Morire con dignità

“Le nostre dure esistenze non hanno bisogno degli anatemi dei fondamentalisti religiosi, ma del silenzio della libertà”

Eluana Englaro, Piergiorgio Welby, Dj Fabo. Tre nomi, tre storie, tre persone che hanno scritto la storia del fine vita. Battaglie portate avanti – eutanasia, suicidio assistito, rinuncia all’accanimento terapeutico – tra mille ostacoli, mentre il dibattito si infiammava (e continua a farlo) dal punto di vista etico, politico, religioso.
Per molti, porre un punto d’arrivo alla propria vita ha comportato ricorrere alla giustizia, per vedersi riconosciuto il diritto a dire: “Basta”, quando la sofferenza – non solo fisica – è diventata insopportabile.

E dopo il caso di ‘Antonio’ dalle Marche, un anno fa, arriva da Trieste la richiesta di ‘Anna’, affetta da sclerosi multipla e decisa ad accedere al suicidio assistito.
Un percorso non facile. Perché proprio oggi è arrivata la notizia che il Tribunale triestino ha respinto il suo ricorso nei confronti dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI) alla chiedeva di stabilire le modalità di esecuzione del fine vita e di prescrivere e fornire il farmaco da somministrarsi, dopo aver verificato se la stessa fosse affetta da patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psichiche intollerabili e se la sua scelta fosse capace, libera e informata.
La richiesta non è stata accolta. Per i giudici, ASUGI si deve al momento limitare ad accertare se la paziente “sia mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale”, se sia “affetta da patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psichiche ritenute dalla stessa intollerabili”, e sia “pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Mancano invece i presupposti per ordinare di “determinare il trattamento farmacologico che consenta alla paziente di porre fine alla propria vita” e di “verificare le modalità di esecuzione del suicidio”. In particolare non sarebbe scontato l’esito dell’accertamento sulle condizioni cliniche della donna e per questo, per ora, “non sussistono i requisiti di attualità” della richiesta.In ogni caso – fa sapere ASUGI con una nota – spetterà al Comitato Etico competente, individuato dal Tribunale nel CEUR – che dovrà a tal fine essere espressamente interpellato – pronunciarsi in ordine alla “sussistenza dei presupposti per il trattamento di fine vita e sulle modalità esecutive individuate”.

I casi in Italia.

Eluana Englaro

A seguito di un incidente stradale, avvenuto il 18 gennaio 1992, ha vissuto in stato vegetativo per 17 anni, fino alla morte sopraggiunta a seguito dell’interruzione della nutrizione artificiale. Aveva 39 anni. Il caso fu al centro di una lunga vicenda giudiziaria tra la famiglia, sostenitrice dell’interruzione del trattamento, e la giustizia italiana, divenendo anche argomento di scontro politico.

Piergiorgio Welby

Pioniere della battaglia per il diritto all’eutanasia, attivista, giornalista, politico e pittore romano e co-presidente dell’associazione Luca Coscioni. Nel 2006, affetto da distrofia muscolare, chiese che fossero interrotte le cure che lo tenevano in vita, suscitando in Italia un acceso dibattito. Militante del Partito Radicale, Welby si appellò anche all’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il 16 dicembre 2006 il tribunale di Roma respinse la richiesta dei legali del 61enne di porre fine all’accanimento terapeutico, dichiarandola inammissibile.
Si affaccia così, nel dibattito l’assenza del vuoto normativo sul tema.
La stessa sera, dopo aver salutato la moglie Mina, i parenti e gli amici riuniti al suo capezzale, tra i quali anche Marco Pannella e Marco Cappato, a Welby fu staccato il respiratore. Il medico anestesista che gli somministrò i sedativi fu accusato di ‘omicidio del consenziente’, ma poi prosciolto.

Dj Fabo

Reso paraplegico e cieco da un incidente d’auto, Fabiano Antoniani è morto il 27 febbraio del 2017, con il suicidio assistito, in una clinica in Svizzera dove era già legale. Il 40enne chiese aiuto a Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che lo accompagnò per sottoporsi alla procedura di morte volontaria.
Tornato in Italia, Cappato si autodenunciò e fu iscritto nel registro degli indagati per il reato di aiuto al suicidio, e fu poi assolto nel 2019 “perché il fatto non sussiste”.

Con la sentenza 242 del 2019, conosciuta come sentenza dj Fabo/Cappato, la Corte Costituzionale ha sancito in parte l’illegittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale così da escludere la punibilità per chi agevoli il proposito di suicidio autonomamente.

Fabio Ridolfi

Bloccato a letto da 18 anni a causa di una tetraparesi, ha scelto di ricorrere alla sedazione profonda per i ritardi accumulati dalla Asur Marche. Fabio Ridolfi, 46 anni di Fermignano, aveva revocato il consenso alla nutrizione e all’idratazione artificiali che lo tenevano in vita, non essendo riuscito ad avere accesso al suicidio assistito, pur avendone i requisiti previsti dalla Corte Costituzionale e riconosciuti al Comitato Etico della Regione Marche.

Federico Carboni

“Ero Mario, sono Federico”. Con un video postumo, Federico Carboni, 44 anni di Senigallia, svela la sua vera identità. Fino a quel momento, per tutti era ‘Mario’, tetraplegico da 12 anni a causa di un incidente stradale.
I costi del farmaco e della strumentazione per il suicidio assistito – circa 5 mila euro – sono stati sostenuti, attraverso una raccolta fondi, dall’Associazione Luca Coscioni.

Antonio La Forgia

Ex presidente della Regione Emilia Romagna, Antono La Forgia, 78 anni, muore qualche giorno dopo aver fatto ricorso alla sedazione profonda. Era malato di una forma molto aggressiva di tumore.

Gloria

78 anni, malata oncologica veneta, il suo vero nome non si sa qual è. Aveva iniziato la procedura a novembre 2022, con una richiesta all’azienda sanitaria competente di effettuare tutte le verifiche per accedere alla morte volontaria assistita, come previsto dalla sentenza ‘Cappato’ della Corte costituzionale.

Andrea Manca

Il 16 giugno scorso, il Tribunale di Oristano ha espresso parere favorevole alla sospensione delle cure e all’accesso al suicidio assistito per Alessandro Manca, 58 anni, sindacalista della Cgil ed ex assessore di Solarussa. Al fratello aveva espresso la volontà di interrompere le terapie. Andrea Manca è in coma dall’estate di due anni fa, in seguito a un infarto.

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