Coronavirus, ecco cos’è un vaccino a mRNA

Ce lo spiega il direttore del Dipartimento di Igiene del Policlinico San Martino, Gian Carlo Icardi

Genova – “Con l’avanzata della ricerca scientifica oggi finalmente abbiamo un vaccino a mRNA, ma purtroppo è una sigla che fa paura e scatena le bufale da social network”, racconta Gian Carlo Icardi, il direttore del Dipartimento di Igiene del Policlinico San Martino, che poi attacca le fake news precisando che “questo tipo di vaccini ha una lunga storia alle spalle” e che “la prima pubblicazione scientifica è uscita nel 1990”.

Ma allora perché c’è voluto così tanto tempo per mettere a punto questo tipo di vaccini?

“Me lo chiedono in tanti e la spiegazione è semplice: era difficile trovare la stabilità per l’mRNA che è una molecola molto delicata. E voglio ribadirlo per smentire le voci che circolano in rete di questo RNA che non si sa dove andrà a finire”, prosegue Icardi precisando che anche “le procedure di preparazione dell’iniezione devono essere molto accurate perché si degrada facilmente”.
E lo abbiamo visto stamattina, nella giornata di partenza del Vaccine Day in Liguria, dove le preparazioni appena scongelate sono state diluite in loco secondo una procedura apposita che prevede ad esempio che la dispersione diluita vada capovolta delicatamente per  dieci volte senza agitarla.
Non solo.
Al contrario del DNA che nei fossili può sopravvivere per decine di migliaia di anni, “l’mRNA è talmente instabile e fragile che se non fosse stato ricoperto da una nanoparticella, una sferula di grasso che lo protegge, non funzionerebbe”, continua ancora Icardi spiegando che “allora l’idea che una volta iniettato possa andarsi a infilare chissà dove è una bufala da smontare in tutto e per tutto”.

Ma come funziona il vaccino anti-Covid? E soprattutto, cos’è l’mRNA?

mRNA significa “RNA messaggero, cioè un filamento che trasporta all’interno delle cellule le istruzioni per costruire le proteine”, chiarisce Icardi aggiungendo che nel caso del vaccino contro il Coronavirus “l’RNA messaggero con la sua sferula di grasso va a finire nelle cellule del nostro organismo dove la particella di grasso viene aperta e l’mRNA lancia il suo messaggio ai ribosomi, cioè le fabbriche delle proteine, per produrre l’ormai famosa proteina Spike“.
Quando una persona si ammala di Covid, infatti, genera gli anticorpi contro questa proteina che è l’uncino che permette al virus di agganciare le cellule delle nostre vie respiratorie e penetrare nell’organismo dove si moltiplica causando la malattia.
Partendo da questo, i ricercatori hanno ricostruito in provetta il filamento di mRNA che porta le informazioni per fabbricare la proteina Spike e l’hanno trasformato in un vaccino che, una volta iniettato, stimola le nostre cellule a produrla.
In questo modo, quando la proteina è pronta ed esce dalla cellula, il sistema immunitario la riconosce come estranea e inizia a generare gli anticorpi diretti contro la Spike.
Un fattore da non sottovalutare è che la proteina Spike, da sola, attiva una reazione immunitaria ma non è in grado di provocare la malattia perché è soltanto una piccola parte del virus.
In sostanza, conclude Icardi, “iniettiamo l’RNA messaggero che fa da corriere portando il messaggio alla fabbrica delle proteine” così, quando una persona vaccinata incontra il virus, gli anticorpi riconoscono e si legano alla Spike che sta sulla sua superficie, e lo distruggono.

Ecco cosa succede

proteina Spike

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.