La cartellonistica non mente mai
E alla fine anche stavolta ci siamo arrivati. È il momento fatidico in cui i candidati devono provare a metterci la faccia. E non solo. Come nel giorno degli esami, devono persino cercare di essere nel contempo sintetici e propositivi, provando a rendere pubblico lo slogan che, partendo dal programma, personale e di coalizione, caratterizzerà in definitiva la loro campagna elettorale. È l’occasione per cui a lungo si sono preparati e nel quale guru, comunicatori e social media manager si mettono alla prova.
Paolo Vanni, eclettico pensionato con un passato nel mondo del marketing e della comunicazione, mio amico social, ha cercato qualche giorno fa di cristallizzarlo sul suo profilo: “#guardoaltrove stesso impianto Cemusa, la prima uscita pubblicitaria dei due principali candidati a sindaco di Genova. L’analisi inizia dal volto: entrambi rivolgono lo sguardo verso qualcosa o qualcuno. Uno lo alza a sinistra, mentre l’altro lo abbassa a destra. Uno è serio, apparentemente volitivo, compenetrato nel ruolo di candidato, l’altro sorride in modo quasi sornione. E poi lo stile. Uno formale, con cravatta, l’altro disinvolto, se pur elegante, camicia bianca aperta. Entrambi mezzi busti, fotografie di buona qualità con stampa adeguata. Impaginazione contrapposta. Uno allineato a sinistra, molto rigorosa. L’altro disallineato a destra. Contenuto/promessa: il primo mood retorico, astratto, sognante. Il secondo totalmente privo di obiettivi programmatici ma contenente una semplice quanto reiterata asserzione”.
Poi Vanni, che viene in fondo da quel mondo li’, mette sul piatto l’osservazione più importante: ”Infine la più grande novità comune ai due candidati: la scomparsa dei partiti a sinistra e a destra. Il primo esprime un generico quanto poco identitario riferimento ad una coalizione progressista, il secondo dichiara implicitamente la sua superiorità ai partiti e la centralità della sua persona”.
La calata dei big
E soffermandosi a guardare quelle sue facce un po’ così, non si possono non condividere gli spunti del mio amico Paolo Vanni. Che rappresentano, in fondo, anche l’analisi perfetta del momento politico, passato, a questo punto della contesa, non soltanto dai sondaggi che darebbero l’uscente in grande vantaggio – tanto da poter sperare nel successo già al primo turno senza bisogno del ballottaggio – ma anche dalla prima discesa in terra di elezioni di alcuni leader dei partiti. A supportare, volenti o nolenti, alcuni loro rappresentanti. Perciò Pierluigi Bersani, il ministro Andrea Orlando e il capo delegazione del partito democratico al parlamento europeo Brando Benifei da una parte, e tutta la presenza scenica del capitano Matteo Salvini dall’altra. Il leader della Lega che aveva sponsorizzato la prima legislatura, o almeno la prima parte, di Marco Bucci e che, in questa occasione, annuncia di essere persino disposto a farsi da parte. Salvini, infatti spiega di aver acconsentito – bontà sua – a togliere il suo nome dal simbolo che appoggerà la campagna elettorale di Marco Bucci.
Quella croce di San Giorgio
Mentre il parlamentare Roberto Cassinelli con l’amico Mario Mascia, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, fa sapere con un post di aver provveduto ad inserire nella parte bassa – fra il simbolo del partito, in rosso bianco e verde con scritta bianca – e il nome di Berlusconi in colore azzurro, una croce di San Giorgio stilizzata e la dicitura “Bucci sindaco”, sempre su sfondo azzurro.
Simbolo abusato, quello della croce di San Giorgio, che rievoca non solo la giornata della bandiera, ma una sorta di gaffe/boutade in cui l’uscente Bucci, con tanto di campagna stampa chiese ai reali d’Inghilterra di vedere riconosciuti al Comune di Genova gli arretrati per l’utilizzo della rossa croce di San Giorgio in campo bianco. E comunque, hanno sottolineato gli esponenti liguri del partito: “Forse non tutti sanno che la festa della bandiera di Genova si celebra ogni anno il 23 aprile grazie a Forza Italia, perché ad impegnare Sindaco e Giunta ad istituirla fu proprio una mozione a firma del nostro capogruppo Mario Mascia e del gruppo consiliare degli azzurri approvata all’unanimità dal consiglio comunale il 9 gennaio 2019”.
