Mozzarella di bufala

Incontinenti, datevi un po’ una regolata. Specie in questi giorni di Coronavirus in cui la frequentazione dei social sembrerebbe l’unica cosa in grado di farci uscire dalle quattro mura casalinghe in cui ci troviamo reclusi, costringendoci, di fatto, ad una maratona in rete per evadere, almeno un po’, dall’incalzare dei notiziari che ci parlano solo di numeri e di impennate di lutti. Anche di quelli incombenti, con tanto di fasce di età al ribasso. Per dire: dai settantenni, ai sessantenni. E ancora più giù. Rendenoci partecipi delle cause: malattie pregresse alle quali il Covid19 ha contribuito a dare il colpo di grazia. Naturalmente in modo definitivo. Ragionando di picchi in arrivo, attesi come Godot. 

Anche perché ormai in rete circola di tutto e di più.  Già, i social ai tempi del Coronavirus. Con informazioni dopate fra storytelling e faziosità da cui il buon senso è comunque fuori tema e viene espulso. Che risulta un po’ come darsi arie da sommelier e poi contribuire a far circolare il “cancarone” allungato con il metanolo, o come postare foto di primi o secondi piatti, e perfino dolci eccezionali, reperite, chissà dove, su blog o riviste di cucina.

Insomma in rete ho postato e visto un po’ di tutto, filosofia alta e filosofia spicciola, tomi e Bignami, battutisti grevi e aforisti raffinati, performance commoventi e altre, canore scuotitimpani, poesie sulla spesa recitate in coda davanti al supermercato, flash mob e tricolori. Perfino denunce per gli incauti che fanno jogging o vanno a camminare sotto le finestre di anonimi vendicatori in incognito. Oppure minacce di bannazione eterna.

 Mi sono imbattuto, ancora in un mio amico, generale in pensione della guardia di finanza e opinionista per testate nazionali, che disquisiva amabilmente sulla catena alimentare di questi ultimi tempi da reclusi, fra la produzione in cucina, il consumo e i rotoli di carta igienica da consumarsi nel successivo espletamento del proprio dovere, tramite l’evidente necessità fisiologica. Perché poi alla fine, come scrivevo all’inizio del mio, articolo pregando tutti di contenersi…l’incontinenza c’entra sempre.
Ed è una brutta bestia. Sino a risultare virale, proprio come un qualche tipo di complottismo a buon mercato. 

Scrive per esempio il mio amico Mauro Ceccarelli sulla pagina, che è tutto un programma, “Rianimazione comunista pensionati proletari uniti”, facendo una summa di tutti i tipi di complotti, più o meno reali, venuti alla luce in questi ultimi tempi: “Avevano ragione i terrapiattisti quando dicevano che i virus erano polverine distribuite con le scie chimiche degli aerei! Chissà chi le ha fatte? Sicuramente è un piano cinoamericano per impadronirsi del mercato del farmaco e liberarsi della zavorra degli anziani improduttivi. Oltre a Cina e America si sono allineate anche le strutture sociali e neocapitaliste che erogano pensioni e assicurazioni per la vecchiaia a questi vecchi parassiti. Il progetto capital comunista ha liberato questo virus appoggiato anche dai comitati antiguardoni dei cantieri delle grandi opere presidiati dai pensionati, che non ne facevano passare neanche una, distribuendo il virus con pastiglie contro l’ipertensione. Finalmente ho detto una parola di verita, ed ora scendo nel portone perché il mio pusher, travestito da besagnino, mi ha portato altra roba buonissima”. E insomma, come tanti “Napalm 51”, drogati dalla rete, buon pro ci faccia.

Ho visto, per esempio, “droneggiare” post in cui la sorveglianza dall’alto messa in connessione con alcune libertà che al momento ci sono negate, e con possibili interruzioni di internet previste per decreto, potessero essere preoccupanti preavvisi di un colpo di stato. E ho letto articoli in cui gli aiuti di Putin venivano riproposti più o meno come i carri armati sovietici in Ungheria. Perché, in fondo in fondo, come diceva Ennio Flaiano in uno dei suoi aforismi, stranamente lungo che comunque può risultare utile in questi momenti di revanchismo : “Il Fascismo conviene agli italiani perché è nella loro natura e racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità. Il fascismo è demagogico ma padronale, retorico, xenofobo, odiatore di cultura, spregiatore della libertà e della giustizia, oppressore dei deboli, servo dei forti, sempre pronto a indicare negli “altri” le cause della sua impotenza o sconfitta. Il fascismo è lirico, gerontofobo, teppista se occorre, stupido sempre, ma alacre, plagiatore, manierista. Non ama la natura, perché identifica la natura nella vita di campagna, cioè nella vita dei servi; ma è cafone, cioè ha le spocchie del servo arricchito. Odia gli animali, non ha senso dell’arte, non ama la solitudine, né rispetta il vicino, il quale d’altronde non rispetta lui. Non ama l’amore, ma il possesso. Non ha senso religioso, ma vede nella religione il baluardo per impedire agli altri l’ascesa al potere. Intimamente crede in Dio, ma come ente col quale ha stabilito un concordato, do ut des. È superstizioso, vuole essere libero di fare quel che gli pare, specialmente se a danno o a fastidio degli altri. Il fascista è disposto a tutto purché gli si conceda che lui è il padrone, il padre. Le madri sono generalmente fasciste.“ 

Trasponete tutto su questa smania a esporsi sui social e avrete la chiave di tutto. Shakerate ancora  il tutto aggiungendo due parti di “Io sono io e voi….”, regola che ci da’ la chiave di lettura delle continue evasioni al decreto, e il cocktail risulterà perfetto.

