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Le mani della mafia sul sogno americano: scommesse truccate e poker clandestino travolgono la NBA

Un’indagine federale smaschera un doppio intreccio tra basket professionistico e criminalità organizzata: partite di poker truccate, insider nel mondo delle scommesse e milioni di dollari riciclati dalle famiglie mafiose di New York. Tra gli arrestati anche l’allenatore Chauncey Billups e il giocatore dei Miami Heat Terry Rozier.

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NBA nel caos.
Si è aperta una delle inchieste più gravi degli ultimi anni sul rapporto tra sport professionistico e criminalità organizzata. Il 23 ottobre 2025 l’FBI e l’Ufficio del Procuratore Federale per il Distretto Orientale di New York hanno reso pubblica un’indagine durata quattro anni, che ha scoperchiato un sistema ramificato di scommesse illegali e partite di poker truccate, gestito in parte da famiglie mafiose storiche di New York — Bonanno, Gambino, Genovese e Lucchese — e capace di penetrare fin dentro la National Basketball Association.

Tra gli arrestati figurano nomi di rilievo: Chauncey Billups, ex star dei Detroit Pistons e oggi allenatore dei Portland Trail Blazers, e Terry Rozier, guardia dei Miami Heat. Entrambi sono accusati di aver avuto un ruolo attivo nei due filoni dell’indagine: Billups come volto di un circuito di poker clandestino controllato dalla mafia, Rozier come insider in uno schema di scommesse sportive costruito su informazioni riservate.

Il primo capitolo dell’inchiesta ruota intorno ai tavoli da gioco. Secondo gli investigatori federali, in diversi club privati di Manhattan, Las Vegas e Miami si tenevano partite di poker manipolate con mezzi tecnologici sofisticati: tavoli modificati con microcamere, mescolatori di carte truccati, lenti polarizzate per leggere segni invisibili sulle carte. Le partite erano organizzate da uomini legati alla criminalità organizzata e servivano sia a riciclare denaro, sia a truffare giocatori ignari, spesso invitati con la promessa di trovarsi accanto a celebrità sportive come Billups. Le perdite stimate superano i sette milioni di dollari, ma il giro complessivo potrebbe essere molto più ampio. Gli inquirenti hanno ricostruito anche una rete di riscossione dei debiti basata su minacce e violenza: chi non pagava veniva raggiunto e “convinto” da emissari delle famiglie mafiose.

Il secondo filone riguarda le scommesse sull’NBA, dove la linea tra informazione e manipolazione sembra essersi fatta sottile. Terry Rozier, secondo le accuse, avrebbe fornito a intermediari legati al circuito di scommesse notizie confidenziali sul proprio stato fisico o sulla gestione delle partite, consentendo ai complici di piazzare puntate su “prop bets”, le scommesse che riguardano le prestazioni individuali di un giocatore. In almeno un caso documentato, avrebbe avvertito che sarebbe rimasto in campo meno del previsto, permettendo così ai complici di guadagnare scommettendo sul suo “under”. Per il procuratore federale, si tratta di uno dei casi di corruzione sportiva più audaci da quando le scommesse online sono diventate legali negli Stati Uniti, perché dimostra quanto facilmente l’accesso a informazioni interne possa alterare l’equilibrio di un mercato miliardario.

Il quadro che emerge è quello di un’alleanza inedita tra il vecchio potere mafioso e le nuove economie digitali del gioco d’azzardo. Da un lato, la mafia fornisce la rete di protezione, il riciclaggio, la violenza; dall’altro, sportivi e insider offrono la chiave per manipolare sistemi che si basano su fiducia e trasparenza. È una convergenza che ha spiazzato gli stessi federali: una sofisticazione tecnologica che ricorda l’hackeraggio finanziario, ma applicata al mondo dello sport.

Le conseguenze per la NBA sono devastanti. Il commissario Adam Silver ha parlato di “ferita profonda all’integrità del gioco”, annunciando sospensioni immediate e la collaborazione piena con le autorità. Tuttavia, la questione va oltre le responsabilità individuali. L’indagine solleva dubbi strutturali sulla compatibilità tra la crescente apertura del mondo sportivo verso il mercato delle scommesse legali e la fragilità dei confini etici all’interno delle competizioni. La stessa logica delle “prop bets”, nate per aumentare il coinvolgimento dei fan, si rivela ora una falla sistemica: è più facile per un giocatore alterare un singolo parametro — punti segnati, falli commessi, minuti giocati —  e anche l’esito di una partita.

L’FBI parla di “una trama di connivenze che unisce due mondi in apparenza lontani: il parquet dell’NBA e le stanze buie del gioco d’azzardo criminale”. E se le cifre dei guadagni illegali sono ancora oggetto di stima, il danno d’immagine è già incalcolabile. Per la prima volta dopo lo scandalo Donaghy del 2007, la lega si trova di fronte a un dubbio che mina la sua stessa credibilità: possiamo ancora credere che ogni partita sia solo sport?

Dietro la patina dorata dello spettacolo sportivo americano si scopre un sistema di fragilità, dove la pressione economica, la cultura del guadagno rapido e la fascinazione per il rischio hanno aperto varchi che la criminalità organizzata non ha esitato a occupare.
In un’America dove il confine tra legalità e scommessa è sempre più sfumato, il caso Billups-Rozier segna forse l’inizio di una nuova era: quella in cui il potere mafioso non si esercita più nei vicoli o nei night club, ma negli algoritmi delle piattaforme di betting e nelle scelte di un atleta dentro un’arena da ventimila posti.

AH

Fivedabliu.it

Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta

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