Errori ed orrori di una campagna elettorale che fu

Amarcord, albori di campagna elettorale

Letterine, santi e santini ma non soltanto

Mi verrebbe da dire campagne elettorali a confronto. Quelle tutte giocate sui social con slogan che più slogan non si può, per convincere quasi e più di un carosello televisivo. Pochi contenuti e molte suggestioni per colpire, soprattutto, o soltanto, la percezione della ggente. E quelle di molti anni fa basate, magari su slogan, anche, ma persino sulla elaborazione sintetica di qualche pillola di programma.

Con spirito certosino e del documentarista che conserva , magari un po’ a casaccio, cose del passato mi è ripassata per le mani una vecchia cartellina in cui avevo conservato santini elettorali, messaggi  e gadget per i futuri, potenziali, possibili elettori.

Ne scrissi già nel lontano ottobre di quasi trent’anni fa. Era il 15 ottobre del 1994. E il materiale si riferiva ad una campagna elettorale per le politiche di sette anni prima. A Milano in quella tornata si presento perfino Gerry Scotti. Molti dei personaggi genovesi citati sono scomparsi. Altri sopravvivono, altri ancora sono nuovamente candidati per le amministrative del 12 giugno.

Era un’era fa, al termine della Prima Repubblica – per quanto riguarda il materiale – con articolo datato all’inizio della seconda con Berlusconi; poi presidente operaio, appena sceso in politica.

Mi fa piacere restituirvi integralmente quell’articolo scritto per “Il Corriere Mercantile” – allora ancora quotidiano del pomeriggio – con una velata nostalgia per quei tempi che i più anziani hanno vissuto, ricordando personaggi che magari non ci sono più ma che allora avevano un altro concetto della politica, nonostante le ineluttabili cadute di stile.

Incredibile ma vero, mi viene da pensare rileggendo di quei santini e confrontandoli con quelli di oggi. Mi viene in mente quando, durante un viaggio in treno verso Roma incontrai Giancarlo Mori, allora presidente della Giunta Regionale, e nel corso del tragitto mi raccontò del potentissimo senatore ed ex ministro Paolo Emilio Taviani che, durante gli anni successivi al dopoguerra e agli inizi della sua lunga carriera politica, era solito fare la campagna elettorale anche a dorso di mulo pur di raggiungere i paesini dell’entroterra ligure della zona dove aveva combattuto come partigiano.

Comunque ecco l’articolo. Attrezzatevi, come sempre, di straordinaria pazienza.

Il “Quarto Stato” simbolo immancabile

“”Il Quarto Stato” rivisitato e corretto per l’occasione prevedeva i primi gruppi vagamente somiglianti a Claudio Martelli, con cravatta e giacca gettata con noncuranza sulle spalle ( mancava soltanto il cellulare, attaccato a mo’ di pistolone alla cintura), una mamma con la gonna longuette, bimbo in braccio e orecchini a pendaglio, seguiti da una schiera con casalinghe, tute blu, camici bianchi, ragazze in minigonna. Tra loro si riconosce altero Sandro Pertini, cappello e completo grigio, un uomo, un simbolo direbbe Gianni Minà, del socialismo.

Lo slogan ammiccante in testa di pagina diceva lapidario: “Psi, Cresce l’Italia”. È il giugno 1987, il periodo in cui nel paese si vota per la decima legislatura. Al fondo del pamphlet Bettino Craxi sorride a 32 denti. Il messaggio, senza possibilità di replica, lanciato a tutti gli italiani, come se si trattasse di una nuova lavatrice sul mercato, spiega a ritmo di spot: “I quattro anni di governo socialista sono stati anni di stabilità e di progresso, è cresciuta l’immagine dell’Italia nel mondo, l’inflazione è stata battuta, stipendi, risparmio, pensioni sono stati difesi e garantiti, è ripreso lo sviluppo, si è creata una nuova fiducia. Dobbiamo ora ampliare questo sviluppo, creare occupazione per i giovani e per tutti, consolidare maggior benessere e distribuirlo con maggiore giustizia, risanare e modernizzare lo Stato, le sue istituzioni, i suoi servizi. L’Italia è cresciuta. Con i socialisti può crescere ancora”.

