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L’illusione della parità: più donne occupate, ma senza stabilità

Il Rapporto di genere 2025 dell’Osservatorio Mercato del Lavoro di ALFA Liguria racconta un’occupazione femminile in crescita, ma ancora precaria, sottopagata e lontana dai settori strategici.

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Dietro la ripresa dell’occupazione si nasconde una realtà economica che non cambia: retribuzioni più basse, carriere interrotte, imprese che chiudono e un mercato del lavoro ancora dominato dagli uomini.

Questa la realtà che abbiamo rilevato nel “Terzo rapporto sul contesto socioeconomico in un’ottica di genere – 2025”, redatto dall’Osservatorio Mercato del Lavoro di ALFA Liguria, che restituisce un’immagine complessa e a tratti contraddittoria della condizione femminile nella regione. Le infografiche e i dati numerici, compongono una istantanea che, al di là delle apparenze, racconta una storia di progressi lenti, discontinui e spesso confinati nei margini di un sistema ancora largamente sbilanciato a favore degli uomini.

Nel secondo trimestre del 2025, la Liguria registra un aumento complessivo dell’occupazione del 2,1%, con 13.019 occupati in più rispetto all’anno precedente. Ma a trainare la crescita sono solo le donne: +5,2% contro un calo dello 0,3% per gli uomini. È un dato che a prima vista può sembrare incoraggiante, e che porta il tasso di occupazione femminile dal 58,9% al 61,2%. Tuttavia, la forbice con la componente maschile rimane ampia, superiore ai tredici punti percentuali.

E soprattutto, dietro quella crescita si nasconde la natura dei contratti che la sostengono. La maggior parte dei nuovi impieghi femminili non è a tempo pieno né stabile: si tratta in larga misura di lavori autonomi o part-time, spesso concentrati nei servizi e nel turismo, dove la stagionalità e la precarietà rappresentano la norma. Nel 2024 le lavoratrici a tempo parziale costituiscono il 36,9% delle occupate, e otto contratti part-time su dieci in Liguria sono firmati da donne.

Ancora più significativo è il dato sull’occupazione indipendente, cresciuta del 6,2% in un solo anno, ma quasi interamente trainata da donne che operano nel commercio, nella ristorazione e nell’accoglienza. È una crescita che gonfia le statistiche, ma non rafforza la condizione economica delle lavoratrici. Aumentano le posizioni, non la qualità del lavoro.

Lo stesso report ammette che quasi l’80% dei lavoratori part-time in Liguria sono donne e che la differenza di reddito medio annuo rispetto agli uomini resta superiore ai novemila euro. Un dato che, in sé, basterebbe a dimostrare quanto la “ripresa” femminile sia più statistica che sostanziale.

Il capitolo dedicato all’imprenditoria femminile conferma la stessa ambiguità. Le imprese guidate da donne in Liguria, al 2024, sono 35.053: rappresentano l’11,2% di quelle del Nord Ovest e appena il 2,7% del totale nazionale. In cinque anni se ne sono perse quasi mille, pari a una flessione del 2,7%. Una diminuzione lieve, ma significativa se si considera che la contrazione colpisce soprattutto le imprese individuali e le cooperative, cioè quelle forme imprenditoriali più diffuse tra le donne.

A crescere, invece, sono le società di capitale (+14%) e i consorzi (+12,4%), segno che una parte delle imprenditrici liguri sta tentando di emanciparsi da modelli produttivi più fragili. Ma la fotografia complessiva resta quella di un tessuto economico dove l’impresa femminile è piccola, isolata e spesso relegata a nicchie di mercato tradizionali. I grafici mostrano un calo netto delle nuove aperture nei comparti manifatturiero, agricolo e della ristorazione, mentre tengono solo istruzione, costruzioni e sanità. È come se la spinta all’autonomia si scontrasse con una struttura economica che continua a offrire alle donne opportunità limitate, quando non precarie.

Un quadro in apparenza positivo

Il quadro della disoccupazione, almeno in superficie, sembra più positivo. Dal 2019 al 2024, le persone in cerca di occupazione in Liguria sono diminuite del 43%, con un calo particolarmente marcato tra le donne (-48,7%). Nel 2024 il tasso di disoccupazione femminile scende al 6,4%, quasi la metà rispetto a cinque anni prima. Ma ancora una volta, la lettura dei numeri richiede cautela. Una parte di questa contrazione si spiega con l’uscita dal mercato del lavoro di molte donne, soprattutto over 55, e con il crescente ricorso a contratti part-time o stagionali che, pur classificati come “occupazione”, spesso non garantiscono né stabilità né indipendenza economica.

Non sorprende, dunque, che il report segnali un aumento delle “forze di lavoro potenziali” – persone, in gran parte donne, che vorrebbero lavorare ma non cercano attivamente un impiego – cresciute del 31% in un solo anno. È un indicatore che racconta di un disagio sommerso: donne formalmente occupabili, ma di fatto escluse o scoraggiate.

Le donne studiano di più

La parte dedicata all’istruzione e ai percorsi universitari introduce un altro nodo strutturale. Le donne continuano a studiare di più e con risultati migliori. Il 33% delle lavoratrici liguri ha una laurea, contro appena il 20% degli uomini. Tuttavia, questo capitale formativo non si traduce in un vantaggio professionale. Nelle discipline STEM – scienza, tecnologia, ingegneria e matematica – la presenza femminile, pur in crescita (+18,3% rispetto al 2019), resta minoritaria.

Nel 2024, quasi il 59% dei laureati STEM in Liguria è uomo. È una forbice che si riflette poi nelle retribuzioni e nei ruoli apicali: le donne entrano nei settori ad alto valore aggiunto, ma raramente riescono a raggiungere posizioni di comando. Il report cita il dato delle retribuzioni INPS: 27.366 euro per gli uomini, 17.996 per le donne. Una differenza che non può essere spiegata solo dal part-time o dalle interruzioni di carriera. È, piuttosto, il segno di una disparità sistemica che continua a penalizzare le donne anche quando studiano di più, producono di più, si qualificano di più.

La Liguria del 2025 è una regione in cui le donne lavorano, ma guadagnano meno

Nel complesso, il “Rapporto di genere 2025” descrive una regione in transizione, dove il miglioramento dei numeri non coincide ancora con un reale riequilibrio dei poteri economici e sociali. Il linguaggio neutro e statistico delle tabelle sembra quasi attenuare la portata di un problema che invece resta profondo. La Liguria del 2025 è una regione in cui le donne lavorano, ma guadagnano meno; studiano di più, ma dirigono meno; creano imprese, ma spesso le chiudono dopo pochi anni. È una regione che può vantare un avanzamento formale verso la parità, ma dove il peso della cura, della precarietà e delle disuguaglianze salariali continua a gravare quasi interamente sulla componente femminile.

Quella che abbiamo avuto è l’impressione di un progresso di genere che rischia di restare sulla carta. La distanza tra le percentuali e la realtà quotidiana delle lavoratrici liguri è ancora ampia. E se la crescita dell’occupazione femminile rappresenta un segnale incoraggiante, lo è solo fino a quando si avrà il coraggio di guardare oltre i numeri: verso le condizioni effettive, le carriere interrotte, le scelte forzate. In fondo, il documento non fotografa solo l’economia, ma un equilibrio sociale ancora instabile, dove la parità resta più un obiettivo che una conquista.

QUI il report completo

Fivedabliu.it

Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta

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