Primarie PD, Terrile: ”Non devono diventare lo strumento per risolvere le diatribe interne al partito”

“Le primarie non devono diventare lo strumento per risolvere le diatribe interne al PD”. CosìAlessandro Terrile, segretario provinciale del PD genovese, si interroga sul nodo importante e ancora irrisolto delle primarie del centrosinistra.

Alessandro Terrile

Genova sta andando verso le amministrative del 2017: ritiene che le primarie siano ancora uno strumento efficace o piuttosto non siano causa di lacerazioni all’interno del partito e mettano un po’ tutti contro tutti?
Alle primarie noi siamo molto affezionati perché in qualche modo sono nel DNA del Partito Democratico e non credo debbano essere demonizzate anche se, in passato, hanno portato a qualche conseguenza negativa.
Il modo migliore per riportare le primarie a strumento di grande partecipazione è di farle diventare davvero un’occasione di legittimazione forte del candidato e non lo strumento per risolvere le diatribe interne al PD.

Cosa pensa dell’autocandidatura di Simone Regazzoni (PD) alla poltrona di sindaco?
Credo che sia legittimo che ognuno pensi di fare di sé stesso ciò che vuole e aspiri ad avere una carriera politica il più possibile ambiziosa e alta.
La partenza anticipata, tuttavia, già in passato ha portato a risultati non particolarmente positivi per il centrosinistra. Il problema non è candidarsi ma piuttosto fare sintesi, cioè trovare piattaforme e programmi comuni, ritrovare la capacità di risolvere problemi, parlare con i nostri concittadini, essere credibili.
E questo dipende certamente da chi sono i candidati ma soprattutto dalle capacità di un collettivo più ampio, di una squadra capace di interpretare i bisogni e le esigenze di questa città e capace di saper declinare un futuro per questa città.
Io penso che nessuno ci riuscirà da solo.

David Ermini, durante l’assemblea regionale del luglio scorso, ha dichiarato che il congresso per definire i nuovi vertici del PD si terrà dopo il referendum. Tra i nomi delle persone papabili per la carica di segretario regionale c’è anche il suo.
Lo dico chiaramente, io sono impegnato in questa fase complessa, non solo del referendum ma soprattutto in quella delle elezioni amministrative che verrà dopo, come segretario provinciale. Penso che sia bene che ognuno faccia il suo mestiere. Non ho mai aspirato al ruolo di segretario regionale.
Penso che sia un bene uscire dal congresso e terminare la fase del commissariamento, penso che ci siano ottime figure di giovani e meno giovani capaci di ricoprire il ruolo di segretario regionale e credo che dovremmo lavorare per evitare che il congresso regionale sia una fase divisiva e diventi, invece, una fase costruttiva in cui al centro mettiamo le nostre idee e le nostre proposte per ritornare al governo della regione Liguria e soprattutto per dimostrare come il PD sia una forza viva che ha voglia di lavorare per i cittadini liguri e per costruire il futuro di questa regione.

Il PD è ancora un riferimento per la gente o si è formato una sorta di scollamento tra società civile e società politica? Pensiamo alle periferie, ad esempio, che subiscono solo delle grandi servitù.
Non c’è dubbio che viviamo in un momento di crisi della rappresentanza, sia politica che sindacale che associativa ed è sempre più difficile accreditarsi come soggetto che rappresenta gli interessi in modo credibile.
Questo riguarda un po’ tutti i partiti. Penso, però, che il PD, soprattutto a Genova, non abbia abbandonato le periferie. Già parlare di periferie nella nostra città dimentica il fatto che esistono veri e propri centri che sono stati aggregati al Comune di Genova decenni fa e che mantengono, però, la loro dignità di piccolo centro urbano.
Tutto il lavoro di riqualificazione, penso ad esempio alla fascia di rispetto di Pra ma si potrebbero fare anche molti altri esempi, dimostrano come ci sia stato un lavoro attento per mettere al centro anche quartieri che sono periferici rispetto al centro della città.
Detto questo, il lavoro del PD è un lavoro costante anche grazie alle nostre sezioni. Siamo un partito che riesce ancora ad essere radicato: abbiamo 60 circoli nella federazione di Genova, 30 solo nella parte del Comune di Genova.
Certo non basta essere presenti con il circolo, bisogna essere capaci di dare risposte e credo sia la nostra sfida quotidiana. Quotidiana perché non facciamo politica solo in campagna elettorale, cerchiamo di farla tutti i giorni con i nostri eletti, con i nostri rappresentanti che quotidianamente si fanno carico dei problemi cercando di dare risposte.