Non sono passati anni luce, da quell’estate del 1987, eppure le “schegge” della Prima Repubblica sembrano risalire alla notte dei tempi. Molti dei protagonisti locali e nazionali hanno fatto perdere le loro tracce. Popolavano le pagine dei giornali, ora pretendono che di loro si parli il meno possibile; difendono strenuamente una privacy a cui nella notte dei tempi non avevano mai tenuto.

Volti, immagini, slogan, interviste, “santini”, “trovate” elettorali, raccolti con l’amore del collezionista fuoriescono da una cartellina gonfia, finita in fondo ad un cassetto. Scheletri di un tempo che fu, Quando mezza Italia sognava la ripresa economica e il presidente del consiglio Bettino Craxi si prefiggeva lo stato sociale e la lotta alla povertà. Inevitabile domandarsi oggi di quale povertà parlasse.

Delio Meoli (Credit:Freacklance)

Delio, padre padrone del garofano ligure

Da un “santino” ammicca Delio Meoli, senatore uscente, sottosegretario alla Difesa del Governo Craxi, segretario regionale del Psi ligure. Ha i capelli radi, i baffi bianchi, gli occhi semichiusi in un sorriso tirato. Non porta giacca ma un maglione girocollo blu su cui si staglia il colletto azzurro della camicia. Lo stile yuppie non gli serve, in fondo lui è di un’altra generazione e ai vertici ci è già arrivato da qualche anno senza scimmiottare nessuno. Corre in un collegio sicuro, è il candidato di socialisti, socialdemocratici e radicali. È il padre padrone del garofano ligure, l’omologo del democristiano Gianni Bonelli. Di loro si parla come del gatto(Bonelli) e della volpe (Meoli) di collodiana memoria.

Attraverso la loro gestione di Psi e Dc passerà gran parte della tangentopoli genovese.

Ha il garofano all’occhiello, un “vezzo” molto in voga nel periodo del craxismo imperante, Tonino Bettanini, classe 1946, ricercatore universitario, ex consigliere comunale e segretario della federazione provinciale socialista. A Genova è la spalla di Claudio Martelli che lo ha appena portato ad essere nominato membro dell’Assemblea nazionale del Psi. Fra gli argomenti su cui punta per la sua campagna elettorale colpisce, quasi si trattasse di un presagio sinistro, “la riforma del sistema politico come garanzia di una nuova moralità pubblica”.

Alfredo Biondi, avvocato, allora liberale, oggi “guardasigilli” del Governo Berlusconi, ha uno sguardo che trasuda carisma. Ha un indice levato, quasi a segnalare la giusta via. Il suo slogan recita: “Una questione di fiducia”, confortato da frasi di Benedetto Coce, Pietro Gobetti, Luigi Einaudi.

Sullo sfondo c’è Montecitorio, con il tricolore “garrente”, in primo piano, gessato grigio, riga impeccabile “scolpita” fra i capelli sale e pepe, c’è Pietro Zoppi, deputato spezzino. Guarda lontano, probabilmente sogna già la quinta legislatura della sua carriera, “giocata” tutta nella Democrazia Cristiana. Il suo slogan “al servizio del cittadino” è diretto a blandire tutti i liguri che da “Roma matrigna” si sentono dimenticati.

Fulvio Cerofolini e Sandro Pertini
Fulvio Cerofolini e Sandro Pertini

L’ex sindaco punta su Roma

Meno impersonale Fulvio Cerofolini, ex sindaco di Genova, candidato del Psi per la Camera. Il solito “santino” con fotografia seppiata è corredato dala richiesta di voto scritta di pugno e poi stampata in colore rosso. La formula è dignitosa ma riprende i temi di “Dio” Bettino come una cantilena: “Grato se darai la tua fiducia al Psi – si rivolge agli elettori n.d.r. – perché in Italia cresca la democrazia e la giustizia sociale”.

Franco Marenco, missino, bancario , consigliere comunale, componente della direzione nazionale dell’MSI corre con il numero 13 e meno prosaicamente chiede soltanto “la tua preferenza”. Ma in un altro “santino” rivolto al mondo dei giovani pecca di cinismo e di opportunismo. Lo slogan è feroce e inequivocabilmente di destra: “Ideali per lottare, non droga per morire”, con l’abbinamento strisciante: MSI = ideali; sinistra = droga.

