Forti tensioni nel nord del Kosovo, la Serbia presidia i confini con l’esercito

L’odio tra d Kosovo e Serbia vale più delle lusinghe europee

Pristina – L’esercito serbo è pronto e schiarato dopo settimane di disordini e schermaglie. Il presidente Aleksandar Vučić afferma che “prenderà tutte le misure per proteggere il  popolo e preservare la Serbia”. Che la guerra non è più una prospettiva lontana si capisce dalle accuse, forse fondate o forse no, che Pristina starebbe preparando “un attacco” alle aree di etnia serba nel nord del Kosovo.

I paramilitari serbi sono la causa dei disordini a Mitrovica?

Kurti accusa Belgrado di utilizzare formazioni paramilitari per fare posti di blocco ed esasperare la situazione nella parte nord del Kosovo. Non ultimo ad aver inasprito la situazione è la sparatoria che ha parzialmente coinvolto soldati NATO schierati con la For come forze di pace.

Alla base della crisi tra i due paesi dell’area balcanica è la dichiarazione unilaterale dell’indipendenza nel 2008 che ha avuto come primo Paese firmatario gli Stati Uniti seguito a ruota dall’Italia. Nonostante i tentativi di “normalizzazione” sono rimasti i problemi relativi alle enclave serbe in Kosovo alimentati dalla guerra delle targhe, cioè la normativa che prevedeva, a partire dal primo agosto, il divieto dell’uso di documenti e targhe serbe nelle regioni settentrionali del Kosovo a maggioranza serba.

La guerra delle targhe

E se per noi la disputa sula targhe automobilistiche potrebbe sembrare un dettaglio insignificante, per Serbia e Kosovo è una questione altamente simbolica.  Per Albin Kurti , si tratta di imporre la propria sovranità, mentre le comunità serbe vivono la sostituzione come una violazione della propria identità.
La disputa sulla targhe e sulle relative sanzioni per la mancata sostituzione hanno portato, a novembre, alle dimissioni in massa di circa 600 poliziotti, giudici e impiegati giudiziari. Nonostante, grazie alla mediazione europea, si sia arrivati ad un accordo non più tardi di un mese fa, grazie alla mediazione di Stati Uniti e Unione Europea, l’equilibrio è durato poco e sono iniziati i primi blocchi stradali. 
Se da una parte la Serbia sente la pressione politica ed economica della Russia, dall’altra le promesse di di questa Europa “vorrei ma non posso”, per Pristina forse non sono così più appetibili.

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