È la stampa, bellezza!

A partire dagli anni ’70 nel giornalismo italiano si è via via sostituito, al linguaggio ipertrofico della borghesia, il linguaggio dell’ uomo comune. Il giornale si trasforma nello specchio di una societá in rapido divenire mentre l’introduzione dei nuovi media e dei social network modifica definitivamente  il metodo di diffusione delle informazioni, imponendo l’utilizzo di linguaggi aderenti alle varie tipologie di lettori.

ll giornalismo italiano ha una storica tendenza ad assoggettarsi al potere politico ed economico dimenticandosi del lettore come unico destinatario della sua funzione e in effetti, oggi più che mai, i giornalisti hanno l’ambizione di essere non solo testimoni ma sempre più protagonisti, non osservatori ma creatori di realtá in diretta competizione con la classe politica. E con questa, sempre più spesso, condivide linguaggio e atteggiamenti.

Fabrizio Rondolino

Sono giorni di campagna referendaria per modificare la costituzione. A Genova è giá iniziata anche la campagna elettorale per le amministrative 2017. Si legge e si sente di tutto. Dai commenti di Andrea Scanzi , giornalista di talento del Fatto Quotidiano,  a Fabrizio Rondolino, renziano di ferro e giornalista dell’Unitá.

 

Andrea Scanzi

Scanzi utilizza un linguaggio molto colorito e direi che fa del  turpiloquio il suo punto di forza. E’ un giornalista molto preparato, sa di calcio, di musica, non è specializzato e questo è un punto a suo favore. In una vecchia intervista dichiara che il suo modo di scrivere ha il potere di “creare al contempo esaltazione e incazzature”. Di certo l’utilizzo di un linguaggio volgare (del volgo) ha senso se serve a rendere fruibili concetti difficili e non viene utilizzato per rafforzare concetti deboli. Rimane il fatto che non sempre è necessario e non sempre utile.

Per Fabrizio Rondolino il discorso è differente. Uomo di partito, inserito negli equilibri del centro sinistra di cui ha attraversato tutte le correnti politiche senza annegare dimostrando doti di sopravvivenza notevoli. Un uomo per tutte le stagioni, ora parteggia per Matteo Renzi nemico giurato del suo ex capo Massimo D’Alema.

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Se Andrea Scanzi utilizza la terminologia del volgo, Rondolino lo fa in maniera molto diversa sbilanciandosi in giudizi di cui presumibilmente non conosce alcuna implicazione. Lo può fare perché è uomo di apparato e quindi gode di protezioni adeguate.

 

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In fatto di volgarità culturali non può mancare in questa lista anche Maria Teresa Meli che spero abbia colmato qualche lacuna prima di esprimere il suo voto al referendum costituzionale. Non sono contrario al turpiloquio e non sono contrario al suo utilizzo. C’è anche molta differenza tra il linguaggio di Beppe Grillo, quello di Matteo Salvini e quello apparentemente poco violento di Matteo Renzi. Bisogna leggere e interpretare con attenzione.

Rimane il fatto che un linguaggio forcaiolo ha portato tanti consensi al M5S ma poi, guadagnati i riflettori e i voti, bisogna essere irreprensibili. Il pasticcio che sta succedendo a Palermo e in parte a Roma ha incrinato la credibilità del movimento di Beppe Grillo. Solo la vittoria di Trump ha rinvigorito l’ex comico genovese che è tornato al consueto linguaggio da stadio ma, a dirla tutta, me ne sfuggono i motivi logici.

Non so quanti abbiano notato, nel discorso di Berlusconi sulla sua decisione di votare SI, un riconoscimento diretto al suo conflitto di interessi. Voto SI perchè ho paura di ritorsioni alle mie aziende se perde il NO. Un modo elegante per appoggiare la riforma del Premier e una bella presa per i fondelli a chi lo ha sempre accusato di prendere decisioni politiche per i suoi interessi aziendali. Non è una volgaritá? Anche qui Renzi ha fatto il miracolo: ha smascherato il conflitto di interessi che per anni si è cercato di imputare a Silvio Berlusconi.

Nell’evoluzione del linguaggio è stata anche svuotata di significato la parola “populismo”. Se prima erano etichettati come populisti i partiti e i movimenti “antipolitici”- termine per banalizzare chi non la pensa come te – oggi in piena campagna elettorale tutti fanno e propongono ricette che definire populiste è un eufemismo. In mezzo a tutta questa bagarre che sa di teatrino dove alla fine politici e opinionisti andranno a cena assieme, mi chiedo se gli elettori saranno invitati al banchetto con il ruolo di François Pignon.

fp

Fabio Palli

Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.

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