Gli strani souvenir di un’elezione che fu

Ma non ci sono soltanto i “santini”, i pamphlet, i “pieghevoli”. Nella cartellina fanno bella mostra anche i “ricordini” della propaganada elettorale. C’è la biro a scatto bianco, rosso e verde di Mauro Sanguineti, deputato chiacchierato, responsabile della commissione nazionale trasporti del Psi, craxiano si ferro e poi martelliano dell’ultima ora, prima che tangentopoli travolgesse le ambizioni socialiste.

Fa bella mostra un sacchetto in “pura” carta riciclabile offerto con provocatoria preveggenza dai soliti missini. I “nipotini” di Rauti ed Almirante, ed ora fedelissimi di Fini e Tatarella ci hanno fatto stampigliare sopra uno slogan che ricorda tanto le “legnate” delle brigate nere: “Pulizia civile”. Poi la spiegazione plausibile e tranciante: “Vi offriamo questo sacchetto ecologico perché possiate buttarci dentro tutte le promesse e i programmi degli altri partiti ( che sono poi le stesse da 40 anni: porto, mercato, ospedale….). Una fieradelle buone intenzioni, insomma, che rispuntano puntualmente , proprio come i complessi di colpa, alla fine di ogni legislatura.

Bruno Orsini

Elezioni anticipate colpa dei socialisti

Bruno Orsini, allora sottosegretario e deputato democristiano uscente, oggi segretario regionale del Ppi, addossava tutta la responsabilità delle elezioni anticipate ai socialisti, da sempre attratti dall’eterna sirena del PCI. “Le affrontiamo come sempre ( le elezioni anticipate n.d.r.) – spiegava Orsini – sicuri della saggezza della nostra gente. La vostra giusta scelta elettorale non risolverà tutti i problemi, ma senza di essa, tutto diverrà più difficile. Se saremo forti la stretta sarà superata e riprenderemo il cammino. La Dc vi chiedevdi far vincere le cose che contano, di rinnovare quel patto antico che ci ha dato quarant’anni di libertà, di sviluppo e di pace. Nessuno può fare promesse facili. Ma assumo con voi un impegno: quello di essere fedele al voto che vi chiedo, all’ ispirazione e ai valori che esso implica, al dovere di rappresentare con dignità e vigore la nostra terra nel parlamento italiano”.

E di Bruno Orsini tesseva Lodi con missiva ai suoi amici anche il,consigliere comunale democristiano Luigi Mor: “ È un genovese che per Genova e la Liguria si è impegnato in prima persona e con risultati concreti in sede governativa (le leggi sui porti e sulla siderurgia con i relativi finanziamenti sono testimonianza del .suo lavoro)”.

Il rovescio della medaglia rispetto alle valutazioni di Orsini è di Mauro Sanguineti che indirizza la sua letterina a compagni e compagne allineandosi al culto della personalità per Bettino, imperatore e monarca assoluto: “Noi abbiamo fatto il nostro dovere – inizia così la letterina agli elettori – questo ha dichiarato Bettino Craxi alla Camera dei deputati quando la Dc e il Pci, stretti in un nuovo compromesso storico, hanno voluto elezioni anticipate”. Ed ecco che arriva anche l’omologazione: “È questo è senz’altro anche il mio stato d’animo”.

Edoardo Guglielmino

Prescrizione di voto su ricetta

La “volata” a Fulvio Cerofolini, socialista, ex sindaco, cerca di tirarla Edoardo Guglielmino, il,medico della mutua, ex assessore a Tursi, oggi consigliere di maggioranza, ancora adesso amico fidato di Cerofolini. Invece della solita lettera su carta intestata usa i fogli del suo ricettario per “prescrivere” il candidato ai suoi mutuati.

