La cultura è una cosa seria

 

La sindrome del presidente cabarettista

A volte, ma soltanto a volte, anzi, per dirla tutta, abbastanza raramente, mi capita di intercettare il “Buccipensiero” nella sua essenza più profonda fino a trovarmi completamente d’accordo.

Ho capito, per esempio, il motivo per cui ha deciso di liberarsi di Luca Bizzarri, dal momento che la sua principale sponsor, Ilaria Cavo, già in epoca non sospetta, è ormai, con il pensiero ma anche con tutto il resto, concentrata nel compito assolutamente non agevole che la sta aspettando nella capitale.

Cioè quello di tentare in qualche modo di dare lustro in parlamento al suo illustre mentore che l’ha voluta proprio lì. Lasciando nelle sapienti mani del suo primo sponsor, il Governatore Giovanni Toti, la sua delega alla cultura. Lo stesso Toti che, quasi in contemporanea ha deciso di rimettere la delega alla sanità avocata a sé dal momento della sua seconda elezione, giusto due anni fa. Ambita, insomma la delega alla cultura, visto che perfino lo stesso Marco Bucci ha preteso di tenerla per sé al momento della riconferma con vittoria al primo turno, e senza bisogno di ballottaggio, sul candidato sindaco del fronte progressista Ariel Dello Strologo.

Come aver compreso improvvisamente, dopo qualche anno di studio, passando indenne, o forse no, tra Elisa Serafini e Barbara Grosso, che la cultura in questa città non può essere altro che una cosa seria. E che dunque a rappresentare la fondazione di Palazzo Ducale non poteva più essere quel “guitto”, cabarettista e battutista di Luca Bizzarri, che magari in gioventù avrà persino frequentato qualche corso di teatro allo Stabile, ma che nella propria carriera al massimo avrà condotto, e nemmeno da solo, qualche programma televisivo risultando pure simpatico, insieme a Paolo.

E come successore dell’algido Luca Borzani nominato dal sindaco Marco Doria, testimonial in fase di ricostruzione forse sarebbe potuto anche andare bene. Però adesso in completa fase di rilancio… sarebbe stato necessario il salto di qualità.

Così deve aver pensato il prode Bucci accingendosi ad accomiatare il povero Bizzarri, incolpevole, inconsapevole, o forse addirittura un po’ incosciente del fatto di mettersi mani e piedi – e quant’altro – a disposizione di un comico e cabarettista capace di battute al curaro. Per cui il lungo post di saluto di Luca Bizzarri qualche spazio alle interpretazioni finisce per lasciarlo. Sia ben inteso, Bizzarri chiude offrendo un esempio di stile e misura, ma bravo come è, dice e non dice, dividendo i buoni e i bravi, quelli che lo hanno aiutato, consigliato e sostenuto quando, in un momento difficile si è dovuto rimboccare le maniche, e quello – o quelli, intesi come i politici e poteri forti – cattivo (o i cattivi) che hanno deciso di dargli il ben servito.

 

I ringraziamenti a Ilaria Cavo

Lungo il post di commiato, ma a leggerlo tutto con la necessaria attenzione si possono fare diverse valutazioni. E quindi lo riporto integralmente: “Mi ha appena chiamato il Sindaco Bucci per comunicarmi che il CDA di Palazzo Ducale è stato riformato e che io non ne farò più parte. Il Sindaco ha tenuto a ringraziarmi per il lavoro svolto e io ricambio il ringraziamento per l’opportunità che mi è stata data da lui, da Giovanni Toti ma soprattutto da chi mi ha davvero voluto lì: Ilaria Cavo, senza di lei non sarebbe successo nulla. Grazie davvero, Ilaria, e in bocca al lupo. In quanto al motivo del cambiamento, assodato il fatto che sono stati raggiunti ottimi e insperati risultati in questi complicatissimi anni, mi è stato fatto un discorso su quanto tutti siamo precari a questo mondo, discorso che terrò nel cuore quando dovrò inventarmi delle scuse poco plausibili.

