Cultura & società

“Nel tempo degli dèi mancano gli uomini”. Marco Paolini ci racconta il suo Ulisse

“Originariamente, nessuno ha maggior diritto di un altro su una parte della terra”.
Così diceva Kant e così sembra ricordare l’ultimo lavoro teatrale di Marco Paolini e Francesco Niccoli, “Nel tempo degli dèi. Il calzolaio di Ulisse”, dove è tangibile il legame con il presente.

“In un momento in cui la biologia ci propone di non rassegnarci al DNA che ci hanno lasciato i nostri genitori – spiega Paolini -, rimuovere la malattia e allungare la vita oltre i suoi limiti è il sogno di chi può permetterselo. L’aspirazione all’immortalità è un’aspirazione a una vita ferma, fossile. Gli dèi sono fossili e rappresentano proprio quello stile di vita che il nostro pianeta non può sostenere“.

Ma chi sono questi dèi?
Sono la parte più ricca del mondocontinua Paolini -, quella che non si preoccupa degli altri, che si permettere di decidere il futuro dei popoli che irritano, come è successo in passato con gli Ebrei. È evidente che la nostra Odissea guarda alla storia dell’Occidente“.
Dunque sono gli occidentali i nuovi dèi, capricciosi e decadenti, e ci assomigliano terribilmente: noi accogliamo, respingiamo, giochiamo con il destino degli altri e, come le divinità omeriche, ci comportiamo in maniera irrazionale e incomprensibile.
“Raccontarli è la chiave per parlare di noi”, aggiunge Paolini che poi sulla scelta di usare sul palco le coperte isotermiche che si danno ai migranti quando sbarcano assiderati ammette: “Nella scena finale del massacro dei Proci il richiamo ai morti nel Mediterraneo c’è tutto, e il luccichio delle coperte isotermiche arriva allo spettatore come un pugno allo stomaco“.

E Ulisse, invece?
Ulisse è colui che resta umano. Dice Paolini: “Noi volevamo raccontare un uomo e non un eroe. Un uomo tra i peggiori ma che alla fine rinuncia al dono dell’immortalità. Non vuole essere un dio annoiato e violento che mangia i propri figli per paura che gli rubino il posto. In confronto alla perfezione degli dèi, per me Ulisse vale di più.
Lavorando nelle carceri ho incontrato mafiosi e assassini. Te li mettono lì in una classe di venti e tu non sai chi sono. Te lo dicono dopo. Così magari scopri che quello con cui hai parlato di più è un mostro e ti viene un brivido. Poi quando esci pensi che ti ha detto delle belle cose, ma in realtà è solo il sollievo perché non ti ha ucciso.
Ecco Ulisse è così, un assassino a piede libero che potrebbe ammazzare chiunque. Quell’animale che si muove sul palcoscenico legato al suo remo non è buono, è umano e non uno dei migliori. Ma noi non abbiamo bisogno di eroi, abbiamo bisogno di uomini”.

In effetti, oggi c’è in giro tanta gente che gioca a fare Dio e restare umani è sempre più difficile.

Simona Tarzia

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell'ambiente e mi piace pensare che l'informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini. Il mio impegno nel giornalismo d'inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.

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