Oltre la notizia

Il guanto fantasma. Cronaca di un depistaggio lungo quarantacinque anni

Un reperto scomparso, un ex prefetto accusato di mentire e un delitto che continua a chiedere verità: quarantacinque anni dopo, l’omicidio di Piersanti Mattarella torna a raccontare un periodo buio della nostra Repubblica

Un guanto di pelle marrone. Non un simbolo, non un indizio. Un oggetto qualunque — dimenticato sotto al sedile di una Fiat 127 rubata — che oggi torna a bussare alla porta della Storia.
È bastato quel guanto, sparito nel nulla, per riaccendere le luci su uno dei delitti più ingombranti della Prima Repubblica: l’omicidio di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione Siciliana che sognava una politica pulita in una terra di politici, molti, corrotti e collusi con Cosa Nostra.

Dopo quarantacinque anni, lo Stato torna sotto processo.

Un reperto svanito nel nulla

L’arresto di Filippo Piritore, ex prefetto ed ex funzionario di polizia, è la miccia. La Direzione Investigativa Antimafia lo accusa di depistaggio, e il motivo sembra uscito da un film di Sorrentino: quel guanto di pelle che “doveva esserci” ma non c’è più.

Piritore racconta di averlo consegnato a un tecnico della scientifica per accertamenti. Nome del tecnico: Lauricella.
Solo che, sorpresa, Lauricella non esiste.
Non esiste nei registri, nei turni, negli organigrammi. È un fantasma, un alias, un modo elegante per dire “non ricordo, non c’ero, non so”.

Per il giudice, le spiegazioni di Piritore “sfidano la logica e il buon senso”. E in effetti, immaginare che un reperto così importante sia sparito per errore suona come credere a una favola raccontata male.

La notte in cui la Sicilia cambiò faccia

Era il 6 gennaio 1980 quando Piersanti Mattarella fu ucciso davanti alla moglie, in via Libertà. Aveva tentato di fare ciò che in Sicilia era proibito: moralizzare la politica, togliere ossigeno ai costruttori vicini a Cosa Nostra, far contare la legalità più della fedeltà.

Gli spararono la domenica mattina, nella sua auto, mentre andava a messa. Una mattanza firmata dalla mafia ma forse ordinata da mani ancora più in alto.
Da allora, quarantacinque anni di piste, teorie, depistaggi e silenzi. Ogni volta un pezzo di verità doveva scavalcare muri sempre più alti.

Lo Stato che si nasconde dietro lo Stato

Nelle carte del gip c’è un’Italia che preferiremmo non rivedere: funzionari che “non ricordano”, reperti che spariscono, testimoni che cambiano versione.
È la sceneggiatura perfetta del Paese che siamo stati — e che, forse, siamo ancora: uno Stato che si guarda allo specchio e non si riconosce, come Dorian Grey

Il guanto di pelle, se fosse arrivato in laboratorio, avrebbe potuto dire molto: tracce biologiche, fibre, residui di sparo. Ma quel guanto non c’è più.
E allora resta l’odore acre del dubbio. Resta la sensazione che qualcuno, da dentro, abbia lavorato per togliere la verità di mezzo.

Il tempo che non lava via niente

Quarantacinque anni dopo, il nome di Piersanti Mattarella è pronunciato con rispetto istituzionale e distanza emotiva. Ma dietro le cerimonie, dietro i discorsi, c’è un vuoto che non si riempie.
Un vuoto di prove, di coraggio, di memoria.

Il guanto scomparso è diventato il simbolo perfetto: un piccolo pezzo di pelle che racconta una verità più grande di qualunque verbale.
Perché in Italia i misteri non muoiono: invecchiano bene, si conservano sotto la polvere, aspettano che qualcuno — un magistrato, un giornalista, o un investigatore, alzi il lenzuolo dell’omertà mafiosa e faccia uscire la verità.

La cronologia dei fatti

1981–1985 – Le indagini che non trovano la verità

La polizia individua alcuni sospetti, ma il quadro è caotico.
Testimonianze contraddittorie, reperti non repertati, un’auto rubata ritrovata con pochi indizi.
Tra questi, un guanto di pelle marrone abbandonato sul sedile anteriore destro — un dettaglio destinato a diventare, quarantacinque anni dopo, il cuore del nuovo scandalo.

Le prime inchieste si perdono in un labirinto di competenze e veleni.
Le ipotesi si moltiplicano, ma nessuna resiste.
Lo Stato sembra più preoccupato di proteggere se stesso che di scoprire i mandanti.

1989 – Il primo processo

Il nome di Cosa Nostra torna in aula.
Vengono imputati boss come Gaetano Badalamenti, Bernardo Provenzano e Salvatore Riina, accusati di essere i mandanti del delitto.
Ma i pentiti di quegli anni — da Buscetta in giù — non offrono elementi solidi.
Nel 1991 la Cassazione conferma: assoluzione per insufficienza di prove.
Il delitto Mattarella resta impunito.

1992–2000 – Il tempo dei silenzi

Gli anni delle stragi, di Capaci e via D’Amelio, riportano alla luce vecchie connessioni tra mafia e politica.
Emergono documenti che collegano l’omicidio Mattarella al clima di tensione pre-’92, quando la mafia e i pezzi deviati dello Stato cercavano un equilibrio nel sangue.
Si parla di un delitto “di convergenza”: Cosa Nostra esegue, altri coprono.
Ma nessuno paga.

2017 – Il fascicolo riaperto

La Procura di Palermo riapre ufficialmente il fascicolo.
Nuove testimonianze e analisi sui reperti riaprono la pista dei depistaggi interni alle forze dell’ordine.
Emergono discrepanze su come furono gestiti i reperti dell’epoca, in particolare il famoso guanto di pelle.
Il nome di Filippo Piritore, allora giovane funzionario della Mobile, ricompare.

2023–2024 – Le incongruenze

Gli investigatori della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) scavano nei verbali, nelle catene di custodia e nelle memorie dei protagonisti.
Il “caso del guanto” prende corpo: un reperto trovato nell’auto dei killer ma mai repertato, affidato secondo Piritore a un tecnico fantasma della scientifica.
Un dettaglio che trasforma un’inchiesta archiviata in un caso di depistaggio di Stato.

Ottobre 2025 – L’arresto di Filippo Piritore

La DIA esegue un’ordinanza ai domiciliari per depistaggio e falso ideologico.
Il gip parla di “versione insostenibile” e di “condotte incompatibili con la funzione pubblica”.
Secondo gli inquirenti, Piritore avrebbe mentito consapevolmente, fornendo informazioni false su un reperto decisivo e inquinando così la ricostruzione storica dell’omicidio.

Il presunto “Lauricella” non esiste.
Il guanto non è mai stato formalmente repertato.
E ancora una volta, la verità si dissolve dietro il fumo di Stato.

2025 – La verità parziale

L’inchiesta odierna non punta a riscrivere l’intero delitto Mattarella, ma a ricostruire i depistaggi che lo hanno circondato.
Un lavoro di scavo nella memoria delle istituzioni, dove i buchi contano più delle parole.
Perché a quarantacinque anni dall’agguato, il vero mistero non è chi ha sparato, ma chi ha fatto sparire le prove.

Fivedabliu.it

Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta

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