Spero che il nuovo CDA potrà lavorare al massimo per la città, così come spero sia tenuta in grande considerazione la persona che ha contribuito più di tutti (e a volte contro molti) alla rinascita e al consolidamento strutturale e culturale del Palazzo: Serena Bertolucci. Lei è stata ed è una professionista vera, seria e preparata in un ambito e in una città dove troppe volte con la scusa della cultura si soddisfano ambizioni personali o, peggio, si fanno affari. Ho conosciuto un mondo che non conoscevo, dove la mia presenza ha dato spesso fastidio perché, al di là di non avere niente da perdere, ero uno dei pochi che non avesse nulla da guadagnare, da nessun punto di vista, sia economico che narcisistico. Palazzo Ducale è una struttura complessa, delicata, e ci tengo a ringraziare ogni lavoratore, ogni manutentore, ogni dirigente e ogni collaboratore. La “squadra” del Palazzo è una vera ricchezza per la città, e ognuno di loro me lo ha dimostrato in questi anni in cui ogni difficoltà è stata affrontata con uno spirito di sacrificio e un attaccamento al lavoro encomiabile.

Finisco il mio lavoro con la certezza di aver dato il massimo, di aver avuto qualche notte insonne, di aver fatto qualche errore e di essermi tolto più di una soddisfazione. C’è una nuova sala teatrale che senza sto rompicoglioni sarebbe rimasta una discarica, c’è un progetto avviato perché la Torre Grimaldina un giorno sia aperta e visitabile. Ma soprattutto c’è un’amica in più, una confidente, c’è Serena che mi ha insegnato la sua passione, mi ha fatto innamorare del suo lavoro, mi ha tenuto fuori dai guai, e alla fine di questo viaggio tiro le somme e sono felice.

Grazie a tutti, a chi mi è stato vicino per davvero, chi per finta e agli indignati e i detrattori un tanto al chilo. Viva la nostra meravigliosa città, viva Palazzo Ducale e viva chi da domani farà di tutto per farlo crescere ancora di più”.

Quelle vecchie accuse di Elisa

Eppure al di la degli “evviva” e degli “hip, hip Urrà” mi tocca riscontrare, come dicevo, una qualche dose di perfidia che finisce per tracciare due campi, quello dei buoni a cui realmente interessa la città e la cultura, e quelli che magari la sbandierano e se ne servono per i loro affari, rinverdendo di fatto una vecchia accusa lanciata nel suo libro dall’ex assessore alla cultura Elisa Serafini, costretta a lasciare la giunta e sostituita poi da Barbara Grosso, assessore alla cultura uscente messa in ibernazione da quel sindaco rieletto che ha deciso di avocare a se l’incarico.

Magari anche nell’intento di affrontare penose discussioni con chi Bizzarri avrebbe voluto mantenere in loco. E poi c’è quel ragionamento senza mezzi termini sulla umana precarietà: “ In quanto al motivo del cambiamento, assodato il fatto che sono stati raggiunti ottimi e insperati risultati in questi complicatissimi anni, mi è stato fatto un discorso su quanto tutti siamo precari a questo mondo, discorso che terrò nel cuore quando dovrò inventarmi delle scuse poco plausibili”.

E c’è ancora quel riferimento esplicito alla direttrice, la dogaressa Serena Bertolucci che deve averlo affiancato suggerendogli tutti i possibili rischi e provvedendo pure a sminare i territori: “Spero che il nuovo CDA potrà lavorare al massimo per la città, così come spero sia tenuta in grande considerazione la persona che ha contribuito più di tutti (e a volte contro molti) alla rinascita e al consolidamento strutturale e culturale del Palazzo: Serena Bertolucci.

Lei è stata ed è una professionista vera, seria e preparata in un ambito e in una città dove troppe volte con la scusa della cultura si soddisfano ambizioni personali o, peggio, si fanno affari. Ho conosciuto un mondo che non conoscevo, dove la mia presenza ha dato spesso fastidio perché, al di là di non avere niente da perdere, ero uno dei pochi che non avesse nulla da guadagnare, da nessun punto di vista, sia economico che narcisistico”.

In due contro il sistema

Insomma Bizzarri e Bertolucci contro un sistema che rischia di tornare in auge nella città dove – e sono parole di Bizzarri – “troppe volte con la scusa della cultura si soddisfano ambizioni personali o, peggio, si fanno affari”; in un ambiente spiega ancora Luca Bizzarri: “dove la mia presenza ha dato spesso fastidio perché, al di là di non avere niente da perdere, ero uno dei pochi che non avesse nulla da guadagnare, da nessun punto di vista, sia economico che narcisistico”.

