Maxi traffico di rifiuti a Palermo: 15 arresti e 146 indagati nell’operazione Old Waste

OPERAZIONE “OLD WASTE”: UN BUSINESS DA 3,5 MILIONI DI EURO IL TRAFFICO ILLECITO DI RIFIUTI A PALERMO

Palermo – A conclusione di articolate indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Palermo, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo e del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 15 soggetti, responsabili a vario titolo di traffico illecito di rifiuti, emissione di fatture false e occultamento di documentazione contabile.

Gli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle, attraverso l’approfondimento di segnalazioni per operazioni sospette e l’ausilio di verifiche fiscali condotte parallelamente alle intercettazioni telefoniche, hanno permesso di svelare un complesso meccanismo fraudolento finalizzato alla gestione di rifiuti metallici al di fuori del circuito legale, mediante l’utilizzo di false fatturazioni. Il traffico illecito, intercettato già dal sistema antiriciclaggio – nel cui ambito sono state prodotte oltre 45 segnalazioni per operazioni sospette sulle principali persone fisiche e giuridiche oggetto di indagini – ha poi determinato l’avvio di più penetranti investigazioni di natura penale.

“NOI FAREMO SOLO CARTA MA NON REGISTREREMO UN CAZZO”
In particolare, le indagini hanno fatto emergere un articolato sistema criminale, attraverso il quale piccoli imprenditori titolari di ditte individuali – evasori totali e privi di autorizzazione ambientale –  nel periodo dal 2014 al 2017, hanno movimentato solo cartolarmente merce per 3,5 milioni di euro, in realtà non corrispondente a effettivi conferimenti di materiale.
Funzione di queste ditte, infatti, è stata quella di creare fatture false da consegnare a 6 società specializzate nella raccolta e trattamento dei rifiuti, con sede a Palermo, Carini (PA) e Capaci (PA), che a loro volta avevano la necessità di fornire giustificazione documentale al materiale acquistato di fatto a prezzi più convenienti da canali non ufficiali, e che una volta lavorato sarebbe stato rivenduto a prezzo di mercato.

Il meccanismo fraudolento partiva dai “cenciaioli”, primo livello di questa filiera illecita, che recuperavano i rifiuti metallici del tipo rame, ferro, ottone, alluminio, provvedendo al successivo conferimento presso le “piattaforme di raccolta”, cioè il secondo livello.
A fronte di questi conferimenti venivano emesse fatture – i cui importi non venivano dichiarati al fisco – per quantitativi di materiale ferroso di gran lunga superiori a quelli effettivamente ceduti dai “cenciaioli”. Ciò, al fine di consentire alle società conferitarie di avere una giustificazione cartolare a importanti disponibilità di merce in realtà provenienti da un parallelo circuito illecito. Il pagamento delle fatture avveniva attraverso bonifici o assegni bancari nei confronti dei “cenciaioli” i quali poi prelevavano in contanti le somme ricevute che provvedevano a restituire alle “piattaforme di raccolta”, trattenendo solo una minima parte a titolo di compenso.

Dalle intercettazione è emerso anche il ruolo di alcuni commercialisti, che spiegavano ai conferitori come portare avanti i pagamenti: “Possibilmente non si deve vedere che ti deve fare il bonifico… E tu domani ti vai a prendere i soldi in contanti”. O ancora: “Fino a tremila euro io posso pagare anche in contanti, ma è un’altra norma sull’antiriclaggio, qui stiamo parlando poi per stabilire se l’operazione esiste”.

Complessivamente sono 146 le persone indagate a vario titolo per reati ambientali e tributari dalla Procura di Palermo, 15 – cioè i titolari delle “piattaforme di raccolta” e i cosiddetti “cenciaioli” -destinatarie di un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali. 

NEL VIDEO LE VOCI DEGLI INDAGATI

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