Camorra, c’è anche tanta politica nel blitz di Ros e Gico contro il clan Moccia

Agli arresti un consigliere del Comune di Lecce e l’ex vicepresidente del Consiglio comunale di Bari

Napoli – C’è anche Luigi Moccia, “il colletto bianco” del clan, tra gli arrestati di stamattina. Lui, il capo dei capi della camorra che fino all’estate scorsa era al 41-bis e che poi è uscito per decorrenza dei termini della custodia cautelare.
L’hanno preso stamattina all’alba i Carabinieri del Ros di Napoli, coordinati dalla Procura guidata da Giovanni Melillo, che hanno notificato in tutto 57 misure cautelari: 36 arresti in carcere, 16 domiciliari e 5 divieti temporanei di esercitare attività d’impresa.
Il Gico della Guardia di finanza, contestualmente, ha notificato altri due divieti temporanei di esercitare attività d’impresa e sequestrato d’urgenza beni mobili, immobili e quote societarie per un valore complessivo pari a 150 milioni di euro.
Contestati a vario titolo reati che sarebbero stati commessi per agevolare il clan camorristico Moccia: dall’associazione mafiosa, all’estorsione, dalla detenzione illegale di armi da fuoco all’intestazione fittizia di beni di provenienza illecita, dalla corruzione al favoreggiamento.

Il clan

La struttura mafiosa ha a capo i fratelli Angelo, Luigi e Antonio Moccia, insieme al cognato Filippo Iazzetta, che, anche da reclusi e dopo il trasferimento di Angelo e Luigi a Roma, hanno continuato a esercitare un controllo capillare nei territori di Afragola e nei comuni limitrofi dove il clan ha messo su una vera e propria confederazione a delinquere spingendo i suoi tentacoli fino a Casoria, Arzano, Caivano, Cardito, Crispano, Frattamaggiore, Frattaminore e a tutti i comuni della cinta nord di Napoli.
L’organizzazione ha non soltanto un’ala militare spietata, ma anche un braccio imprenditoriale che è molto attivo nel recupero degli oli esausti di origine animale o vegetale di tipo alimentare, nel recupero di scarti di macellazione ma anche nei grandi appalti ferroviari compresa l’alta velocità.

La politica in manette

In arresto è finito Andrea Guido, consigliere comunale d’opposizione di Lecce, assessore della giunta di centro-destra nella passata legislatura. Secondo l’ipotesi degli investigatori, Guido avrebbe favorito appalti a favore di personaggi riconducibili al clan Moccia.
Stessa ipotesi di reato per un altro dei 57 arrestati, l’ex consigliere comunale di Bari, Pasquale Finocchio, ai domiciliari con l’accusa di traffico di influenze. La vicenda che gli viene contestata dalla Dda di Napoli risale al 2017, quando Finocchio era vicepresidente del Consiglio comunale di Bari, eletto con il centrodestra. A quanto si apprende, la contestazione riguarda un presunto ruolo da mediatore tra imprenditori, che Finocchio avrebbe avuto approfittando del suo ruolo politico-istituzionale. L’indagato, assistito dall’avvocato Roberto Eustachio Sisto, “si professa assolutamente estraneo alle accuse – fa sapere il legale contattato dall’ANSA – e chiarirà con la massima serenità ogni aspetto della vicenda al piu’ presto nel corso dell’interrogatorio”.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.