Oddio, gli indifferenti. Breve storia da Sanremo a San Valentino

Credo di avere l’obbligo morale di confidarvelo, perché sento la necessità di non rompere quel patto di fiducia che deve intercorrere fra ogni scrittore – via scrittore – e i suoi, propri, lettori. Perciò mi lancerò in una sorta di coming out. Non equivocate, però: nulla a che vedere con la mia sfera sessuale. Vorrei soltanto mettervi a  parte di una cosa che mi crea un certo imbarazzo. E con voi, che mi seguite con qualche assiduità sento di dover in qualche modo uscire allo scoperto. Ecco, tutto d’un fiato… e via….
Io ho visto per intero le due serate del Festival di Sanremo e, come se non bastasse, ieri ho spento il televisore solo al termine del “Dopo Festival”. Anzi, ero tentato di sorbirmi anche Gigi Marzullo con “Sottovoce”. Ma alle rimembranze vintage, sempre su Sanremo, del sociologo Franco Ferrarotti – per carità lucido e sempiterno bell’esempio di arzillo novantaduenne – non c’è l’ho più fatta. Così ho guadagnato anzitempo il letto. Ecco fatto vi ho detto tutto. E tutto d’un fiato. E mi è parso addirittura facile. Ora quel rapportio di fiducia fra voi e me non risulterà incrinato. Oppure tutto sarà rovinato. Per sempre.
Per qualche minuto precedente al coming out mi ero ripetuto nella testa che in fondo potevo continuare a fare come ho fatto per molti anni. Che poi è quello che fanno in molti. Guardare. Guardare, perfino con qualche focolaio di interesse, ma negare. Assolutamente negare. Sempre.
Tipo chessò, quello che fa una mia amica social (di cui non farei il nome nemmeno sotto tortura) che, tanto per sbatterci in faccia la nostra mediocrità, nel pieno delle esecuzioni più succulente – parliamo del duetto Baglioni-Mannoia, o della performance della fata turchina Loredana Bertè – mi posta “Lo Guerracino”. Brano cult della tradizione napoletana – cantato anche da Murolo e Massimo Ranieri – interpretato, in questo caso, dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare. Cose appena post Sessantotto.
E, non contenta, si dilunga nella spiegazione del testo, sino a qualche giudizio di merito sui brani del Festival raccattati su YouTube. Che vederli cantati al Festival, probabilmente sarebbe ignominia pura. 

Vittorio Sgarbi
Vittorio Sgarbi

Mi sembra di rivivere un incubo già superato molti anni fa, quando mi improvvisai conduttore televisivo in un programma in prima serata su Telenord che prevedeva la partecipazione di Vittorio Sgarbi. Roba del giurassico. Comunque arrivai alla prima trasmissione con un certo patema, visto che per me si trattava di un ambiente tutto da scoprire e che l’ospite era anche allora particolarmente esuberante. Come se non bastasse in redazione, a “Il Corriere Mercantile” qualcuno, nei corridoi, attigui – molto attigui ai servizi- aveva sostenuto che per l’indipendenza del giornale sarebbe stata una brutta immagine, visto che Sgarbi anche allora si collocava politicamente nel centrodestra. Obiezioni facilmente smontate con l’inoppugnabile “Io vado lì a fare il mio mestiere, quello di giornalista”. Dopo la trasmissione, che andava in onda in diretta, raggiunsi la redazione. Mi avrebbe fatto piacere avere qualche giudizio. Ma sostennero, e mi dissero, che nessuno aveva guardato la trasmissione. Neanche per un minutino. E vabbe’, mi accorsi che conoscevano persino il colore della cravatta che avevo durante la trasmissione, e il colore dei calzini. Ma non l’avevano vista.
E così, nei secoli dei secoli.

Fiorella Mannoia e Claudio Baglioni
Fiorella Mannoia e Claudio Baglioni

Il prof. Popfilosofo Simone Regazzoni qualche giorno fa, chiamato direttamente in causa, mi ha degnato nuovamente di qualche attenzione con un commento “Non partecipo a questo rito di autoespiazione collettiva chiamato Sanremo, non ne tollero la mediocrità”.

Stamane ho dovuto fare i conti con un altro mio estemporaneo guru, che ormai ha quasi sostituito nel mio cuore il mio politologo di riferimento prof. “SantoSubito” Francesco Gastaldi. Giovanni Giaccone, l’autore di “Autobiografia di Coso”,  oltre che collega giornalista, esternava sul suo profilo “Due giorni che ignoro Sanremo, entro al bar e sono escluso da qualsiasi conversazione, ammetto che non guardò il festival e cala il gelo: tutti si girano e mi guardano come Salvini guarda un profugo che scende dalla Sea Watch”.

