Countdown

Meno 19, cioè 19 notti, una decina di ore e svariati minuti. E meno tre giorni. 

Ogni anno, da quando sono passato dall’adolescenza alla pubertà, e poi via via sino ad arrivare alla terza età, sale l’ angoscia e ansia da prestazione. Succede esattamente così appena mi capita di intravedere il primo calendario dell’avvento e di iniziare mentalmente nell’inconscio il conto alla rovescia. Duplice per giunta. Quello dei giorni che mi separano al Natale e quello intermedio dei giorni che mi dividono dall’8 dicembre, la data  in cui tradizionalmente si allestiscono albero e presepe. Metteteci pure che in questa occasione la ricorrenza dell’Immacolata concezione cadrà di domenica e potrete farvi una ragione autentica del mio cattivo umore di questi giorni. Perche’, come vi dicevo, è logico che nell’attesa – che in questa situazione ve l’assicuro non è e non puo’ essere il piacere stesso, anzi un mix di apprensione, irrequietezza, agitazione, timore, inquietudine, affanno, preoccupazione, trepidazione…. addirittura affanno che tende all’angoscia – salga, sino quasi a soffocarti, la cosiddetta sindrome del Grinch.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Essì, avete presente il Grinch? Ma, si’ il personaggio che va per la maggiore fra i film prenatalizi in onda, anzi che esondano su tutti i canali Tv. Il Grinch del film del 2000, verde e astioso protagonista che vive con gli oggetti presi dalla discarica. Un essere fantastico scontroso e malvagio. Che poi, a ben vedere, la storia originale, scritta in rima nel 1957 dal dr. Seuss e con tanto di disegni, ricalca almeno un po’ il “Cantico di Natale” di Charles Dickens. Con tanto di redenzione finale e con i cattivi che diventano buoni e i sentimenti malvagi che miracolosamente grazie allo spirito natalizio diventano pura empatia. Sara’ pure così, magari accadrà anche quest’anno, perché il Natale in fondo è anche questo. Pero’ vi assicuro che per arrivarci al Grinch che diventa buono, è davvero tutto un lento lavorio. Interiore, ma non solo. La storia del film animato ricalca quella del libro del 1957,

Cindy Lou è una bambina che vive nel paese di Chinonso e, in prossimità dei festeggiamenti per l’arrivo del Natale, convince il sindaco del paesino ad invitare il Grinch. Una creatura pelosa, panciuta, a forma di pera, dalle pupille rosse e bulbi oculari gialli e con un viso da gatto, con una personalità cinica. Negli adattamenti a colori, è in genere di colore verde. Ha trascorso gli ultimi 53 anni vivendo in isolamento nella caverna di una montagna, il Monte Crumpit (Monte Briciolaio) con vista sulla città dei Chi (Whos nell’originale inglese).

In contrasto con gli allegri Chi, il Grinch è misantropo, scontroso, solitario e irascibile con un cuore che è “di due taglie troppo piccolo”. In particolare odia il periodo natalizio, rendendosi conto in particolare di quanto siano inquietanti i vari rumori della stagione natalizia, incluso il canto dei cori natalizi e non riuscendo più a sopportare questa festa, decide di distruggerla una volta per tutte.

 

 

 

 

 

 

 

Ecco più o meno questo ingenera da sempre in me la corsa verso i festeggiamenti, quel cuore buono, l’attenzione verso gli altri, meglio se emarginati e indifesi, e gli ottimi propositi, che solitamente durano lo spazio di qualche settimana, se non addirittura da Natale al capodanno. Ma non mi preoccupo visto che ho appurato che esiste una vera e propria “sindrome di Grinch”, e cito da TGCom24: “Lucine colorate, alberi festosi, pacchi infiocchettati e dolci musichette: per molti il Natale è una vera gioia. Ci sono però anche quelli che lo odiano con tutte le loro forze e non vedono l’ora che si concluda la stagione in cui ci deve mostrare felici per forza, nonostante brindisi forzati, maratone alimentari con parenti serpenti e code stressanti in negozi sovraffollati. Come sopravvivere? Innanzi tutto, non sentiamo ci in colpa: la nostra avversione potrebbe risiedere nel nostro cervello. In ogni caso ci sono strategie da mettere in atto per “disattivare” il Grinch che c’è in noi e che ci rende malinconici e inquieti”. Scopro poi che addirittura alcuni psicologi suggeriscono un vademecum di sopravvivenza di cui vi invito a fare tesoro: “- Il Natale è soprattutto un periodo di vacanza: non si va al lavoro in molte giornate e, con pochi giorni di ferie, possiamo crearci una pausa di tempo per noi.