Piero campodonico, “Peo” per gli amici, ex assessore Psi, tifoso rossoblu’ sfegatato è terribile antifossatiano, allora professore al Vittorio Emanuele, cerca anche lui di portare acqua al mulino di Cerofolini. Lo fa con una letterina ai suoi ex allievi: “Due anni fa – ricorda Peo – mi sono rivolto a voi per proporre la mia candidatura al Comune. Mi avete ( mi hanno…) “trombato” e democraticamente devo pensare che avevate ragione voi. Quest’anno, però, vi propongo un candidato “serio” che ci ha rappresentato tutti per 10 anni a palazzo Tursi come sindaco di Genova e che ci saprà rappresentare con altrettanta forza ed efficacia a Roma al Parlamento”.

E campodonico, un po’ come si trattasse di “Italia-Germania 4 -3” offre l’occasione di una rimpatriata in discoteca a tutti i suoi ex allievi, con l’opportunità, naturalmente non secondaria, di poter conoscere e “toccare” con mano Cerofolini.

Giornalisti e tifosi oggetti del desiderio

Non sfugge nessuno a questa captatio benevolentia: compagni di partito, amici, mutuati, studenti. Nemmeno i giornalisti, categoria corporativa per antonomasia, ma difficilmente indirizzabile ( solitamente hanno idee precise e, magari, anche qualche favore da ricambiare), restano fuori dagli indirizzari degli aspiranti parlamentari. Tonino Bettanini, come iscritto all’elenco pubblicisti, ci prova. Parte da lontano: dalla sua attività come docente universitario che lo ha portato ad occuparsi “delle regole che chiariscono l’importanza che i mass-media occupano nella società”. La richiesta di preferenza è assestata con dignitoso mestiere, ma a chi ha l’orecchio allenato risulta fastidiosa lo stesso; se non altro per la gravità del tono: “Nel rispetto severo della professione non chiedo particolari indulgenze di tipo corporativo – mette subito le mani avanti Bettanini – ma solo la possibilità di essere considerato utile e convincente interlocutore tra chi svolge un positivo ruolo nei meccanismi dell’informazione e i miei potenziali elettori”. Ma è la firma a dirla lunga sulle intenzioni del candidato. Non manca nulla per una… corretta informazione elettorale, neppure il numero di preferenza da indicare, ovviamente volendolo, nella scheda. Forse, visto l’enunciato, poteva proprio evitarsela.

Alfredo Biondi

L’appello ai compagni di tifo

Nemmeno il liberale Alfredo Biondi, acceso genoano, sfugge alla regola della letterinao del comunicato stampa per acquisire fette di elettorato. Sceglie il popolo rossoblu’ e chiede agli organi di informazione un aiuto per far sapere che: “l’equipe di Alfredo Biondi sosterrà il Genoa a Cesena con un gruppo organizzato in pullman. Biondi incontrerà l’amico Patuelli, tifoso del Cesena”.

Sin qui tutto bene, ma la missiva per gli addetti ai lavori prosegue sul filo del “non sense” quando riporta la dichiarazione del candidato del PLI, ovviamente al fine di darla alle stampe: “Ma – ha detto Biondi – l’incontro sarà come sempre amichevole, per le squadre un po’ meno, penso comunque ad un risultato utile a tutti e due, Biondi e Patuelli, Genoa e Cesena”.

Il Genoa che nella terz’ultima giornata del campionato cadetti si giocava la promozione, proprio con il Cesena, perse 3-0 e alla fine del torneo non riuscì a raggiungere la A per un solo punto.