Che cosa è mancato nel rapporto tra il PD e l’attuale Sindaco Marco Doria che pure il PD ha sostenuto nella sua candidatura?
Io non credo che sia mancato qualcosa. Credo che siano venuti al pettine alcuni nodi che erano rimasti irrisolti durante il percorso delle primarie del 2012 e che hanno portato a eleggere Marco Doria con delle sostanziali differenze di vedute programmatiche all’interno della coalizione.
Mano a mano è venuta a galla una certa distanza che ha portato alcuni consiglieri a lasciare la maggioranza e quindi a diverse difficoltà nel trovare i numeri necessari per avere la maggioranza in consiglio comunale.
In questo il PD è stato l’alleato più fedele, più leale a Marco Doria, nel senso che più di ogni altra formazione politica ha sempre votato le delibere di maggioranza e con grande senso di responsabilità ha sempre lavorato per avere i numeri in consiglio comunale, che poi vuol dire prendere decisioni.
Credo che non vadano dimenticati i grandi risultati portati a casa da questa amministrazione, penso ai soldi che siamo riusciti ad avere dal governo per la messa in sicurezza della città, penso al grande sviluppo del turismo in questi ultimi anni.
Sono stati fatti grandi passi avanti grazie soprattutto al lavoro costante dell’amministrazione comunale.

A quanto ammontano i finanziamenti per il dissesto idrogeologico?
La presidenza del consiglio con l’unità di missione Italia Sicura, ha finanziato per 275milioni di euro i progetti del Comune di Genova e Regione Liguria per mettere definitivamente in sicurezza la nostra città.
Ci siamo arrivati, purtroppo, dopo le alluvioni del 2011 e del 2014, ma oggi, e lo possiamo dire con orgoglio, sono iniziati e stanno procedendo i lavori che porteranno a raddoppiare la portata idraulica del fiume Bisagno attraverso due grandi opere che sono: il rifacimento della copertura del Bisagno, la costruzione dello scolmatore sul torrente Fereggiano e la progettazione dello scolmatore sul Bisagno.
In particolare, sulla realizzazione dello scolmatore del Fereggiano il Comune di Genova ha stanziato da solo 15milioni di euro. È un importante utilizzo di risorse a segnalare che questa è una priorità.
Quando i lavori saranno terminati Genova potrà dire che, almeno per il bacino Bisagno-Fereggiano, sarà davvero in sicurezza.

I tempi di realizzazione?
I lavori sono in corso, è iniziato anche il terzo lotto del rifacimento della copertura del Bisagno, quello della zona adiacente alla stazione Brignole, e ci vorranno due anni per terminare i lavori. Invece per la parte Fereggiano i lavori dovranno finire entro tre anni.
Fra tre anni, avremo risolto definitivamente il rischio idrogeologico per la parte Bisagno-Fereggiano.

Quali sono le caratteristiche di un politico da rottamare? Non è che si rischia di rottamare i nemici e mantenere gli amici?
Io penso che siano da rottamare tutti quei politici che non sono più credibili.
Non credo che ci sia un’asticella generazionale per cui chi ha più di quaranta, cinquant’anni non possa più far politica o, al contrario, la politica la debbano fare quelli che hanno venti, trent’anni.
C’è certamente in questa città, in particolare, una difficoltà a far emergere una classe dirigente giovane e non solo in politica ma anche nell’industria, nelle associazioni di rappresentanza.
C’è una sorta di tappo generazionale e abbiamo bisogno di farlo saltare. Di converso, i giovani che fanno politica hanno davvero bisogno di ricevere un passaggio di competenze da chi li ha preceduti e che questi siano disposti a collaborare e non a fare le eminenze grigie che tramano alla loro ombra.