– Cene e feste non sono un obbligo: diciamo no con cortese fermezza ai parenti serpenti e scegliamo di incontrare solo chi ci fa stare bene, senza timore di deludere qualcuno.

– Organizziamoci per tempo in modo da avere la compagnia giusta e cose interessanti da fare

– I regali non sono indispensabili: se dobbiamo proprio fare acquisti, possiamo fare shopping online, evitando l’affollamento dei negozi.

– No alle abbuffate: ricordiamo però che a Natale si mangiano anche tante cose che adoriamo. Concentriamoci su quelle e dimentichiamo il resto.

– Puntiamo sullo spirito – Anche se non siamo religiosi, ritagliamo nelle giornate natalizie un momento in cui dedicarci alla meditazione, ai pensieri positivi o a qualche momento di volontariato: pensare agli altri ci farà anche sentire meno soli e meno malinconici.

– Nessuno spazio per l’invidia – Guardiamo solo a noi stessi, senza indulgere nell’invidia per chi ha una super-famiglia o ha in programma una vacanza da sogno.

– Riposiamoci il più possibile – Sfruttiamo le giornate di Festa per recuperare le forze: il mese di gennaio è lungo e pesante.

– Facciamo sport – Il movimento fisico può essere un vero toccasana per l’umore e un modo piacevole e intelligente per utilizzare il tempo libero. In più regala endorfine a gogò e fa bruciare le calorie di aperitivi e panettoni.

– E se non basta ancora: siamo sempre in tempo per rompere il salvadanaio e regalarci un bel viaggio al caldo, magari in un posto dove il Natale si scioglie su una spiaggia tropicale e davanti a un mare magnifico”.

Tutte sagge parole e ottime intenzioni, perché ti sforzi di assumere la posizione yoga, di fare un respiro profondo, cerchi nella tua mente la forza per decontestualizzare ed emettere espirando il mantra “Om”. Ma in verità non succede nulla. Lo spirito hater del Grinch non se ne va. Ed è duro a morire.

 

 

 

 

 

 

E mi duole confidare, per esempio, che alcune vere e proprie provocazioni di questi giorni non hanno fatto altro che far aumentare esponenzialmente il Grinch che è in me. E mi pervade e possiede. Chessò, quell’ invito del nostro beneamato sindaco Marco Bucci, a provare a preparare la cima, piatto tipico delle festività natalizie. Ne ho già parlato in un mio articolo. Abbiamo avuto la disavventura di postare la foto di una cima rotonda e…. apriti cielo. Culinari e puristi e chef e cuochi provetti, perfino gli autodidatti ci hanno bacchettato con solerzia nei loro commenti. Che poi dico, uno potrà pure farsi una cima rotonda, addirittura sferica. Potrà pure scordarsi di imprigionarla tra due piatti con tanto di peso sopra, a sfiancarla e fiaccarla?

E poi, dai… Ma quanta ansia con quell’albero a De Ferrari portato, riportato indietro, donato e restituito, temendo che qualcuno potesse accostarlo allo “Spelacchio” di Virginia Raggi. Che poi il prossimo sarà l’anno delle regionali. Magari non un anno da ricordare, o bellissimo, come ha detto il premier “Giuseppi” Conte per il 2019. Comunque un anno importante per il centrodestra , per Il presidente Giovanni Toti, per il suo “Cambiamo”. Per il sindaco “Veda un po’ lei” Marco Bucci ci sara’ la primavera del 2020 con la riapertura e l’avvenuta ricostruzione del viadotto per produrre il giusto entusiasmo e mettere le ali all’amico Toti. E quell’albero asfittico e spelacchiato avrebbe potuto portare male. Dai tocchiamo ferro. Sin da ora. Tocchiamoci le palline dell’albero.

