Clan di camorra infiltrati nel cantiere del Morandi: non sono nomi nuovi in Liguria

Genova – Solo gli inetti, gli ignoranti o i negazionisti possono esprimere stupore. Quando abbiamo lanciato l’allarme, già nei giorni successivi al disastro del Morandi, ci hanno preso per i soliti rompiscatole, così come quando lo abbiamo rinnovato, dopo aver visto alcune delle imprese incaricate dalla struttura Commissariale e nei cui cantieri si erano già evidenziate infiltrazioni della criminalità organizzata“.

Comincia così la dichiarazione della Casa della Legalità che, dopo la notizia dell’interdittiva antimafia emessa dalla DIA nei confronti della TECNODEM S.r.l., azienda napoletana che partecipava alla demolizione del Morandi in subappalto per OMINI SpA, ribadisce che l’interesse del contesto mafioso per le opere in emergenza come i lavori del nuovo viadotto sul Polcevera, non è una novità.
E neppure i nomi che circolano sono nuovi.

Comunicato Stampa DIA Genova, 14 maggio 2019

“L’emanazione dei sodalizi camorristi ZAZA e MAZZARELLA in Liguria è un dato storico”, continua la dichiarazione della Casa della Legalità che poi mette a fuoco la figura della testa di ponte del clan: “È Giovanni TAGLIAMENTO, ben inserito e radicato nel ponente ligure e in Costa Azzurra, che si è dimostrato capace di sinergie d’affari illeciti e anche di penetrazione nell’economia e nei cantieri con la ‘ndrangheta“.
In effetti il nome di Giovanni Tagliamento, detto “Giannino”, ricorre più volte nelle carte degli inquirenti.
Lo ritroviamo ai tempi dell’inchiesta del Procuratore Capo di Sanremo, Roberto Cavallone, quella che è costata all’amministrazione di Bordighera lo scioglimento del consiglio comunale, in un’intercettazione dove si parla di appalti con Michele Pellegrino, il fratello “pulito” di quei Pellegrino legati ai Barilaro per i quali la Cassazione ha annullato le assoluzioni in appello per 416-bis e disposto un nuovo processo nel 2017 (QUI la sentenza), confermando la confisca dei beni[1] (QUI il decreto).

“AUDIO INTERCETTAZIONE DELLA PROCURA DI SAN REMO”

E proprio negli atti del procedimento di confisca ex 416-bis confermato dalla Suprema Corte, il nome di Tagliamento ricompare:

Un punto fermo, dunque.
Ma c’è di più.

Sfogliando gli atti di indagine dell’operazione Trent’anni di Filosofia della DDA di Reggio Calabria, si scopre che Giovanni Tagliamento ha incontrato a Nizza, in Costa Azzurra, un altro esponente di vertice della ‘ndrangheta ligure: Carmelo Gullace, ritenuto il padrino del nord ovest e oggi alla sbarra nel maxi processo Alchemia.

Relazioni consolidate che non passano inosservate all’occhio della DIA genovese.
Nella semestrale 2018, presentata a febbraio di quest’anno, si legge che “nel comprensorio di Sanremo sono stati registrati interessi criminali del sodalizio TAGLIAMENTO-ALBERINO, emanazione del clan napoletano ZAZA, con proiezioni anche in Costa Azzurra” e che il capo del gruppo TAGLIAMENTO, presente a Sanremo sin dagli anni ’80, avrebbe stretto accordi operativi con la criminalità marsigliese, con altri esponenti della camorra napoletana e della ‘ndrangheta”.

Come si è arrivati all’interdittiva notificata oggi se c’erano già tutti questi indizi di attività del clan Zaza sul territorio ligure?

Scrive la DIA nel provvedimento: Amministratrice e socio unico della TECNODEM S.r.l. è MARIGLIANO Consiglia, priva di titoli o esperienze professionali di settore, consuocera di VARLESE Ferdinando”.
Le mafie, si sa, vivono di intestazioni fittizie, subappalti e noli, ma allora cosa ci faceva in white list un’azienda legata per parentela a un pluripregiudicato condannato dalla Corte d’Appello di Napoli nel 1986 per associazione a delinquere in un procedimento che vedeva “tra i coimputati diversi soggetti affiliati al clan “MISSO-MAZZARELLA-SARNO”, già appartenente all’organizzazione camorristica denominata “Nuova Famiglia”, i cui boss di riferimento erano ZAZA Michele e suo nipote MAZZARELLA Ciro“?

Simona Tarzia
© riproduzione riservata

[1]Una nota sul procedimento contro i Pellegrino-Barilaro:
Per i fratelli PELLEGRINO la Cassazione ha confermato la confisca dei beni (imprese comprese) e la sorveglianza speciale solo per Maurizio e Giovanni. Al terzo fratello, Roberto, non è stata applicata (come non è stata applicata a TAGLIAMENTO) perché si è trasferito in Costa Azzurra e la misura in questione non è prevista dalla normativa francese. Sempre la Cassazione, nel 2017, confermando le condanne per gli esponenti del locale di Ventimiglia, ha annullato le assoluzioni dei PELLEGRINO per ‘ndrangheta rinviandoli a un nuovo giudizio d’appello (procedimento La Svolta). Il nuovo appello ha visto gli imputati PELLEGRINO e BARILARO Antonino condannati (PELLEGRINO Giovanni 10 anni e 6 mesi, Maurizio 10 anni, Roberto 9 anni e tre mesi, BARILARO Antonino 7 anni). In parallelo, sempre a seguito dell’annullamento delle assoluzioni da parte della Cassazione, il nuovo appello Maglio 3 ha condannato per 416-bis anche gli altri soggetti legati e imparentati ai PELLEGRINO, e cioè PEPÈ Benito, BARILARO Francesco, e BARILARO Fortunato (tutti e tre alla pena di 6 anni di carcere).

Con una sentenza storica, la Cassazione conferma le condanne del procedimento “La Svolta”

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *