Depressione, sempre di più gli adolescenti che ne soffrono. Che fare? La parola all’esperta

L’incidenza è raddoppiata dopo la pandemia: un adolescente su quattro soffre di disturbi depressivi e uno su cinque manifesta segni d’ansia

L’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha definita la prima causa di disabilità a livello mondiale. Nel nostro Paese la depressione colpisce più di 3 milioni di pazienti. Numeri allarmanti.
Ancora di più se pensiamo che nel post pandemia l’incidenza è raddoppiata tra gli adolescenti, per cui oggi uno su quattro soffre di disturbi depressivi e uno su cinque manifesta segni d’ansia.
“Si parla troppo poco delle ripercussioni del post Covid”, spiega Elena Passoni, psicologa scolastica e dello sport, che poi sottolinea come “soprattutto durante il lockdown, è mancata l’attenzione nei confronti dei minori che hanno dovuto subire all’improvviso e senza neanche troppo comprendere realmente la cosa, questa chiusura che li ha privati completamente della loro sfera sociale”.

Addio ai riti di passaggio

Addio alle giornate tra i banchi, alla ricreazione con i compagni, alle discoteche, all’esame di maturità. “Tutti riti di passaggio e di confronto con il gruppo dei pari – dice l’esperta – che normalmente segnano la maturazione di un individuo e che a quell’età sono fondamentali”. Invece abbiamo vissuto una situazione di emergenza dove “si è data tanta attenzione alla salute fisica ma poca a quella mentale”, sottolinea Passoni aggiungendo che “se gli adolescenti hanno vissuto il lockdown come una situazione di emergenza ma comunque passeggera”, quando, “dopo un’estate di pseudo normalità”, ci si è ritrovati in un’Italia fatta di Zone rosse “ed è tornata la dad, la didattica a distanza, il problema è esploso. Pensate – continua l’esperta – che secondo i dati dell’Ospedale Gaslini di Genova i problemi di salute mentale in età pediatrica sono aumentati del 30%. Un numero altissimo”.

Quali sono i campanelli d’allarme?

Ma come si riconosce la depressione da un semplice periodo no? “Tutti noi affrontiamo nella quotidianità momenti altalenanti da un punto di vista umorale, quindi passiamo dalla felicità alla tristezza, soprattutto in questo periodo”, spiega Passoni che però tiene a sottolineare che “si tende troppo facilmente a parlare di depressione, nel senso che se io sono triste non è detto che sia automaticamente anche depressa. La depressione non è la semplice tristezza”. È qualcosa di più. “Significa che una persona deve essere triste per tante ore in tutta la giornata, per tanti giorni consecutivi. Una persona depressa è apatica, svogliata, deconcentrata, inappetente, non cura sé stessa né i rapporti sociali né i propri hobby”.
Tutti campanelli d’allarme che con un po’ di attenzione anche un genitore può captare facilmente. Ma poi cosa fa? Va dallo psicologo da solo? Ci porta il figlio o la figlia? Non sarà facile neppure convincerli…

Visita dallo specialista: per la privacy entrambi i genitori devono dare il consenso

Se si notano alcuni di questi segnali, per aiutare un adolescente in difficoltà il primo passo è non minimizzare e rivolgersi a uno specialista.
“Se parliamo di minori, per la legge sulla privacy in Italia è d’obbligo che siano entrambi i genitori a interfacciarsi per primi con lo psicoterapeuta. Quindi sulla base del primo colloquio che i genitori hanno con lo specialista, per eseguire una diagnosi e intraprendere un percorso è obbligatorio il consenso di entrambi”, chiarisce Passoni.
Certo, visto lo stigma che la malattia mentale si porta dietro potrebbe non essere facile convincere un figlio ad andare in terapia. “Spesso chi va dallo psicologo è ancora associato a all’idea che sia matto e quindi sì, ci sono delle remore ad andare dallo specialista”, dice l’esperta chiarendo però che “a volte l’apatia del depresso ci aiuta perchè si fa trascinare in maniera molto passiva e poi decide di seguire questo percorso”.

La terapia, un costo che non tutte le famiglie possono permettersi

Una famiglia che necessita di un supporto psicologico spesso non sa dove sbattere la testa. Il problema è che non si investe abbastanza sulla salute mentale. Ricorda Passoni che “le strutture pubbliche hanno i loro tempi e allora si è costretti a rivolgersi al privato ma i costi sono sostanziosi perché non si tratta di una sola seduta. La salute mentale prevede un periodo di osservazione che tra l’altro non è definito. Questo vuol dire che la famiglia dovrà farsi carico settimanalmente di un costo economico e non tutte possono permetterselo”.

Cyberbullismo: gli effetti di una vita commentata dagli altri

C’è un fenomeno sempre più diffuso, anche tra i giovanissimi, che si chiama depressione da internet ed è legato al cyberbullismo. Un fenomeno che ha fatto aumentare i suicidi in età pediatrica.
“L’uso della rete e dei social network, che tra l’altro con la pandemia si è amplificato ed è stato sdoganato anche per i più piccoli, dà la possibilità di utilizzare i social con troppa facilità anche nell’esprimere giudizi, offese e minacce”, dice l’esperta sottolineando che in questo modo “si colpiscono i ragazzi e le ragazze più fragili che subiscono un abbassamento della propria autostima, si sentono umiliate, provano un senso di inadeguatezza tale da diventare depressi e vedere come unica via d’uscita il suicidio”.
Spesso i familiari non se ne accorgono o “se ne accorgono quando è troppo tardi”. Pensate che il numero di suicidi per la depressione è così altro che “questa patologia sta scavalcando le malattie cardiovascolari come prima causa di morte”.

Un consiglio da psicologa e da insegnante

“Un punto di riferimento importante può essere lo sportello di psicologia nelle scuole”, conclude Passoni che sulla base della sua esperienza di insegnante del Liceo delle Scienze Umane spiega anche che “può essere il primo strumento per dare la possibilità, in maniera gratuita e a tutti quanti, di affrontare un qualunque disagio possa capitare. E poi la comunicazione: “Comunicate sempre, sempre e facendo sentire i ragazzi attivi e partecipi. Questo secondo me aiuta tantissimo e anche a prevenirli i disagi. Quindi comunichiamo”.

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.