Infine, sempre per rimanere in tema di sindrome del Grinch, mi è capitato di vedere la coppia – qualche maldicente, improvvidamente li ha voluti paragonare a “Cric e Croc” o a “Gianni e Pinotto”- prodursi in uno spot, rivolto ai genovesi tutti, “ Genova Christmas” per invitarli domenica all’accensione dell’albero. Una grande festa con luminarie e proiezioni sul palazzo della Regione.  Nello  spottino, palle dorate, palline luccicanti e “Bibì e Bibò’” che in coppia invitano i genovesi “Accendiamo l’albero, accendiamo le luci di Natale, cominciamo un bel periodo per la nostra città’. Venite numerosi”.

Insomma buoni sentimenti e melassa, tana melassa, come si addice al periodo. Ma come dice un mio caro amico, meglio la melassa che la vaselina.

Eppoi, domenica sarà il momento per ridare la piazza ai genovesi. Intanto l’albero battezzato dalle sardine è stato portato via. Forse ad evitare pericolose condivisioni.

Già, comunque sempre a De Ferrari che appena dieci giorni prima aveva dovuto registrare l’invasione delle “sardine”. Qualcuno aveva fatto notare che nell’occasione nessuno si era affacciato dal palazzo della Regione. Quasi provasse disturbo per quel raduno anti-capitone. Del resto l’intera abbinata, presidente della Regione+Sindaco, al capitano/capitone ha sempre fatto riferimento. Toti gli strizza l’occhio da tempo e a maggior ragione da quando ha deciso di separarsi dal “Telecavaliere” ottuagenario. Bucci deve all’ex sottosegretario leghista Edoardo Rixi  la sua indicazione come candidato del centrodestra che l’ha portato all’elezione. E perciò domenica la cerimonia dell’accensione delle luci e delle luminarie sarà l’appuntamento per far vedere che piazza Deffe tornerà ai genovesi. E che quello delle sardine è stato solo uno strano interludio, a segnare il cambio di passo e di atmosfera fra la fine di novembre e l’inizio di dicembre. Insomma la piazza torna alle istituzioni e ai suoi rappresentanti che mano nella mano pigeranno sul fatidico pulsante che darà la luce. E pazienza se il tar ha bocciato la gara del Comune per sostituire 47 mila e 500 punti luce con lampade a led. Un maxipiano da 23 milioni bocciato dai giudici dopo un ricorso di Enel e di tre aziende che erano in cordata con Iren. Toti e Bucci pigeranno lo stesso su quel pulsante e De Ferrari si accenderà. E pazienza se nei quartieri i commercianti hanno fatto e rifatto i conti per sapere quanto costeranno loro le luminarie. E pazienza perfino se qualche quartiere di periferia che vive peggio i morsi della crisi resterà praticamente al buio. Loro, Toti e Bucci accenderanno l’albero e le luminarie, almeno nella centralissima piazza De Ferrari.

 

 

 

 

 

 

Anche perché, per i rappresentanti del centrodestra con le elezioni all’orizzonte, meglio occuparla in qualche modo quella piazza dopo l’ invasione delle sardine. Avrebbero potuto replicare, le sardine, dando una dimostrazione di crescita, anche politica e di indirizzi, andando ad appoggiare la manifestazione indetta dai comitati e poi cancellata in tutta fretta di fronte al flop dell’assemblea. Sarebbe stato un bel segnale di crescita del progetto. Eppero’ meglio un selfie in piazza e una cantata, evidentemente. Meglio protestare contro Salvini brutto e cattivo e lasciar perdere il tema delle periferie e del territorio. Meglio, probabilmente, una protesta generica sull’ambiente aderendo ad un friday for future qualunque. O peggio a un consumistico black friday.

Ma così è se vi pare, nel bel mezzo di conti alla rovescia e calendari dell’avvento, e di ansie da prestazione dei soliti noti, sempre gli stessi, in vista dell’ inizio della campagna elettorale, strisciante, sfiancante, perenne. Con Bucci che dal scindecu cu cria è diventato persino ironico ed autoironico… “Veda un po’ lei, sono il sindaco”. Tanto che dopo il point , il messaggio ai genovesi, ed ecco che Toti e Bucci accendono l’albero. Insieme, manina nella manina. Esaltando il Grinch che c’è in me e al momento mi possiede. E attenderà, forse e probabilmente, il giorno di Natale per volatilizzarsi. Intanto torno al vademecum. Ommmmm.

Paolo De Totero

Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta