

Nè dell’inizio nè della sospensione con rinvio a data da destinarsi. E la nostra Manuela, vestale del festival della scienza che fu, e novella candidata del terzo polo, fra un filmato in Instagram e l’altro, ha deciso di tornare all’antico e a postare sul suo profilo social le sue delizie culinarie: “Tra un volantinaggio e un incontro elettorale non ho comunque smesso di cucinare. Con un po’ di ritardo vi posto qualche ricettina”.

Come dire dal cabaret a masterchef tutto può essere utile per raccattare qualche voto. Perciò: ceviche di dentice nostrano e gamberi piatti e ceviche di seppie. Poi, ancora linguine con i totani e trofie con la seppia. Poi, tra una padellata e l’altra, compare pure Matteo Renzi. Spettacolo per stomaci forti.

Nel frattempo, in piazza Duomo a Milano, Giorgia avverte l’Europa e… Peppa Pig: “La pacchia è finita, difenderemo l’Italia”.

 E, come canta Celentano, l’emozione non ha voce.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.