In un’Italia che continua a confrontarsi con il potere dei clan, don Luigi Ciotti emerge come una figura incrollabile nella battaglia per la legalità, offrendoci una visione chiara e impietosa della realtà e dei suoi atteggiamenti più pericolosi: per primo l’indifferenza.
“Ognuno deve fare la propria parte”, dice don Ciotti. Non basta che magistratura e forze di polizia facciano il loro dovere, anche i cittadini devono prendere posizione. “Ci sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo morale“, sottolinea aggiungendo che “la denuncia degli atteggiamenti mafiosi deve essere seria, attenta e documentata, senza ricorrere a cacce alle streghe o semplificazioni”.
E poi, ancora in tema di indifferenza e negazionismo avverte che “si è passati dal crimine organizzato mafioso percepito come un’anomalia, al crimine normalizzato“. In questo modo “la criminalità diventa una parte accettata della quotidianità” e questo è un errore che rischia di rendere più forte il potere mafioso. “Settori come il mercato della droga, l’usura, le ecomafie e le agromafie, il gioco d’azzardo”, sono solo alcuni degli strumenti attraverso cui le mafie accumulano ricchezze illecite, sono il loro “denaro sporco”. Perciò non basta “tagliare la malerba in superficie. Bisogna estirpare il male alla radice con un grande impegno culturale, educativo e sociale. Lotta alla mafia vuol dire lavoro per tutti, vuol dire una casa, la dignità, la libertà delle persone, vuol dire cultura in tutte le sue espressioni,” spiega. E anche la politica deve fare la sua parte, perché “senza un’azione politica forte e decisa, non si può parlare di vera lotta alla mafia”.
Ma non ci sono solo i soldi della droga e degli altri traffici illeciti a irrobustire i clan dello stivale. C’è anche il cemento. E un nodo critico determinante è rappresentato dal codice degli appalti. Don Ciotti lo definisce “una tragedia” perché le semplificazioni, come il Modello Genova, “rischiano di aprire ulteriormente le maglie alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose”. E “Le mafie sanno come approfittarne”, ci avvisa ricordando che “situazioni simili si sono già viste in passato e non dovremmo stupirci se si ripetono”.
Perché non dobbiamo dimenticare che “l’ultima mafia è sempre la penultima perché nel codice genetico dei mafiosi c’è un imperativo: rigenerarsi”.
Come diceva Sandro Pertini, la lotta alla mafia inizia dall’applicazione e dal rispetto della Costituzione. E don Ciotti, con la sua voce ferma, ci ricorda che questa è una battaglia che non possiamo permetterci di perdere.
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