Covid-19, le regioni chiedono lo stop al sistema delle zone a colori

A quanto trapela, sembra che il confronto si aprirà la prossima settimana

“Con gli altri Presidenti abbiamo parlato di abolire i colori delle regioni. I colori servono a poco, su questo siamo pressoché tutti d’accordo. Ne ho parlato anche con Massimiliano Fedriga“, il presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
A parlare è il Presidente del Molise, Donato Toma, che fa il punto su quanto è emerso in sede di Commissione Sanità della Conferenza delle Regioni.
Sulla stessa lunghezza d’onda c’è anche il governatore della Regione Toscana, Eugenio Giani, che a margine di una conferenza stampa in Giunta, sottolinea che è il caso “di smetterla con questi colori. Chi si è accorto che siamo in giallo? Aveva un senso quando c’erano delle misure relative alla mobilità, ma oggi sono relative solo ai non vaccinati, quindi che senso ha creare un clima di timore nel dire che c’è il colore giallo, arancione o rosso?  Il sistema dei colori, nel momento in cui la politica è quella delle vaccinazioni e quando uno è vaccinato regolarmente può circolare, non sembra avere più molto senso”.
Lo stesso vale per Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, che dichiara sottolinea: “Io sono uno di quelli che pensa che i colori vanno eliminati, oggi non hanno quasi più senso, può rimanere al limite il rosso perché stiamo parlando del caso più grave”. Non lontane anche le dichiarazioni del governatore della Liguria, Giovanni Toti, che dice “basta con le zone a colori e i tamponi che imprigionano le persone a casa, anche se stanno bene”.
Il presidente della Valle d’Aosta, Erik Lavevaz, ha scritto direttamente al ministro della Salute, Roberto Speranza, per chiedere che “nelle regole di conteggio delle occupazioni dei reparti, venga inserito per la regione alpina un margine di tolleranza pari a un piccolo numero di ricoveri, in modo da evitare che distorsioni statistiche abbiano conseguenze sostanziali nella valutazione”. In particolare Lavevaz chiede “che venga consentito un margine di almeno cinque ricoveri per la terapia intensiva e di 20 per l’area medica che possano essere esclusi dai calcoli per l’occupazione”.

Ora la palla passa a Speranza. A quanto trapela sembra che un confronto sia in programma per la prossima settimana ma tra le Regioni c’è chi spinge per arrivare prima a un cambiamento, come Lavevaz appunto, il quale ha sottolineato che il passaggio alla zona rossa sarebbe inaccettabile e molto grave per la stagione sciistica.

Nello specifico la situazione attuale della Valle d’Aosta, “unica zona arancione sul territorio nazionale, è frutto – secondo il presidente Lavevaz – di una distorsione legata ai piccoli numeri della nostra realtà. Con i 33 posti disponibili in terapia intensiva, ciascun caso di ricovero porta a un incremento del 3% dell’occupazione totale: si tratta di un’evidente distorsione, che con le norme in vigore può avere conseguenze gravissime per tutto il sistema regionale. Questo si è verificato la scorsa settimana, quando un singolo ricovero non-covid (persona ospedalizzata per politrauma, poi rivelatasi positiva al Covid-19) ha fatto passare la percentuale di occupazione delle terapie intensive dal 18% al 21%, portando alla zona arancione per il territorio regionale. Inoltre “attualmente, il sistema sanitario valdostano offre il più alto numero di posti in terapia intensiva rispetto alla popolazione: i dati Agenas – riporta Lavevaz – evidenziano come i letti già disponibili siano 26,6 ogni 100.000 abitanti, rispetto a una media nazionale di 16,3. Si tratta di una situazione virtuosa e non ulteriormente migliorabile in tempi stretti: nonostante questo, un incremento di 4 casi può portare la Valle d’Aosta dalla zona gialla (6 ricoveri, pari al 18%) alla zona rossa (10 ricoveri, pari al 30,1%). Anche eventi accidentali o puntuali porterebbero a ingiustificati cambiamenti di scenario, con gravi ripercussioni sul tessuto socio-economico”.

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