Perchè poi al di là dei complimenti del caso il post di Bizzarri suona proprio così, come l’atto di resa di due genovesi che si sono rifiutati di accettare il sistema con la restaurazione di chi per anni di frequentazione quel sistema deve aver finito per conoscerlo e sfruttarlo bene. Tanto che i rumors danno per imminenti anche le dimissioni del direttore di palazzo Ducale Serena Bertolucci.

Fuori dai giochi Bizzarri, con il quale è entrata in sintonia ma che, come ammette lo stesso ex presidente della Fondazione, ha anche guidato nel suo campo seducendolo, quel neofita che si è affidato a lei completamente, e dal quale la Bertolucci  aveva praticamente ricevuto carta bianca, il direttore avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo per ritagliarsi nuovamente uno spazio. E comunque non è assolutamente detto che con queste nuove condizioni si possa ricreare quell’intesa. Perché non esisterebbero più i presupposti della precedente situazione con chi come ha ricordato lo stesso Bizzarri “al di là di non avere niente da perdere, ero uno dei pochi che non avesse nulla da guadagnare, da nessun punto di vista, sia economico che narcisistico”.

Insomma, paradossalmente a non convincerla potrebbe essere stata proprio quell’esperienza acquisita nel campo specifico del successore di Bizzarri, in una città dove per storia famiglie, casate ed eredi, o nipoti, finiscono per intrecciarsi e contare moltissimo. Con supervisori, saggi e quant’altro divisi fra la professione, la politica, le lobby e gli affari di famiglia.

E chissà che in questa situazione il buon Bucci, consapevole di correre qualche tipo di rischio in vista della sentenza sulla presunta ineleggibilità che dovrebbe essere resa pubblica il 15 novembre non abbia deciso di provare a dare un’accelerata. Con quell’esigenza di serietà, per la cultura, che vorrà dire tornare ad assoggettarla alle vecchie logiche del maniman, finendo per espellere qualsiasi vero fautore di rinnovamento.

Materia vecchia di cui, non a caso parlava Elisa Serafini nel suo libro “Fuori dal Comune”. Era successo  – secondo il racconto dell’ex assessore – che Lega e Fiom volevano a tutti i costi fosse realizzata, a spese del Comune, una storia dell’Ilva. Prima con un catalogo fotografico da 50 mila euro, 500 copie al costo di 70 euro l’una, poi, al rifiuto della Serafini, con una mostra di foto (già fatte) stampate su lastre d’acciaio, al prezzo di 24.766 euro.

”Aumentavano le telefonate – si legge in Fuori dal Comune – le pressioni sui collaboratori e sui miei amici, gli sms di ambasciatori mandati dalla Lega, dal sindacato Fiom, dalla Cgil e persino di alti esponenti della Curia di Genova. Più crescevano le pressioni e le ritorsioni politiche, più capivo che la faccenda non era una semplice mostra. A poche persone di quel mondo interessano mostre o progetti culturali. Quello che importava era il sostegno, soprattutto economico, a gruppi organizzati, persone vicine ai partiti, ai candidati, ai sindacati, al potere. Il 17 luglio alle 17, riuniti in giunta, il sindaco fece l’ennesima pressione di fronte ai miei colleghi per farmi procedere a firmare la delibera di spesa, mostrandomi il telefono con le chiamate perse del sindacalista della Fiom Manganaro».

Dell’episodio colpisce la miseria: gruppi organizzati, candidati politici, sindacati, curia  assatanati per la distribuzione di qualche migliaio di euro. Ma anche, e soprattutto, la sostanziale identità del meccanismo che anima le vicende descritte da Serafini con le accuse generiche lanciate da Bizzarri. Come in geometria, cambiano le dimensioni ma non i principi della  figura.

E proprio queste considerazioni devono aver predisposto la Bertolucci alla possibilità di comunicare le proprie dimissioni. Del resto fuori da Genova e all’estero come studiosa è molto stimata e le occasioni non dovrebbero mancarle.