Intanto, al di là della presenza scenica del capitano Matteo Salvini coincisa con l’annuncio della disponibilità a far scomparire il suo nome dal simbolo, gli altri partiti primari della coalizione del centrodestra che appoggeranno Marco Bucci hanno inteso invece dare lustro alla lista con il nome del loro leader nazionale. E vale allo stesso modo per la lista del governatore Giovanni Toti “Avanti Genova” in cui addirittura il nome di Toti in azzurro su sfondo arancione ha caratteri cubitali rispetto a quello del candidato sindaco della coalizione di centrodestra
Questione di feeling, verrebbe da dire, tornando indietro ai giorni della querelle
sulle elezioni presidenziali e ai mal di pancia della Lega, in cui l’alleanza, più o meno solida, fra il presidente della giunta Regionale e il sindaco in carica sembrava poter vacillare. O rievocando il periodo ancora precedente in cui proprio Toti aveva fatto capire a Bucci che avrebbe gradito che si accasasse con lui. E il sindaco, da parte sua,gli aveva opposto una risposta interlocutoria quanto gelida. Motivo per cui, in fondo, si possono addirittura comprendere le diverse dimensioni dei due cognomi. Con quel Toti che si mangia il Bucci, in quanto a dimensioni e in nome di un sogno centrista.
Quell’analisi dell’esperto
E a suo modo dalle foto al messaggio, più o meno subliminale, Vanni ha dato una lettura che mi sento di condividere. Quella estetica che riguarda il linguaggio del corpo, che la dice comunque lunga sulla strada percorsa fin qui dai due candidati. Sornione e sorridente l’uscente, volitivo con lo sguardo rivolto verso l’alto l’avversario. Quasi fosse cosciente che per imporsi dovrà rasentare il miracolo. E allora sguardo lassu’, come invocare: “Aiutami tu” o…. con una punta di blasfemia: “Aiutati che Dio ti aiuta”. E poi, al di là dell’abbigliamento, paradossalmente più “casual” per il più attempato. E più formale per il più giovane. Comunque la stessa differenza fra l’abbigliamento di un potenziale manager (con colletto della camicia sbottonato) e un avvocato, con tanto di cravatta. E pazienza se di colore rosso.
Poi c’è il messaggio. Perfetta la descrizione di Vanni: “il primo mood retorico, astratto, sognante. Il secondo totalmente privo di obiettivi programmatici ma contenente una semplice quanto reiterata asserzione”.
Insomma la stessa differenza che può passare tra un aspirante sindaco ed un sindaco uscente e convintissimo di aver fatto bene, tra ponte, ciclabili, supermercati e lavori vari.
“Allarghiamo gli orizzonti, riduciamo le distanze” per Dello Strologo. Slogan tutto giocato sull’inclusione e sulla condivisione e sull’ampiezza di orizzonti che finisce in pratica per riavvicinarci. Un messaggio in completa controtendenza rispetto alla divisione in branchi che spesso ha la meglio sui social.
Bucci, vellica il suo elettorato con la consapevolezza dell’uomo del fare che ha contezza di aver fatto molto per la sua città e, soprattutto, cosciente che manca poco alla vittoria al primo turno. Perciò perché imbarcarsi in qualche rischio? Quindi giusto la stringatezza e la concretezza dell’uomo del fare, di quel “Sono il sindaco veda un po’ lei”, che in fondo si sposerebbe benissimo con “ Al lavoro per Genova” che suona tra l’esortazione e il dato di fatto, del sindaco/commissario/manager, consapevole di aver già fatto molto per la città. Del “Scindecu cu cria”, che ha rispedito al mittente assessori troppo eterei, che ha battuto i pugni sul tavolo per scuotere sottoposti poco disposti al sacrificio. Del primo cittadino che di fronte ad un allarme bomba e alle forze dell’ordine che gli intimavano di lasciare palazzo Tursi a scopo cautelativo, non ha risposto come avrebbe fatto chiunque: “Obbedisco”. Al contrario, ha obiettato anteponendo il senso del dovere: “Io c’ho da lavorare”.
Logico quindi che con la necessaria supponenza si contrapponga all’etereo e sognante Dello Strologo che si definisce per la gioia dei suoi alleati “Candidato sindaco/Coalizione progressista” con un perentorio : “ Marco Bucci SINDACO”. Cancellando il candidato e men che meno prendendo in considerazione l’ipotesi, del resto peregrina, di essere potenzialmente uscente. Per farla breve, ancora una volta la sicurezza del manager contro la cavillosità dell’avvocato.
