Un tempo era il Cep

Un tempo era il Cep, un postaccio, finché non arrivavi lassù e godevi di una vista memorabile.
Ma il Centro Elementi Pericolosi, così era bollato dalla Genova “normale”, in effetti a parte la vista non aveva altro se non degrado urbano, delinquenza diffusa e sofferenza sociale. 
Un ghetto vero e proprio, uno di quei posti che se lo pronunci a scuola immediatamente chi ti è vicino prende le distanze come se fossi un appestato.
Una periferia vera in una città policentrica. 
Un luogo perduto e lontano, arrampicato in collina, dove la cattiva coscienza di politici e amministratori aveva relegato storie di povertà, violenza e solitudine, dove il calcolo costi-benefici di questa società aveva preferito concentrare rancore, odio e deserto sociale.
Insomma, il Cep come sconfitta sociale di un sistema che non era stato in grado di gestire la parte più bisognosa della comunità. Poi è successo qualcosa.
Dalle intuizioni di poche persone, tra cui un farmacista milanese, nasce l’idea che le cose si possono cambiare, che il riscatto esiste e che ciò di cui ci si vergogna può diventare un punto di forza. La prima volta che sono salito al Cep, devo dire controvoglia, fu quando la mia agenzia mi mandò a raccontare la “Notte grigio topo” che faceva da contraltare alla “Notte bianca” del centro città. 

Da quel giorno Carlo Besana e il “Pianacci” e tutti i volontari, adesso molti,  sono diventati un simbolo del rilancio delle periferie abbandonate, hanno dimostrato che si può dire con orgoglio “io abito al Cep”. 
E quindi quel posto volutamente  dimenticato dagli uomini ha ospitato personaggi importanti, il più importante di tutti Don Andrea Gallo, l’orchestra del Carlo Felice, politici, attori e cantanti. Ma soprattutto genovesi che lassù non sarebbero mai andati. 

Grazie alla presenza del Circolo Pianacci e alla rivalutazione sociale che aveva prodotto, fu aperto anche un supermercato Ekom, da pochi giorni dismesso perché non più gestibile a causa dei delinquenti locali. 
Oggi il Pianacci è temporaneamente chiuso per una lecita forma di protesta contro l’arroganza, l’ignoranza e la cattiva educazione di chi vorrebbe di nuovo far sprofondare il quartiere nel degrado di un tempo.
Stamattina il lucchetto del Circolo è stato manomesso con la colla, azione che di per sé qualifica il livello di intelletto di chi l’ha messa in opera. Ma al netto della maleducazione di alcuni, e delle minacce di altri, quello che fa male è il silenzio di molti che hanno goduto degli spazi recuperati, curati e mantenuti dai volontari. Perché passi che qualche agitatore da tastiera non sappia insegnare l’educazione ai propri figli, passi la minaccia di dar fuoco a tutta la struttura da parte di una madre “illuminata”, quello che fa male, però,  è il silenzio dei cittadini che speravi di vedere schierati al tuo fianco ma che in realtà “tengono famiglia” e quindi tacciono. 
Non vorremmo un giorno, passando in mezzo alla spazzatura gettata per strada, trovarci a dire: “Un tempo qui c’era il Pianacci”.

fp

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