Gregorio Catrambone “boss” dei calabresi

Ma le ambite vette della retorica letteraria sono senza dubbio appannaggio dei sostenitori di Gregorio Catrambone, Nino per gli amici, e “Greg” per i detrattori. Puntuale è la letterina che da alcuni comuni calabresi arriva nella cassetta dei conterranei trasferitisi a Genova. È una sorta di “peccato originale” che i calabri-genovesi devono scontare ad ogni appuntamento elettorale. E il destinatario non è più il compagno, il,cittadino, l’amico ma il compaesano. Addirittura evocative le prime righe. Le immagini che suggeriscono sono quelle dei bastimenti carichi di emigranti in viaggio verso la terra promessa. “chi ti scrive – inizia così la letterina che arriva dal comune di Crotone – è del tuo Paese. Anche tu, come tanti calabresi hai dovuto affrontare, purtroppo, la difficile strada dell’emigrazione, dei stato costretto a lasciare la Tua terra, quel sole caldo e l’aria incontaminata, per affrontare da solo un mondo fatto di tradizioni e culture non Tue. Ti sarai sentito, spesso, immerso in un mondo di solitudine e di emarginazione; in questo mare di abbandono totale Ti sarai chiesto perché. La risposta a questo perché è: dall’Unita’ d’Italia ad oggi, il Sud, il Mezzogiorno, come lo chiamano, purtroppo ha dovuto subire storiche ingiustizie sociali per scelte ben precise “. Dopo le premesse ecco comparire  il fratello più fortunato e inserito che, disinteressatamente, ha tentato di dare conforto ai conterranei. “Per cercare di alleviare, almeno in parte, tali ingiustizie – prosegue la lettera – il nostro compaesano Avv. Gregorio Catrambone, ha costituito in Liguria, da oltre venti anni il COEC (Centro Orientamento Emigrati Calabresi con sede a Genova, Largo Archimede 1/12 sc.A) dedicandovi tanta parte della sua vita per aiutare, consigliare, indirizzare quanti, sradicati dalla loro terra ai rivolgono a lui. L’avvocato Gregorio Catrambone, un vero galantuomo, è un calabrese serio e preparato che, assessore nel Comune di Genova da oltre 10 anni, con grande prestigio e dignità rappresenta nell’ambito del Psi i calabresi emigrati in Liguria”

Giacomo Mancini

Sostenitori eccellenti

L’ovvia conclusione della missiva è la richiesta di voto andata sui presupposti della fiducia etnica. Una richiesta di “solidarietà” che porta la firma dell’allora sindaco di Crotone Visconte Frontera, del presidente della giunta regionale calabra Giuseppe Principe, dei deputati Mario Casalinuovo e Giacomo Mancini e dei senatori Giuseppe Petronio e Sisino Zito. Tutti probabilmente speravano in un calabrese in più a Roma per rinforzare l’asse calabro- ligure.

Ma, ironia del destino, la “cartolina precetto” finì anche nella cassetta della posta di un “carneade” calabrese; Innocenzo Pettinato, originario proprio di Crotone e bellicoso candidato di Democrazia Proletaria alla Camera che, senza pensarci su “sputtano’” Catrambone e gli estensori della lettera inviandola ai giornali. Domandò fra l’altro proprio all’aspirante parlamentare di condannare pubblicamente quel modo offensivo di chiedere il voto e la preferenza. Una condanna che, a quanto è dato di sapere, non venne mai a purgare questi errori ed orrori della “Prima Repubblica” “.

Quella querelle sulla comunità LGBTQ+

Un clima del tutto diverso, per arrivare ai giorni nostri, da quello in cui si sta giocando l’attuale campagna elettorale per le amministrative. Trentacinque anni dopo si litiga e si sottilizza sulla rappresentante della comunità Lgbtq+ che ha deciso di candidarsi al fianco di Bucci. Magari dimenticando che sulle prime lo stesso Bucci aveva evitato di dare il patrocinio al Gay Pride, ravvedendosi poi nelle edizioni successive. E si litiga sottilizzando sulla parola “figurine”, intese come diminutivo della parola figura, e quindi da intendere come negativo. Oppure su quelle vendute in bustina che fanno appunto parte di una collezione. Senza alcun intento dispregiativo.

Con tanto di polemica e minacce di denunce

Vabbè è la politica che viaggia veloce. Non sarebbe bastato far rimarcare il riposizionamento dell’avversario di turno? Lo stesso una volta, ancora qualche anno fa, probabilmente ancora troppo succube di populisti e revanchisti di destra per partecipare al corteo del Gay Pride, ed oggi, evidentemente, maggiormente padrone del proprio destino e in grado quindi di raccogliere sotto il suo lenzuolone esponenti di rappresentanze, o presunti tali, che qualche anno fa avrebbero fatto storcere il naso ai suoi alleati? Ormai le questioni di genere alimentano polemiche a non finire. Talvolta anche un po’ stiracchiate.

E comunque a confrontare le due epoche mi passa per la testa qualche nostalgico rimpianto per i tempi che furono, con tanto di cadute di stile, richieste di voto e referenze. Tra lettere e letterine a conterranei e tifosi che, al massimo per il loro cattivo gusto, potevano giusto far sorridere.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.