Il dato saliente, spariti i simboli dei partiti
Ma il dato rilevante di tutta l’analisi sta nella coda. Spiega Vanni: “Infine la più grande novità comune ai due candidati: la scomparsa dei partiti a sinistra e a destra. Il primo esprime un generico quanto poco identitario riferimento ad una coalizione progressista, il secondo dichiara implicitamente la sua superiorità ai partiti e la centralità della sua persona”. E fra i partiti della coalizione progressista, per esempio, c’è chi forse per non apparire troppo ingombrante, o addirittura, come dicono i maliziosi, anche per non intestarsi in qualche modo una pronosticata sconfitta, decide di correre con il simbolo ma di evitare qualsiasi riferimento esplicito al proprio candidato sindaco. Il Pd del giovane segretario provinciale Simone D’Angelo, con Articolo 1 e PSI non includono il nome di Dello Strologo sul loro simbolo.
Ed anche in questo caso contrapponendosi alla coalizione di centro destra che sostiene Bucci, dove al contrario, per quanto riguarda la Lega non compare il nome di Salvini, mentre per Forza Italia e Viva Genova, la lista del Governatore Giovanni Toti, il nome del sindaco uscente appare variamente dimensionato rispetto a quello dei leader nazionali, rispettivamente Berlusconi e Toti, ma comunque più piccolo.
E questa della mancanza dei simboli dei partiti appare una assoluta novità. Sintomo della evidente centralità dell’uomo solo più o meno al comando, o, al contrario che in qualunque caso si è sempre pronti, di fronte ad un possibile miracolo a salire sul carro del vincitore.
Osserva su questo argomento la mia amica social Barbara Barattani: “Un dato interessante su cui fare due riflessioni, la decisione dei candidati di non essere rappresentativi di una parte politica. In una società del pensiero liquido, il partito, caratterizzato ideologicamente è un dinosauro… ora i candidati sono espressione dei medesimi poteri e si distinguono solo,perché hanno un’etichetta diversa. Mi sento di guardare alla preistoria con una certa nostalgia”.
Insomma null’altro che un artifizio, forse per cercare di sconfiggere una certa disillusione verso la politica che nella passate amministrative ha fatto crescere l’astensionismo. Mentre continuano ad allungarsi le liste di transfughi da una parte e dall’altra e si consuma la cosiddetta diaspora dei centristi. Bucci può contare per esempio su uno stratega d’eccezione come l’ex assessore della giunta Vincenzi Gianni Vassallo. Mentre a Genova Domani sono approdati ex Pd come Paolo Gozzi o Rosa Maria Tommasomoro. Mentre nella lista dei transfughi di Genova Domani oltre ad esponenti di Azione, la formazione di Carlo Calenda, entreranno a far parte Giuseppe Vittorio Piccini e il socialista di lungo Corso Tonino Bettanini, già portavoce del ministro della giustizia Claudio Martelli, che alle ultime regionali si era candidato senza fortuna con Forza Italia. Altro rientro eccellente nella lista di Bucci quello di Isabella Susy De Martini ex parlamentare europeo di Forza Italia che alle regionali del 2010 si era schierata con la sua lista civica Forza Liguria con Claudio Burlando.
Il dito nella piaga dei programmi
Mentre con Dello Strologo dovrebbe candidarsi l’ex assessore al traffico della giunta Pericu Arcangelo Merella, con la sua lista civica Ge9si, anche se in svariate occasioni si è pubblicamente complimentato con Bucci. Spiega lo stesso Merella: “A due mesi dal voto non c’è traccia di un programma e delle cose che si vogliono fare da parte di alcun candidato sindaco. Forse si spera che i cittadini votino per simpatico? Per fede politica? A caso?
Il rischio dell’aumento dell’astensione sta anche in questo deficit. Si chiede il voto ma non si dice per fare che cosa. Noi da qualche mese abbiamo indicato le cose che occorre fare per garantire sviluppo, tutela sociale, qualità della vita. Proposte precise e non vaghe, considerazioni dalle quali poi si sfugge. Visto che è difficile far vita ad un terzo polo civico, ci, mi piacerebbe ritrovarele in un programma prima di decidere se candidarmi e candidare amiche e amici di Ge9si”.
