Rio de Janeiro, 138 morti nella più vasta operazione anti-narcos della storia del Brasile
Scontri a fuoco per giorni tra forze di sicurezza e trafficanti nei complessi del Alemão e della Penha. Sequestrati oltre cento fucili e più di una tonnellata di cocaina. Critiche per l’alto numero di vittime e accuse di esecuzioni sommarie.
A Rio de Janeiro il fumo non si è ancora diradato dopo quella che le autorità definiscono la più imponente operazione contro il narcotraffico mai condotta nel Paese. Il bilancio definitivo parla di oltre 130 morti, tra cui sospetti membri del Comando Vermelho, forze di sicurezza e civili coinvolti incidentalmente nei combattimenti. L’azione, durata giorni e concentrata nei complessi di favelas del Complexo do Alemão e del Complexo da Penha, ha trasformato l’area nord della città in un campo di battaglia.
L’operazione, denominata “Contenção”, ha visto impegnati oltre 2.500 uomini tra polizia militare, forze federali e unità speciali. L’obiettivo era colpire i vertici del Comando Vermelho, la più antica e potente organizzazione criminale del Brasile, responsabile di gran parte del traffico di cocaina nello stato di Rio e con ramificazioni in tutto il Sudamerica. Le autorità avevano pianificato l’irruzione da settimane, in seguito a una serie di intelligence che segnalavano la presenza di leader del gruppo nascosti nelle favelas, protetti da un fitto sistema di vedette armate e di tunnel sotterranei.
Lo scontro è stato immediato. I narcotrafficanti hanno opposto una resistenza feroce, utilizzando armi d’assalto, ordigni artigianali e persino droni equipaggiati con esplosivi. Le forze di sicurezza hanno risposto con mezzi blindati e appoggio aereo. Interi isolati sono rimasti senza elettricità, mentre autobus e automobili venivano incendiati per bloccare l’avanzata delle truppe. I residenti, intrappolati nelle case, hanno raccontato ore interminabili di sparatorie e panico.
Alla fine dei combattimenti, il bilancio è risultato devastante. Centotrentotto morti e oltre ottanta arresti. Le autorità hanno sequestrato più di cento armi da fuoco, tra cui almeno novanta fucili d’assalto, e recuperato oltre una tonnellata di cocaina, insieme a grandi quantità di marijuana e crack. Negli edifici perquisiti sono stati trovati anche ordigni esplosivi artigianali, giubbotti antiproiettile e un centro di comunicazioni radio che collegava le varie cellule della fazione. Secondo la polizia, parte del bottino derivante dal traffico di droga veniva reinvestito in armi e droni, segno di una crescente militarizzazione delle gang.
Cosa è il Comando Vermelho
Il Comando Vermelho — “Comando Rosso” — nasce alla fine degli anni Settanta all’interno del sistema carcerario di Rio, dove criminali comuni e detenuti politici formarono un’alleanza per sopravvivere alle violenze delle prigioni. Da quel nucleo nacque un’organizzazione che oggi controlla un vasto impero economico fondato su droga, armi e racket. Il gruppo, strutturato in modo orizzontale ma coordinato da figure carismatiche note come “generali”, mantiene il controllo di decine di favelas e gestisce le rotte della cocaina proveniente dal Perù e dalla Bolivia, che transita per i porti brasiliani diretta verso l’Europa e l’Africa.
Le autorità brasiliane hanno definito l’operazione un successo “storico”, ma non mancano le critiche. Organizzazioni per i diritti umani e osservatori internazionali denunciano l’eccessiva violenza dell’intervento e chiedono indagini indipendenti per chiarire le circostanze di molte delle morti. In diverse aree, infatti, i corpi sono stati recuperati giorni dopo la fine degli scontri, e numerose testimonianze parlano di esecuzioni sommarie.
Il governo dello Stato di Rio sostiene che la risposta militare fosse inevitabile di fronte a un’organizzazione capace di controllare interi quartieri, imporre il proprio codice e disporre di un arsenale degno di un esercito. Ma resta il dubbio che una repressione così sanguinosa possa risolvere un problema che affonda le radici in decenni di abbandono sociale.