La maggioranza fugge. Cronaca di un Consiglio Comunale a Bordighera

Bordighera –  “La geografia della ‘ndrangheta in Liguria è rimasta sostanzialmente la stessa, nel senso che siamo fermi all’esistenza di quattro locali: Genova, Ventimiglia, Lavagna e Sarzana. Vedremo cosa dirà, dopo che la Cassazione è intervenuta in questo senso, l’autorità giudiziaria giudicante in riferimento al gruppo di Bordighera, che era stato individuato come sottordinato rispetto al locale di Ventimiglia, perché credo, invece, che di Bordighera si debba parlare come di un ulteriore locale”.

Così il colonnello Sandro Sandulli, Capocentro della Direzione Investigativa Antimafia di Genova, in occasione del commento alla Relazione Semestrale presentata in Parlamento, spiega che il locale della Città delle Palme emerge dalle carte processuali come: “Dotato di una propria autonomia e di una propria capacità operativa”.

Tutto questo non sembra mettere troppo in allarme l’amministrazione comunale che continua a non prendere una posizione netta né provvedimenti verso il consigliere Walter Sorriento, fotografato al funerale del boss ‘ndranghetista Giuseppe Marcianò.

Ed è proprio su questa questione, in particolare sulla disparità di trattamento tra Sorriento e il consigliere Giovanni Ramoino, che Giacomo Pallanca, capogruppo di Progetto Bordighera, ha presentato ieri sera in Consiglio Comunale la sua terza interpellanza (vedi QUI e QUI per le altre due).

Questo l’antefatto: il consigliere Ramoino, detto “Ramon”, è stato radiato dalla maggioranza per non aver chiarito in Consiglio la circostanza di una cena nella villa dei Pellegrino, presunto clan ‘ndranghetista che attualmente è di nuovo sotto processo grazie alla Cassazione che ha annullato le assoluzioni di Antonio Barilaro e dei tre fratelli Pellegrino, cioè Giovanni, Maurizio e Roberto [1].
La motivazione dell’espulsione dal gruppo Bordighera Vince? Non ha assunto i comportamenti di trasparenza che sono condizione inderogabile per fare parte della maggioranza consiliare che guida la città”. 

Dura la replica di Pallanca che sulla questione della trasparenza attacca il Sindaco, Vittorio Ingenito: “Lei parla di trasparenza. Ci può spiegare la differenza tra i casi di Sorriento e Ramoino? Dice che Sorriento all’epoca del funerale non rivestiva alcuna carica pubblica ma Sorriento era già un pubblico ufficiale. Non è un fatto grave una divisa al funerale di un boss?”.
E ancora:Ramoino perché non vi ha informato lo avete mandato via, invece Sorriento lo avete tenuto. Le vostre non risposte lasciano una pagina d’ombra su questa amministrazione”.

Uno scambio di battute teso ma che non ha portato a nulla.
Il Sindaco Ingenito è rimasto fermo nella sua posizione e, anzi, ha tirato in ballo persino Enrico Ioculano, Sindaco di Ventimiglia: “Non sono stati presi provvedimenti nemmeno dalla Polizia Municipale (Sorriento è agente della Polizia Municipale di Ventimiglia, N.d.A.)”.
Poi, rivolto a Pallanca che lo incalza, aggiunge: “Dire che non ho dato risposte non è corretto. Se le risposte non piacciono… La mancanza di logica è nelle sue interpellanze”.

E qui interviene Ramoino che cerca di ribattere: “Visto che mi tirate sempre in ballo che sembro una pallina da tennis. Articolo 38 comma 1 del Regolamento…” ma viene subito zittito dal Vicepresidente del Consiglio Comunale, Laura Pastore, che dichiara chiusa la seduta e lo mette a tacere: “Consigliere Ramoino non sono previsti interventi. Il foglio doveva consegnarcelo prima”.
Il consigliere non ci sta e parte la protesta: “Bravi, vi faccio anche io l’applauso”, applaude e continua: “Complimenti, la vostra trasparenza è questa qui. Vergognatevi”.

In effetti, il Regolamento sembra dare a Ramoino una possibilità di replica per “fatto personale”:

Articolo 38

Invece il dissenso resta inascoltato e la seduta si chiude con un pesante j’accuse dell’ex consigliere di maggioranza: “Io non dovevo pagare e ho pagato per salvare la faccia agli altri. E dite che non è vero”.

Una seduta movimentata che non finisce qui.
Mentre cerchiamo di intervistare il Sindaco, che ci evita come la peste e si allontana a passo veloce in uno dei vialetti del Parco di via Vittorio Emanuele, il blogger antimafia Christian Abbondanza insegue Marco Laganà, attuale Assessore ai lavori Pubblici del Comune di Bordighera, per chiedere conto dei suoi rapporti con la famiglia Pellegrino: “Marco Laganà, perché non parla dell’amicizia con i Pellegrino? Dei matrimoni che ha celebrato quando era Vicepresidente del Consiglio Comunale? Uno dei due blindato perché dopo il primo Roberto Pellegrino è stato arrestato“.

È a questo punto che assistiamo increduli al siparietto di una persona che saluta con la manina, guardando in camera come fanno di solito gli spettatori inquadrati allo stadio, e minaccia di querelarci.
È Lorenzo Garzoglio, figlio dell’assessore al Commercio e Artigianato Melina Rodà, che non è mai stata tirata in causa, nemmeno durante le interpellanze in Consiglio.
Siamo perplessi.

Certo, l’attacco all’informazione libera denota un’opinione pericolosa per la democrazia, un po’ come se gli amministratori pubblici non dovessero rendere conto a nessuno.

Simona Tarzia
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Documenti scaricabili:
Relazione DIA II Semestre 2017, illustrata in conferenza stampa il 25 luglio 2018 dal Capocentro Colonnello Sandro Sandulli

[1]Una nota sul procedimento contro i Pellegrino-Barilaro:
Per i fratelli PELLEGRINO la Cassazione ha confermato la confisca dei beni (imprese comprese) e la sorveglianza speciale solo per Maurizio e Giovanni. Al terzo fratello, Roberto, non è stata applicata perché si è trasferito in Costa Azzurra e la misura in questione non è prevista dalla normativa francese. Sempre la Cassazione, nel 2017, confermando le condanne per gli esponenti del locale di Ventimiglia, ha annullato le assoluzioni dei PELLEGRINO per ‘ndrangheta rinviandoli a un nuovo giudizio d’appello (procedimento La Svolta). Il nuovo appello ha visto gli imputati PELLEGRINO e BARILARO Antonino condannati (PELLEGRINO Giovanni 10 anni e 6 mesi, Maurizio 10 anni, Roberto 9 anni e tre mesi, BARILARO Antonino 7 anni). In parallelo, sempre a seguito dell’annullamento delle assoluzioni da parte della Cassazione, il nuovo appello Maglio 3 ha condannato per 416-bis anche gli altri soggetti legati e imparentati ai PELLEGRINO, e cioè PEPÈ Benito, BARILARO Francesco, e BARILARO Fortunato (tutti e tre alla pena di 6 anni di carcere).

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.

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