L’assessore congelato

Altro assessore alla cultura che non ha trovato riconferma è Barbara Grosso, la sostituta della Serafini, anche lei incappata nel tiro incrociato della Lega, e, a quanto raccontano i ben informati, anche lei recalcitrante nei confronti della cultura dominante; su mostre e famiglie bene genovesi che in quell’ambito e in quel mercato agiscono. Incappata, senza colpe e senza competenza diretta nell’ultima operazione che ha creato infinite querelle a palazzo Tursi nella scorsa amministrazione ma non solo: l’edizione 2021 di Genova Jeans che avrebbe dovuto essere replicata anche quest’anno, poi sospesa a una settimana dall’inizio fra nuove polemiche e rinviata a data da destinarsi.

La manifestazione finita nel mirino della magistratura per i costi esorbitanti, con un preventivo di spesa di 650 mila euro (500 per gli eventi e 150 mila di lavori per allestire due mostre al Metellino e nell’ex mercato di piazza Statuto) che a consuntivo sono diventati un milione 400 mila euro. Dopo la corte dei conti indaga anche la procura definendo sospetto il rendiconto dei costi.

È appena il caso di dire che l’ideatrice della manifestazione è stata Manuela Arata, in passato uno degli ideatori del Festival della Scienza, supersaggio di Bucci e candidata nella lista di Azione per il parlamento senza venire eletta.

A maggior ragione occorre ricordare che durante la passata amministrazione furono diverse le richieste di chiarimenti dei rappresentanti dell’opposizione per ottenere spiegazioni su quelle cifre in rapporto ai numeri non certo confortanti dei visitatori. Anche in quel caso come è accaduto qualche giorno fa alla notizia dell’inchiesta in Procura il sindaco marco Bucci si trincerò dietro al no comment.

Silenzi assordanti e balbettii

Ricorda Gianni Crivello in un post pubblicato sul suo profilo:

“GENOVA JEANS
Dopo la Corte dei Conti
indaga anche la Procura!
Ovviamente saranno gli inquirenti a decidere e chiarire, ma quando la Lista Crivello il 7 settembre 2021 chiese formalmente un accesso agli atti, come previsto dal Regolamento e dallo Statuto del Comune e per mesi nessuno rispose (sindaco, giunta, segretario generale) era inevitabile che crescessero gli interrogativi.
Dopo i silenzi assordanti arrivarono i primi balbettii, risposte singolari: abbiamo ricevuto, ce ne stiamo occupando, ecc
Successivamente abbiamo coinvolto il Signor Prefetto e allora è arrivata una rendicontazione da fare rizzare i capelli.
Numeri per macroaree.
Nessun dettaglio, per voce, che chiarisse il rendiconto!
L’esempio paradossale…
Incarichi e consulenze: € 112.949,36
A chi? Per cosa? Mah
Dopo più di un anno e guarda caso, dopo aver appreso che la preannunciata edizione del 2022, sarà rinviata a data da destinarsi, restiamo ancora in attesa che si faccia chiarezza.
Massima fiducia nei confronti di chi ha avuto in compito di vagliare la documentazione, affinchè sia tutelato il diritto della comunità ad accedere agli atti pubblici della Civica Amministrazione!”.

E già, perché se non ci fosse stato l’intervento della magistratura la ripartizione delle spese per la manifestazione probabilmente sarebbe restata tutta da chiarire tra un finire di legislatura ed una manifestazione, quella di quest’anno, saltata all’ultimo minuto per ragioni più che ovvie. Con un richiamo a quello che Bizzarri indicava come un sistema vero e proprio ormai evidente.

A tale proposito cito il documento ricevuto dalla direzione comunicazione ed eventi del Comune di Genova che indica le spese rendicontato dal comitato promotore per macroaree: “Incarichi/consulenze euro 112.949,36; collaboratori euro 2905; allestimenti euro 332800,14; servizi euro 107.488,57; materiali euro 32790,76; trasporti euro 8795,71; utenze euro 1.531,88; vitto/alloggio euro 6674. Per un totale di euro 605.935,42. Si allegano lo statuto   E l’atto costitutivo del Comitato Promotore Genova Jeans. A disposizione per eventuali chiarimenti. Cordiali saluti”.