Poi mi è capitato di incorrere in teorie suggestive, come quella del virus creato in laboratorio rilanciata da una trasmissione Rai del 2015, bollata come una fake news non appena Matteo Salvini l’ha utilizzata squallidamente per la sua propaganda dopata.
Con tanto di istantanea controcomunicazione. Insomma non si è trattato di una guerra batteriologica, il Covid19 è diverso da quello del 2015 creato in laboratorio.  Questo, secondo gli esperti sarebbe una specie creatasi in maniera naturale. Il che, comunque, non ci mette al sicuro sul fatto che in laboratori di un qualunque paese gruppi di scienziati facciano il loro mestiere pensando a selezionare per fini umanitari e di studio bacilli che, per una distorsione, potrebbero essere impiegati per una guerra batteriologica.

Perché, poi non è detto che fra politica e vari ordinamenti dello stato, per qualche incomprensibile, o comprensibile, cortocircuito non si finisca per rovinare una vita, fra errori giudiziari e persecuzioni mediatiche. L’articolo di Mattia Feltri  dal titolo “Il caso Ilaria Capua, radiografia del suicidio italiano” pubblicato su “La Stampa” di circa tre anni fa, in cui narra la vicenda della scienziata e del suo trasferimento negli Stati Uniti la dice lunga sull’identità del nostro paese. In sintesi spiega Feltri nel sommario “Un’eccellenza mondiale distrutta nell’indifferenza. Da genio della scienza a trafficante di virus da condannare all’ergastolo per procurata epidemia. Dieci anni di indagini sgangherate accompagnate dalla gogna mediatica e social in odio alla casta e alla scienza. Prosciolta è andata negli Stati Uniti”. Solo che degli errori, se ce ne accorgiamo, siamo prontissimi a dolerci, forse, ma sempre dopo.

E poi, a soccorrerci, c’è il pensiero lungo, lunghissimo. Quello che persegue l’ideologia e che fa il paio con il catastrofismo della natura che si ribella all’uomo che l’ha violentata in ogni modo per fini speculativi e di mercato.

Perché la colpa di tutto è del vecchio capitalismo che  attraverso il consumismo ci ha illuso di vivere nel migliore dei mondi possibili, contrabbandando il fatto che se possediamo lo stesso Iphone possiamo avere tutti le stesse condizioni di vita e le stesse possibilità. Il filosofo sloveno settantunenne Slavoj Zizek fideisticamente avverte che “Il Coronavirus è la morte del capitalismo e un’opportunità per reinventare la società”. Obiettivamente occorrerebbe andare un po’ oltre ai facili slogan e, comunque, scavallare la rigida gabbia delle ideologie. Magari interpretando quanto ci è accaduto, anche a livello interpersonale, in questi lunghi giorni di quarantena che inevitabilmente ci hanno spinto a riconsiderare, anche solo in parte, stili di vita che ci era capitato di dare ormai per scontati.

A mio parere basterebbe partire da lì, iniziando a riconsiderare, utilizzando il granus salis, tutto quanto ci scorre davanti sui social. Emarginando, col solo uso del cervello e della capacità di critica, chi cerca pervicacementee quotidianamente di avvelenare i pozzi. Ma senza condannarlo alla bannazione eterna, magari soltanto mettendolo all’angolo attraverso il confronto.

Perché magari ci hanno persino convinto, o eravamo convinti, che in democrazia avevamo raggiunto tutti l’accesso alle stesse possibilità. Poi ci siamo resi conto che il diritto allo studio, dato ormai per acquisito con l’alfabetizzazione di massa, nel momento in cui occorreva servirsi della tecnologia diventava più problematico. Per non parlare degli analfabeti funzionali. Ma quelli sono un’altra cosa, sulla quale già ci aveva messo in guardia Umberto Eco, anche se rappresentano un punto di forza per la propaganda politica. E poi, tanto per restare in tema di quarantena, esiste anche la questione dell’estensione dei tamponi e del costo delle analisi mediche, che non risultano alla portata di tutte le tasche, e comunque con una normativa diversa da regione a regione. Un argomento che, non a caso, la politica, fra un litigio e l’altro stenta a considerare. L’unica sensazione di insofferenza, di stupore o di sofferenza che mi sento di condividere è quella del personale sanitario, dei medici, o peggio dei giovani medici appena arruolati e mandati a combattere, che a me sembrano tanto quei ragazzi del ‘99 spediti subito in trincea sul finire della Grande Guerra. Metto le mani avanti e so che l’analogia potrebbe sembrare forte. Ma loro furono le vittime sacrificali e non le uniche di un Regno con tanta prosopopea e poche certezze.

Giona

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.