El Fasher, l’inferno invisibile: atrocità di massa in Sudan
Nel cuore del Darfur, a El Fasher, la tragedia umana ha raggiunto una nuova e spaventosa soglia. Tra il 26 e il 29 ottobre 2025, in soli quattro giorni, i team di Medici Senza Frontiere (MSF) hanno curato oltre 700 persone e ricevuto 396 feriti, molti con ferite da arma da fuoco, fratture multiple e segni di tortura.
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È l’istantanea di una catastrofe che si consuma lontano dai riflettori internazionali, ma che racconta la disgregazione totale del tessuto civile del Sudan.
Un assedio lungo diciassette mesi
El Fasher, capitale dello Stato del Nord Darfur, è caduta il 26 ottobre dopo diciassette mesi di assedio. Durante questo periodo, la popolazione — stimata dalle Nazioni Unite in 260.000 persone alla fine di agosto — ha vissuto in condizioni di isolamento totale, tagliata fuori dagli aiuti umanitari e dalle reti di comunicazione.
Le strade di accesso erano presidiate dalle Forze di Supporto Rapido (RSF) e dai gruppi armati alleati, che, secondo le testimonianze raccolte da MSF, avrebbero impedito ai civili di fuggire e preso di mira interi gruppi etnici, con episodi di esecuzioni sommarie, rapimenti e violenze sessuali.
“Tra i feriti che abbiamo accolto a Tawila — racconta la dottoressa Livia Tampellini, vicecoordinatrice delle emergenze di MSF — molti avevano ferite infette, altre causate da interventi chirurgici improvvisati in condizioni disperate. La popolazione è allo stremo: arrivano qui a piedi, disidratati, affamati, traumatizzati”.
Fame, paura e silenzio
Chi è riuscito a fuggire ha raccontato di viaggi notturni per evitare gli uomini armati e di bambini morti di fame lungo il cammino. Il dato più allarmante è quello sulla malnutrizione: tra i 70 bambini sotto i cinque anni arrivati il 27 ottobre, oltre la metà era affetta da malnutrizione acuta grave. Il giorno successivo, su 120 uomini adulti esaminati, uno su cinque mostrava gli stessi segni di denutrizione estrema.
Numeri che descrivono la carestia sistematica inflitta alla popolazione come strumento di guerra. Da più di un anno, infatti, l’area è dichiarata zona colpita da carestia, con la popolazione costretta a nutrirsi di mangimi per animali o di erbe selvatiche.
Fame
La malnutrizione acuta grave, secondo i protocolli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, comporta una perdita di massa corporea superiore al 30% del peso ideale, compromette le difese immunitarie e riduce la capacità dell’organismo di reagire a infezioni e traumi. Nei bambini sotto i cinque anni, può essere letale in meno di due settimane.
“Non parliamo solo di mancanza di cibo — spiega un medico di MSF — ma di un corpo che si spegne lentamente: il cuore rallenta, il fegato cede, la mente diventa confusa. È un collasso biologico e psicologico allo stesso tempo”.
Atrocità su scala di massa
Le testimonianze raccolte dai sopravvissuti delineano un quadro di violenza sistematica. Un gruppo di circa 500 civili e soldati delle Forze Armate Sudanesi avrebbe tentato la fuga il 26 ottobre, ma sarebbe stato intercettato dalle RSF. Molti sono stati uccisi o catturati, altri separati per sesso, età o etnia.
Le vittime sarebbero state rilasciate solo previo pagamento di riscatti tra 7.000 e 43.000 euro. “Un sopravvissuto ci ha raccontato di aver dovuto pagare 24 milioni di sterline sudanesi — circa 34.000 euro — per salvarsi la vita”, riferisce Michel Olivier Lacharité, responsabile delle emergenze di MSF.
“Le testimonianze parlano di prigionieri schiacciati con i veicoli, di torture e di esecuzioni in pubblico. È un orrore che non possiamo più permetterci di ignorare”.
Tawila, ultimo rifugio
A Tawila, 60 chilometri da El Fasher, MSF ha allestito un centro sanitario d’emergenza dove si pratica chirurgia di guerra e si offre supporto psicologico. La popolazione locale, già duramente provata da mesi di instabilità, accoglie i nuovi arrivati nella speranza di riconoscere un volto tra i sopravvissuti.
Molti operatori sudanesi di MSF hanno perso familiari a El Fasher. Nonostante ciò, continuano a lavorare senza sosta. “Qui — racconta un infermiere — ogni volto è una storia di perdita, ogni sguardo chiede aiuto. Ma non possiamo arrenderci”.
Appello al mondo
MSF ha lanciato un appello urgente alle parti in conflitto, chiedendo alle RSF e ai gruppi armati alleati di risparmiare i civili e garantire corridoi umanitari sicuri. L’organizzazione si rivolge anche alle potenze diplomatiche — Stati Uniti, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto — perché esercitino la loro influenza per fermare il massacro.
Ma finora il mondo è rimasto in silenzio. E in quel silenzio, le voci di El Fasher continuano a spegnersi una dopo l’altra.
Un disastro umanitario ignorato
Il conflitto sudanese, iniziato nell’aprile 2023, ha già provocato oltre 14 milioni di sfollati interni e una delle peggiori crisi alimentari del pianeta. La situazione a El Fasher è solo la punta di un iceberg che mostra come, nel XXI secolo, la fame e la violenza restino strumenti di dominio e di cancellazione etnica.
Copertina: Credit MSF