Un giudizio su questa riforma costituzionale.
Io penso che finalmente dopo trentacinque anni di discussione sulla riforma costituzionale oggi, grazie al governo Renzi, abbiamo una riforma che raccoglie molte delle proposte di cui si è discusso nel corso degli anni – Commissione Iotti, poi D’Alema, De Mita – e che finalmente elimina il bicameralismo perfetto e porta a una sola camera che darà la fiducia e farà le leggi, con tutta una serie di eccezioni.
Ma soprattutto che riporta chiarezza tra politica e cittadini. Credo che sia questa la ferita più grande che porta tanti a non andare a votare, a rifugiarsi nel voto di protesta.
Chiarezza tra politica e cittadini vuol dire che ci sarà uno schieramento che si candida al governo del paese, otterrà i voti con un proprio programma e un proprio candidato premier e se avrà la fiducia degli elettori governerà per cinque anni mettendo in pratica le idee che ha promosso.Se non incontrerà il favore della cittadinanza, alle elezioni successive vincerà qualcun altro.
Io credo che questa sia una regola elementare della democrazia, molto difficile da applicare in Italia dove ci sono stati più di un governo all’anno per circa cinquant’anni.
Non sarà la riforma perfetta perché ogni cittadino italiano ha le sue ricette per risolvere i problemi della politica e delle istituzioni, ma credo che sia un grande passo avanti.
L’alternativa a votare sì è non che si troverà una maggioranza per una riforma migliore ma che tutto resti com’è.

In caso di vittoria del sì, una delle critiche che vengono mosse alla riforma è che il Senato, con l’elezione dei consiglieri regionali, rischia di diventare un ricettacolo per indagati che otterrebbero l’immunità.
Io credo sia un “non problema”. Ad oggi il Senato è composto da 315 senatori tutti con l’immunità. Un domani il Senato sarà composto da 100 senatori. Nel panorama di coloro che godono dell’immunità si passa da 315 a 100, certamente un passo avanti. Se poi pensiamo al rischio che ci possano essere consiglieri regionali indagati che possono essere eletti senatori, questo rischio ci sarebbe anche se vincesse il no perché nulla impedirebbe loro di candidarsi e avrebbero anche più posti a disposizione. Il tema dell’immunità davvero non può essere centrale. Mentre al centro non c’è solo la costruzione di istituzioni più snelle, più stabili e più forti ma c’è anche una riduzione importante del personale politico.
Passare da 315 senatori a 100 vuol dire una riduzione dei costi certamente importante.

La riduzione dei costi del Senato sarebbe pari allo 0,06 per mille. È così?
È evidente che l’eliminazione di 215 senatori rispetto al bilancio dello stato o al costo generale del personale politico non è determinante. Però è certamente un passo avanti.
L’abolizione del CNEL, l’abolizione di 215 senatori è certamente un passo avanti. Anche il fatto che si introduca per legge costituzionale che lo stipendio di un consigliere regionale non può superare quello del sindaco di una città capoluogo – cosa che avviene anche in Liguria – o abolire le spese dei gruppi regionali che hanno portato alle cosiddette ”spese pazze” e alle varie inchieste che ne sono seguite, certamente non incide in modo determinante sul bilancio dello stato ma è certamente un passo avanti.

Riusciamo a strapparle qualche nome sui possibili candidati alle primarie del PD per la poltrona di Sindaco di Genova?
Capisco la curiosità crescente. Dopo il 4 dicembre il PD di Genova, mi auguro insieme ad altre forze politiche che costruiranno una coalizione, scioglieranno questo nodo, sia quello dello strumento – primarie sì, primarie no – sia quello delle candidature.
Dopo il 4 dicembre avremo di che discutere e certamente non mancheranno i momenti di approfondimento, o di polemica, sui nostri punti programmatici, sulla nostra idea di una Genova del 2020 e oltre e non mancheranno i commenti, le opinioni dei nostri candidati.

Anche il futuro delle amministrative, ormai, è legato al referendum costituzionale e alla legittimazione, o meno, del governo Renzi e di chi lo sostiene.

Simona Tarzia

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.

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