Spostamento tubi ENI-Iplom: ecco il nuovo percorso passo per passo

Genova – È l’anno in cui tutta Italia sta lì, attaccata alla tivvù o su internet, a seguire le vicende del Morandi, e soltanto alcuni dei più attenti si accorgono che sono anche altre le opere che nel nostro territorio stanno andando avanti.
Parliamo, ad esempio, dello spostamento delle condotte dell’oleodotto ENI-Iplom, a Fegino. Non proprio un’inezia.
Si tratta, infatti, di kilometri di tubi che attraverseranno via Borzoli, passeranno sotto il parcheggio di un centro sportivo, sotto i campi coltivati, sui rii Burlo e Pianego, e sopra una galleria ferroviaria.
Questo preoccupa non poco gli abitanti e il comitato della zona che, dopo l’onda nera del 17 aprile 2016, non vogliono correre altri rischi. Perché non c’è niente da fare: nonostante le promesse di trasparenza, le domande senza risposta sono ancora parecchie.

Tanto per cominciare le aziende interessate, invitate al consiglio municipale del 26 marzo scorso, non si sono presentate.
È vero che il Municipio V non ha alcun potere decisionale e che quello richiesto sarà soltanto un parere non vincolante perché tutto è in mano al Mit – il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti -, ma allora? Si continuano a trattare i territori come carte geografiche sulle quali disegnare tracciati senza sentire la voce dei residenti?

Nonostante questi interrogativi, con un certo sollievo veniamo a sapere che finalmente il rio Fegino sarà liberato dalla servitù delle tubazioni, una concessione che, per inciso, a Iplom costa 1356,22 euro all’anno.
Bene. O forse così, così.
In effetti seguendo il nuovo tracciato si nota che verranno interferiti altri due rii, Burlo e Pianego. Dal piano di bacino, però, si scopre che il Pianego ricade in un’area ad alta suscettività al dissesto.
A dare il nulla osta idraulico è chiamata Regione Liguria, la stessa che ha la competenza sui piani di bacino. Darà ugualmente l’autorizzazione?
Quel che è certo è che, per posare i tubi in alveo, si dovrà derogare al Regio Decreto 1265/1934 – il Testo Unico delle Leggi Sanitarie – che lo vieta.

Ma c’è un fatto in più che indebolisce gravemente la fiducia degli abitanti e del comitato.
Da quello che si è capito nel corso degli incontri in Municipio, il primo il 19 febbraio di quest’anno quando si è riunita la Commissione II, le condotte saranno posate in alveo senza casse di protezione, per una questione di quote e misure dello scavo.
Decisione audace tenuto conto dello sversamento del 2016: 680 mila litri di greggio che hanno trasformato in petrolio le acque dei torrenti Pianego, Fegino e Polcevera, per poi finire in mare.

E ora veniamo ai terreni sui quali è stata chiesta l’imposizione di servitù.
Alcuni sono boschivi, ed è in corso di istruttoria il procedimento paesaggistico, altri sono agricoli. Al netto del fatto che la servitù imponga al proprietario del terreno di diventare custode delle tubazioni, preoccupa che il provvedimento idrogeologico non riporti le frane attive sul tracciato. Il comitato di zona fa notare che tale provvedimento risale all’estate 2018 e che l’ultima frana in ordine di tempo si era verificata nell’aprile dello stesso anno.
Logico dunque che il comitato sia sul piede di guerra.

C’è, infine, la questione del passaggio sopra la volta della galleria ferroviaria di Ovada. È stata chiesta l’autorizzazione a RFI ma in Municipio non è stato presentato un documento che indichi il parere allegato.

Ma insomma, si chiedono i cittadini, il comitato e il Municipio, non sarebbe possibile utilizzare le reti di condotte già esistenti – tante – senza violentare ancora una volta il territorio?

Simona Tarzia

Seguite con noi il percorso delle nuove condotte insieme ad Antonella Marras, portavoce del Comitato Spontaneo Cittadini Borzoli e Fegino

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.

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