Toti, Berti Riboli, Costa e Bucci

Ducale, Berti Riboli Vice presidente

Intanto a palazzo Tursi e in Regione celebrano il nuovo direttivo della fondazione del Ducale con tanto di ricco comunicato stampa in cui sono riportate le dichiarazioni e gli auguri di Giovanni Toti e Marco Bucci.

Eccolo: “PALAZZO DUCALE: COMUNE DI GENOVA E REGIONE LIGURIA NOMINANO COSTA E BERTI RIBOLI PRESIDENTE E VICEPREPRESIDENTE CDA FONDAZIONE

GENOVA. È Beppe Costa il nuovo presidente della Fondazione Palazzo Ducale affiancato da Francesco Berti Riboli come vicepresidente. I nomi sono stati indicati in maniera concorde dal Comune di Genova e da Regione Liguria insieme a quelli di Franco Bambi, da Mitchell Wolfson e Federica Messina che saranno gli altri componenti del consiglio di amministrazione. I nuovi incarichi sono stati comunicati oggi dal presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, dal sindaco di Genova Marco Bucci e dall’assessore regionale uscente alla Cultura Ilaria Cavo, neo eletta in Parlamento. 

Tre i nomi indicati dal Comune di Genova: Beppe Costa, già presidente della società Costa Edutainment, Franco Bampi presidente dell’Associazione ‘A Compagna’, Mitchell Wolfson fondatore del Wolfsonian Museum a Miami e a Genova Nervi; due quelli indicati dalla Regione Liguria: il vicepresidente Francesco Berti Riboli, amministratore delegato di Villa Montallegro, e Federica Messina.

Il sindaco di Genova Marco Bucci ha rivolto “un grande in bocca al lupo a Beppe Costa per il suo nuovo incarico di presidente della Fondazione Palazzo Ducale. Una scelta frutto di indagini e ricerche effettuate su tutto il territorio di Genova per trovare una persona in grado di portare un valore aggiunto a una delle più grandi realtà storiche della nostra città. Il presidente sarà supportato da un nuovo consiglio di amministrazione formato da persone che abbiamo ritenuto adatte all’importanza del ruolo. Beppe Costa, Francesco Berti Riboli e Federica Messina hanno fatto molto in questo campo e per la città di Genova, siamo certi che insieme sapranno portare un contributo fondamentale a Palazzo Ducale. Un sincero ringraziamento anche a Luca Bizzarri – ha proseguito – per il grande lavoro svolto e per i risultati ottenuti in questi anni alla guida della Fondazione. Oggi si apre un nuovo capitolo per la cultura a Genova, con la consapevolezza dell’importanza delle sfide che ci attendono nei prossimi anni per il futuro della nostra città”.

Gli auguri di rito del Governatore

E non poteva essere da meno il governatore Giovanni Toti

“In bocca al lupo a Beppe Costa e a Berti Riboli e a tutte le altre persone alla guida di Palazzo Ducale – ha detto il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti – Avranno il compito di governare la principale istituzione dedicata alla cultura generalista della città. Palazzo Ducale deve continuare a implementare la sua vocazione, facendosi promotore di progetti condivisi e integrati anche con le Istituzioni culturali della città, a cominciare dal Teatro Nazionale, che debutterà con una prima straordinaria de “Maria Stuarda” di Davide Livermore, e dal Teatro Carlo Felice, oggetto di una potente di azione di bilanciamento economico. Questo è il vero mandato di Palazzo Ducale, oltre a quello di dare una casa alle grandi mostre, e di arricchire anche l’offerta teatrale grazie al nuovo spazio inaugurato pochi giorni fa con finanziamenti pubblici. Sicuramente vogliamo ringraziare coloro che oggi lasciano la gestione del Ducale, che hanno fatto bene e che hanno dato il proprio contributo a titolo gratuito”.