E poi c’è il mio amico Diego Delavega Cerofolini, che da diplomato al conservatorio celia con ironia “Il volo mannoia è tutto il resto trita i baglioni. Fine”. Ma poi sentenzia “ Quando è partito quella sua maglietta fina Cuba e Lucy ( i nostri cani di casa) mi hanno chiesto per favore di cambiare canale….”

Ma in questa pressoché totale indifferenza verso Sanremo devo confessare che  ho trovato pubblico conforto in qualche raro amico social che pubblicamente ammette che sì, lui lo spettacolo lo guarda fino in fondo e, magari, si “Scoppia  pure il dopo festival”, esattamente come è accaduto di fare a me ieri sera. Carlo Besana, il presidente onorario della Pianacci, patito per la musica e il cinema, più o meno d’autore, attraverso la sua pagina social ha messo su un vero e proprio gruppo d’ascolto da far invidia alla Rai, con post e commenti, all’incirca dopo ogni performance. E poi c’è l’altra mia amica social Barbara Barattani che al termine della prima serata si è scusata ma aveva proprio sonno e doveva guadagnare il letto prima del classico the end. Che poi la prima serata, lo dico da pseudo esperto, è stata particolarmente faticosa con tutte le esibizioni dei concorrenti. E ieri, infatti, è andata via più liscia.

Claudio BaglioniCon qualche esibizione in più degli ospiti. La satira antilega nemmeno troppo velata di Hunziker e Bisio, canzone vedi caso scritta da Elio de “Le storie tese”. E quella più sanguigna del duo di scrocconi e “Tuttoterrone” Pio e Amedeo. Alle prese con un Baglioni che indossava benissimo la maschera cerulea del maggiordomo Lurch. Sempre più contrito e contratto ad ogni ammiccamento, spintarella, toccatina di Pio e Amedeo.

Momenti, comunque la si voglia vedere, di discreta comicità. Tanto che Salvini ha immediatamente preso la palla al balzo per rispondere via Instagram. Chiedendo, fra l’altro ,di essere invitato a cantare. E provare magari ad una folla adorante di saper fare bene pure quello. Ed ora, tanto per fare un po’ di dietrologia politica – che poi è il mio pane – sono lì a chiedermi se Salvini reagirà chiedendo, in qualche modo, la testa del pentastellato Carlo Freccero Direttore di Rai2 e comunque sempre colpevole o di Teresa De Santis, direttore di Rai1 E in quota Lega che pur si è resa disponibile a cantare Baglioni in segno di pace di fronte alla consegna del Tapiro. Oppure in subordine si accontentera’  di quella di Baglioni, avviando, finalmente, la crisi di Governo. Che tanto Pippo Baudo, inossidabile navigatore dello spettacolo e della politica italiana, proprio ieri confessava di essere sempre lì a disposizione. Che in fondo non si sa mai. Tutto torna e non si getta via niente.
Comunque, a mia parziale discolpa, devo anche parteciparvi che dopo il primo giorno ho voluto fornire ai lettori un mio personale contributo di da “Sanremoscettico”,  chiedendo all’ esperto Dario Gaggero di suggerire per Fivedabliu una serie di sei film musicali – uno per ogni serata – da poter guardare in sostituzione di Sanremo. Tanto per non farsi tentare dal telecomando e nemmeno da YouTube. Anche se, occorre dirlo, il tormentone serale della tv nazionalpopolare va avanti per più tempo, molto di più, di un qualsiasi filmetto su un qualunque mito della musica  leggera. E perciò che Sanremo resti e sia perennemente simbolo di ignominia.

Mauro Sabbione - Maria Bazar
Mauro Sabbione

Comunque ieri sera non ho resistito e sul mio profilo ho anche postato le pagelle di Mauro Sabbione, come si definisce lui “Fu Matia Bazar” – uno che sul palco dell’Ariston  ha cantato – per Adnkronos. In fondo c’aveva pure ragione il presidente mio e di tutti i giornalisti liguri, Filippo Paganini,  che, sin dalla prima mattina di mercoledì postava deciso sul suo muro “ Calamità invernali……Nei primi quindici giorni di febbraio sono previsti Sanremo e San Valentino. Poi dovrebbe essere tutto in discesa”. Con commento ad hoc “Sempre Santi di seconda fascia”. Oppure il suggerimento che l’agonia continuerà con San Giuseppe, la festa di tutti i papà. Con ammissione del presidente, legittima. “È vero me lo ero scordato. San Giuseppe, altra calamità”.

E perciò, di calamità in calamità, stasera terza serata. Come dicevo: Oddio, odio gli indifferenti. Che fa tanto messaggio intellettuale e gramsciano: “L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. Odio gli indifferenti anche per ciò che mi da noia, il loro piagnisteo di eterni innocenti”.
E poi corro a prenotarmi una rosa per donarla a chi so io alla festa degli innamorati. Che come hanno cantato ieri Bisio e la Hunziker…. “ Chi non la pensa come noi non fa parte della Lega….. dell’amooore”. Con tanti saluti perfino a Cicciolina.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.

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