E in fondo Merella ha ragione proprio sull’evanescenza dei programmi, visto che sono rimasti lettera morta fra la presentazione di un point elettorale e l’altro. E nel mentre sono in molti i genovesi che attendono un confronto pubblico fra quattro i candidati sindaci Arie’l Dello Strologo, Marco Bucci, il senatore Mattia Crucioli e Antonella Marras, dove magari ognuno dica la sua sul problema divisivo dello spostamento dei depositi chimici. Ma la politica vissuta attraverso i social è anche questa: foto, selfie, comparsate a qualche manifestazione, messaggi con la ferrea legge di non superare le 140 battute.
Mentre Mattia Crucioli si lamenta di aver presentato il suo simbolo nel bel mezzo del silenzio generale e Antonella Marras di essere il più delle volte dimenticata.
La giusta cura
Con Francesco Ristori che commenta sulla presunta visibilità dei nostri politici a caccia di fortuna e sui loro slogan accludendo la foto di due manifesti di candidati di Avanti Genova, la lista di Giovanni Toti per Bucci: “ Nella necessità di esasperata sintesi che si ha in campagna elettorale è facile passare dalla banalità di chi fa insieme passo dopo passo al paternalismo di chi pensa che i cittadini non sappiano badare a se stessi ed hanno bisogno non di chi li serve ed amministra ma di chi si prenda cura di loro”.
Nel caso specifico Tiziana Lazzari, come dice il suo curriculum risulta medico dermatologo e chirurgo estetico con un’esperienza trentennale nella cura della pelle. Mentre Nicholas Gandolfo a dispetto di quanto potrebbe far pensare il suo slogan non fa né Il riabilitatore ne’ Il personal trainer. E tantomeno il medico ortopedico. È invece un consulente finanziario.
Ma nella politica liquida e che va veloce, smart, come la definiva il nostro sindaco uscente amante dell’inglese che non ama la politica d’antan e predilige forme di decisionismo tempestive, questa è la comunicazione che ci è consentita. In grado di suggerire percezioni suggestive ma con l’imperativo di non entrare mai in tema.
Non sarà un caso, secondo me – oppure si’ e allora me ne scuso – che il guru della comunicazione che si occupa di Arie’l Dello Strologo abbia scelto come colori di sottofondo del suo manifesto l’azzurro e il blu che sono i colori della bandiera dell’Ucraina. Anche se con le recenti polemiche nei confronti del manifesto del 25 aprile dell’Anpi la scelta potrebbe finire per risultare controproducente.
Quel dito sollevato
Infine, secondo “Genova 3000” la foto di Nicholas Gandolfo gli porterà fortuna:
“Dopo la fortunata foto scattata all’amica Lilli Lauro per la campagna delle scorse regionali che ha fruttato 4921 preferenze, Roberto Dotta, ex braccio destro del senatore Sandro Biasotti ora in pensione, ha realizzato un’altra foto per un manifesto elettorale.
Lo scatto, anche questa volta alquanto diretto e efficace, mostra il consigliere municipale Nicholas Gandolfo con il pollice verso l’alto in segno di vittoria. Il candidato della lista Toti, consapevole della forza dello scatto magico, è quindi ottimista sulla possibilità di effettuare il grande salto dal Municipio Levante a Palazzo Tursi.
Anche Dotta avrebbe potuto far parte di questa tornata elettorale: i totiani gli hanno offerto la presidenza del Municipio Centro Ovest, ma l’eterno ragazzo di Sampierdarena l’ha rifiutata.
L’ex vigile motociclista, sceso dalla sella nel 2000 per affiancare l’allora governatore ligure Biasotti, preferisce la politica in fotografia.
E’ passato dall’autovelox alla reflex”.
Insomma nella foto che portò fortuna a Lilli Lauro la Nostra puntava il dito indice. Stavolta Gandolfo solleva il pollice, in segno di assenso. Sempre che il prossimo a sollevarsi non risulti essere il medio.
E comunque, tanto per concludere vorrei citare una serie di aforismi. Che, a scelta, con poche parole possono, in un modo o nell’altro e costituire una degno finale.
Eccoli:
1)vorremmo tutti votare per la persona migliore, ma non è mai candidato
(Frank Mc Kinney Hubbard)
2)Il miglior argomento contro la democrazia è una conversazione di cinque minuti con un elettore medio
( Winston Churchill)
3)La democrazia delega a molti incompetenti l’elezione di pochi corrotti
(George Bernard Shaw)
4)Gli elettori dovrebbero scegliere i loro rappresentanti fra coloro ne non si candidano
(Roberto Gervaso)
5)Quelli che votano scheda bianca per non sporcare
(Da “Quelli che” di Enzo Jannacci)
Con ossequi
Paolo De Totero
Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.