“Anch’io vorrei rivolgere un in bocca al lupo ai nuovi nominati nel cda di Palazzo Ducale – ha aggiunto l’assessore regionale alla Cultura Ilaria Cavo – La responsabilità del Cda del Ducale è molto importante quindi ringrazio chi l’ha accettata perché si tratta di imprenditori che hanno a cuore la cultura della nostra città. Potranno fare molto e farlo in un’ottica di squadra. Palazzo Ducale ha una storia importante e ringrazio chi ha avuto questo mandato in questi anni perché il Ducale è riuscito ad aprirsi e innovarsi. Sicuramente sarà importante valorizzare luoghi come il teatrino inaugurato alcuni giorni fa, non grandissimo ma molto bello che sarà messo a disposizione anche dei giovani per la socialità e per la musica, e poi il progetto della torre Grimaldina. Il tutto per creare un hub culturale, nello spirito di collaborazione con le altre Istituzioni cittadine”. 

Il nuovo presidente Beppe Costa ha ribadito il suo attaccamento a Palazzo Ducale: “Ho sempre creduto alla rilevanza di questa istituzione nell’economia cittadina e non solo dal punto di vista artistico – ha detto Costa -. La cultura è fatta anche da eventi, da storie in piazza o dal Festival della Scienza, per questo deve continuare ad essere un luogo di accoglienza di idee e deve sempre di più farsi conoscere anche fuori Genova. Dobbiamo prendere il testimone da chi ci ha preceduto con successo, avendo passato i due anni difficili del covid. Cercherò di portare la mia esperienza come gestore beni museali e di mostre. Ovviamente sono fondamentali i rapporti con le altre Istituzioni culturali cittadine. Di sicuro faremo una squadra con il vicepresidente e gli altri consiglieri che si baserà sull’esperienza di chi ha già lavorato e lavora al Ducale. È un onore essere stato nominato dal sindaco e lo ringrazio per la fiducia”.

Anche il vicepresidente Francesco Berti Riboli ha ringraziato per la nomina. “La cultura è un modo di essere e di vivere – ha detto – Attraverso la cultura possiamo migliorare noi stessi all’interno di una comunità, spero di essere un buon numero due, sono convinto che in due e in cinque si possa fare un buon lavoro”.

Edutainment o cultura

Fin qui la banalità della ritualità che almeno un po’ cozza con il messaggio composto ma comunque all’arsenico di Luca Bizzarri. Che non le ha volute mandare a dire ma lo ha fatto direttamente. Con quell’ironia e quella perfidia che ne hanno contraddistinto la carriera.

Qualcuno poi, malignamente, come se si trattasse di LOL o di Zelig, gioca con le definizioni ponendosi la domanda delle cento pistole che tutta la diatriba potrebbe comprendere. E cioè:  “edutainment o cultura”? Finendo per mettere in contrapposizione l’intrattenimento educativo e la cultura vera e propria che in molti casi convivono a scopo didattico. Anche perchè , e non casualmente la parola edutainment compare proprio nella ragione sociale della Costa Edutainment di cui Beppe Costa è stato l’indiscusso presidente.

Da parte mia taglio corto. Se la cultura desse prova di essere una cosa seria non ci sarebbe alcuna contrapposizione. Il problema, a mio modesto parere, è il sistema. Purtroppo sempre lo stesso. Un sistema di potere a cui, volenti o nolenti prima o poi è necessario sottomettersi. E i corpi estranei, per bravi che siano, se non si attengono alle regole non scritte  e anzi toccano i fili, infrangendole, prima o poi vengono espulsi.

Come volevasi dimostrare. Tanto che l’ultimo post sul profilo di Serena Bertolucci, quello dei tre meno istituzionale si rifà a una frase classica tratta dal film le follie dell’imperatore – Kuzko e dice:

– Oh oh …
– Non dirmelo… stiamo andando verso un’altissima cascata.
– Già.
– Con massi appuntiti?
– È un classico.
-… e andiamo!
La migliore altissima cascata di sempre. Grazie

Con tanto di risposta/ commento proprio di Luca Bizzarri:

“Sei, resterai, amica, ispirazione e punto d’arrivo. Buon lavoro. Io ci sarò.”

Per la cronaca il film racconta di un giovane e arrogante imperatore Inca trasformato in Lama che cerca di ritrovare le sue sembianze umane aiutato dal giovane contadino Pacha che gli insegna ad essere altruista. Insomma metafora nella metafora.
E per la cultura mi sembra veramente tutto. Sembrerebbe inutile pronosticare che si attendono nuovi fantasmagorici colpi di scena.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.